lunedì 12 aprile 2010

dalle fottute pareti


Sugli inserti culturali dei giornali infuria la polemica su Darwin, rinfocolata questa volta dalla pubblicazione di un libro di Jerry Fodor e Massimo Piattelli Palmarini, Gli errori di Darwin. Com'è ovvio, il libro ha ricevuto favorevole accoglienza sui giornali vicini agli ambienti clericali ("Il Foglio"), mentre ha ricevuto autorevoli stroncature da parte di gente che conosce bene l'argomento (Luca Cavalli Sforza su "Repubblica", e Guido Barbujani su "Il Sole24ore").

Qui non mi interessa entrare nel merito degli argomenti. Vorrei invece discutere i retroscena di questa battaglia. Perché, nel ventunesimo secolo, c'è ancora qualcuno che attacca Darwin? Chi sono, da dove escono fuori?

Una premessa fondamentale è che Jerry Fodor e Massimo Piattelli Palmarini non sono degli idioti (garantisco soprattutto per il primo), e che non hanno nulla a che fare con la voga del creazionismo, anche se potrebbero esserne involontari complici. Il che però non rende il loro anti-darwinismo, come vedremo, meno ideologico e più scientifico. Quali sono, allora, le radici culturali del loro anti-evoluzionismo?

Fodor e Palmarini non sono né genetisti né biologi, come è stato abbondantemente fatto notare dai loro critici che si sono messi a sottolineare i vari errori con la penna rossa. Sono psicologi cognitivi, e per comprendere le ragioni della loro critica occorre quindi risalire alle origini stesse della loro disciplina. La quale ha un fondatore, un personaggio molto venerato quanto discusso, di indubbia genialità ma anche molto controverso per la sua tendenza a spaziare, nelle sue opinioni, in qualsiasi campo dello scibile: Noam Chomsky.

Quando Chomsky cominciò a scrivere i suoi saggi di linguistica, il paradigma dominante in psicologia era il comportamentismo di Watson e Skinner: proprio una feroce recensione di Chomsky al libro Verbal Behaviour di Skinner, del 1959, viene considerata come atto di nascita del cognitivismo. L'approccio di Chomsky al linguaggio era fortemente innatista: il linguaggio non è un'abilità sociale qualsiasi, che viene appresa tramite l'esperienza e il condizionamento, ma è già inscritto nel nostro cervello, almeno nella sua struttura profonda, fin dalla nascita. Il linguaggio è assimilato a qualsiasi altro organo destinato a svilupparsi secondo tappe ben precise, così come un bruco si trasforma in farfalla.

L'innatismo di Chomsky sembrerebbe a prima vista sposarsi benissimo con una visione darwiniana, naturalistica, dell'evoluzione del linguaggio. Se il linguaggio è inscritto nel nostro cervello sembrerebbe ovvio pensare che si tratta di una facoltà, di uno strumento, evolutosi nella preistoria della nostra specie tramite selezione naturale. Paradossalmente, invece, Chomsky è sempre stato piuttosto scettico su questo collegamento.

Il titolo di uno dei suoi saggi più famosi (Linguistica cartesiana), in realtà avrebbe potuto far sospettare che lo sguardo, piuttosto che al naturalismo, era rivolto alla tradizione filosofica del razionalismo anti-empirista. Il linguaggio, così come le attività superiori di pensiero, concepito come facoltà unica ed esclusiva della mente umana, e irriducibile alle sue componenti materiali. Se l'interesse dal darwinismo è quello di sottolineare la continuità e la parentela dell'uomo con le altre specie, Chomsky enfatizza invece lo iato fra l'uomo e gli animali privi di raziocinio, come anche i primati superiori (da qui la polemica sul linguaggio appreso dalle scimmie).

Da notare, infatti, come Chomsky sia profondamente scettico anche su quella disciplina che può essere considerata il frutto più fecondo della psicologia cognitiva, ovvero tutto il settore di ricerca sull'intelligenza artificiale. La riduzione della mente umana a problema di ingegneria (artificiale o naturale) è inaccettabile per il pregiudizio umanista. La posizione di Chomsky sulla complessità del cervello anticipa per certi versi quella di Penrose: la mente è una cosa troppo misteriosa e affascinante per lasciarla ai biologi o addirittura ai programmatori: forse un aiuto potrà venirci, in futuro, dagli sviluppi della fisica quantistica.

Il fatto è che la resistenza a spiegare le caratteristiche più specificatamente umane per il tramite dell'evoluzione è venuta, talvolta, dagli stessi ambienti evoluzionisti (d'altronde il co-inventore della teoria, Wallace, era in disaccordo con Darwin proprio su questo). Un illustre appoggio a Chomsky dal fronte evoluzionista venne, ad esempio, da Stephen Jay Gould. Per inquadrare storicamente il dibattito, bisogna considerare che nel 1975 esce il libro Sociobiologia. La nuova sintesi, di Wilson, mentre Il gene egoista di Dawkins è del 1976. Sono due cazzotti tremendi all'umanismo, e la reazione (specialmente contro Wilson), non si fa attendere.

Tacciato l'autore (Wilson) di voler riportare in auge l'eugenetica nazista, nasce un fronte compatto contro la sociobiologia, e contro il riduzionismo in genere. Le spiegazioni evoluzionistiche vanno bene per gli animali, ma volerle adattare al comportamento degli esseri umani non solo è sbagliato, è pericoloso e potenzialmente criminale. Stephen Jay Gould, nella sua lotta ideologica, da brillante divulgatore del pensiero darwiniano finisce pian piano e impercettibilmente per spostarsi sul fronte opposto: non scrive direttamente contro Darwin, ma i suoi continui appelli al pluralismo e i suoi attacchi a quelli che chiama gli "ultra-darwinisti" (colpevoli di coerenza intellettuale) sortiscono l'effetto di farne un paradossale eroe persino per i sostenitori del creazionismo.

Paradossale perché le critiche di Gould al "paradigma adattazionista" enfatizzano proprio il ruolo del caso come motore dell'evoluzione, al contrario di chi vede la selezione come principale agente. E proprio questo è uno dei cavalli di battaglia dei sostenitori del "disegno intelligente": non è possibile che creature complesse come l'uomo, e organi sofisticati come il cervello umano, siano venuti al mondo per caso, ci dev'essere un progetto, e quindi un progettista. I darwinisti hanno una soluzione: il caso interviene solo nel momento della mutazione, ma non è certo la casualità a decidere quali mutazioni sopravvivono oppure no, è la selezione operata dall'ambiente. A quanto pare, dietro la semplicità di questa spiegazione, Gould intravede una minaccia per la dignità dell'uomo: è talmente semplice che è applicabile a tutto, anche al comportamento sociale, ai tratti psicologici, e questo per alcuni è inaccettabile.

Jerry Fodor è un brillante scienziato cognitivo ex allievo proprio di Chomsky, e il suo percorso ne segue le tracce per molti aspetti. Inizialmente è un alfiere della psicologia cognitiva maggiormente vicina agli sviluppi dell'intelligenza artificiale, e del funzionalismo. Scrive ad esempio La mente modulare, dove ipotizza che le attività della mente siano organizzate appunto in "moduli" specializzati in varie sotto-funzioni. Anche in questo caso, si tratta di una visione che sembra andare a nozze coll'evoluzionismo: i vari moduli possono essere considerati "attrezzi" distinti e separabili dal resto, che rispondono a esigenze specifiche sorte nel corso della storia evolutiva dell'uomo.

Da notare che Fodor per certi versi è ben più riduzionista di molti suoi colleghi funzionalisti: se l'opinione dominante è che cose come i pensieri e le rappresentazioni mentali debbano essere identificate in modo olistico, come cose che "emergono" al livello superiore dell'apparato funzionale del cervello, per Fodor invece si tratta di vere e proprie "inscrizioni" cerebrali, localizzabili singolarmente. In modo simile a Chomsky, però, Fodor lascia fuori dalla sua teoria proprio la parte più interessante: la mente non è massivamente modulare, ma solo per certi aspetti, mentre l'essenza di cose come la coscienza rimane un mistero e probabilmente lo sarà per sempre.

Nel frattempo, dopo il bando politico degli anni '70 e '80, la sociobiologia torna in auge, sotto la nuova veste della psicologia evoluzionistica. Steven Pinker, che ne è uno dei maggiori sostenitori, riprende proprio le principali intuizioni di Chomsky e Fodor (sulla struttura innata del linguaggio e la modularità della mente) inquadrandole, coerentemente, all'interno della teoria neo-darwinina e della psicologia evoluzionistica, che non è altro che il darwinismo applicato non solo alla spiegazione di come funziona il corpo umano, ma anche alla mente, considerata facente parte della natura allo stesso titolo del corpo.

Come funziona la mente è proprio il titolo di un libro di Pinker del 1997 (un notevole sforzo, fin troppo generoso e coraggioso, di spiegare tutte le caratteristiche del comportamento alla luce del nuovo paradigma), al quale Fodor replica subito con un libro intitolato La mente non funziona così. Fodor non gradisce l'uso che viene fatto delle sue stesse idee, al punto dal sembrare volerle ritrattare. Troppo invasivo e onnicomprensivo il nuovo paradigma per esserne attratti, a suo giudizio, e forse troppo volgare, troppo materialista, il concetto di umanità che ne esce fuori.

Va detto che la psicologia evoluzionistica, disciplina ancora giovane e per certi versi immatura, potrebbe avere le sue pecche. Le spiegazioni di natura evoluzionistica sono diverse da quelle di tipo fisico, nel senso che non sono così immediatamente falsificabili. Ci può essere, talvolta, la tendenza a formulare ipotesi in maniera troppo disinvolta, e a farne un passepartout che va bene per qualsiasi cosa. Di ogni fenomeno è ipotizzabile una spiegazione evolutiva, con sufficiente fantasia: più difficile è saper discriminare le spiegazioni buone da quelle cattive e stiracchiate. Il successo impressionante, anche a livello di cultura pop e nei media, della psicologia evoluzionistica, ha poi contribuito ad alimentare ulteriormente i sospetti, che hanno finito per gravare sul darwinismo tout court, con grande gaudio anche dei suoi nemici più tradizionali.

Un possibile e concreto esempio è il supposto meccanismo mentale innato per scoprire gli imbroglioni. È stato osservato che spesso la mente umana fallisce nel riconoscere certe elementari regole inferenziali, come il fatto che "P implica Q" è logicamente equivalente a "non-Q implica non-P". Supponiamo di avere quattro carte da gioco davanti: una carta blu, una rossa, un asso, un re. Ci viene detto che la regola è: "Tutti gli assi sono rossi sul dorso". Quali carte dovremmo girare per verificare o falsificare la regola? Tutti capiscono la necessità di girare l'asso sul dorso (ovvero la rilevanza di P), ma molti soggetti sperimentali falliscono nel riconoscere la rilevanza del caso non-Q (ovvero non girano la carta blu).

I soggetti ottengono performances molto migliori quando lo stesso problema viene formulato in altro modo: viene detto che in un locale solo i maggiori di 18 anni sono autorizzati a bere birra, mentre tutti i minori possono bere solo Coca-Cola. Qui tutti comprendono che è rilevante sia controllare che i minorenni abbiano effettivamente in mano un bicchiere di Coca, sia controllare che i bevitori di birra siano effettivamente maggiorenni. La spiegazione proposta dallo staff di John Tooby è che vi sia un meccanismo mentale innato per riconoscere gli imbroglioni: la selezione naturale ha favorito il riconoscimento delle regole logiche nel caso siano socialmente rilevanti ai fini della sopravvivenza, mentre non ci ha dotato tutti di un apparato altrettanto efficace per riconoscere le regole logiche fini a se stesse.

Fodor, in La mente non funziona così, ha contestato vigorosamente questa spiegazione. Secondo lui a fare la differenza non è il diverso contesto sociale nel quale il compito cognitivo è inquadrato, ma si tratta proprio di due problemi differenti, dalla diversa forma logica. Il primo esprime semplicemente una relazione di tipo logico, mentre l'altro esprime una proibizione (è un'asserzione deontica), dove la rilevanza del caso "non-Q" è per forza di cose più manifesta.

Ora, può darsi benissimo che Fodor abbia ragione (oppure torto, io non ne ho idea). Si tratta appunto di un'ipotesi da vagliare, che ha senso criticare (magari possono essere progettati nuovi esperimenti per dirimere la questione). Dovrebbe essere chiaro, però, che da qui a ritenere screditata l'intera psicologia evoluzionistica ce ne corre. Ancora più azzardato è il passo successivo, che eppure Fodor ha compiuto, ovvero mettere in discussione l'intera teoria di Darwin.

Perché Fodor è chiaramente legittimato e rispettabilissimo, nel momento in cui esprime la sua opinione intorno a qualcosa di cui è una riconosciuta autorità e un esperto (la psicologia cognitiva), e lo stesso può dirsi per Massimo Piattelli Palmarini. Ma, ahimé, non lo è quando parla dell'evoluzionismo in generale. E qui non si tratta di un ricorso al principio di autorità, il punto è che Fodor e Palmarini proprio non capiscono la logica dell'evoluzionismo, cosa che appare evidente persino a un semplice appassionato come il sottoscritto. Le loro obiezioni sono banali, vecchie quasi quanto l'evoluzionismo stesso, e largamente superate.

Quando c'è il rifiuto sistematico a comprendere le cose, escludendo l'imbecillità, il rasoio di Occam vuole che dietro al rifiuto non ci sia nessuna genuina motivazione scientifica, ma qualcosa di più profondo e difficile da scalfire. Darwin fa ancora paura semplicemente perché non assegna nessun speciale ruolo all'uomo nell'universo, perché si temono le conseguenze morali ed etiche del darwinismo, perché, in una parola, rischia di non essere politicamente corretto. Ed è questo l'errore che accomuna pensatori di estrema sinistra, come Chomsky, e i fondamentalisti religiosi: la fallacia naturalistica, il credere che la natura obbedisca ai nostri dettami morali.

In una società libera, per fortuna, questo tipo di dissenso non è pericoloso, e anzi può essere persino stimolante. Vale la pena ricordare, comunque, quali danni ha prodotto in un passato neanche troppo lontano.

26 commenti:

  1. Articolo interessante, ma a me sembra che ci sia una confusione di fondo riguardo l'opposizione al riduzionismo. Una cosa è dire che la natura non obbedisce ai dettami morali degli uomini (anzi, di certi uomini), che è una ovvietà; un'altra cosa è dire che tali dettami non abbiano influenza sullo sviluppo delle società.
    Forse non ho colto a pieno la tua posizione, ma quando si parla di riduzionismo in questo campo ho sempre l'impressione che si cerchi di spiegare l'evoluzione delle forme sociali umane in termini esclusivamente biologici, ignorando i fattori sociali e culturali; o meglio, più che ignorandoli, considerandoli come un mero derivato delle caratteristiche fisiche degli individui e dei tipi umani.

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  2. "quando si parla di riduzionismo in questo campo ho sempre l'impressione che si cerchi di spiegare l'evoluzione delle forme sociali umane in termini esclusivamente biologici, ignorando i fattori sociali e culturali; o meglio, più che ignorandoli, considerandoli come un mero derivato delle caratteristiche fisiche degli individui e dei tipi umani".

    Il riduzionismo è questo, ed è ovviamente criticabile, secondo me però non come criterio metodologico generale (la scienza tende alle spiegazioni più semplici), ma nelle sue specifiche istanze. Non è detto che una specifica ipotesi riduzionistica sia corretta, e forse occorre considerare fattori più complessi.

    Il problema, dicevo, è quando lo si attacca per motivi non scientifici (a causa della fallacia naturalistica), e posso garantire che almeno in passato gli attacchi contro la sociobiologia sono stati di un furore ideologico devastante.

    Per quanto riguarda la psicologia evoluzionistica, comprendo benissimo che per certi versi possa essere considerata eccessiva, ed è probabile che non tutto ricada sotto il regno di Darwin, ma per esempio ignorare che le differenze psicologiche fra uomini e donne possano essere fatte risalire, anche in modo piuttosto semplice, alle loro differenti modalità riproduttive, mi pare un caso lampante di wishful thinking.

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  3. Io invece sono critico verso il riduzionismo proprio come metodo, e sia chiaro che lo intendo nel senso più lato: ritengo errato anche chi riduce tutto a fattori culturali ignorando il dato biologico, per dire. Credo che i fenomeni sociali (tranne quelli più basilari, ad esempio il panico di massa) possano essere immaginati come funzioni a molte variabili, e le spiegazioni riduzioniste come tentativi di risolverle estraendo una sola variabile e prendendo le altre come costanti.
    Non conosco molto il dibattito accademico degli scorsi decenni, ma non ho problemi a credere che, invece di considerare complementari umanismo e sociobiologia, ci siano state scomuniche ideologiche da parte degli umanisti. Quello che mi preoccupa è che, in reazione, avvenga una speculare emarginazione delle scienze sociali, ma questo è un altro discorso.

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  4. Un breve commento solo per fare i complimenti.Un bell'articolo, molto interessante.

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  5. "Non conosco molto il dibattito accademico degli scorsi decenni, ma non ho problemi a credere che, invece di considerare complementari umanismo e sociobiologia, ci siano state scomuniche ideologiche da parte degli umanisti. Quello che mi preoccupa è che, in reazione, avvenga una speculare emarginazione delle scienze sociali, ma questo è un altro discorso."

    Se ci fosse questo rischio passerei a difendere gli umanisti. Ma nessuno ha mai scomunicato le discipline umanistiche. Anch'io vedo come complementari i vari tipi di spiegazione, ma quello che a volte non viene accettato è l'invasione di campo da parte dei biologi nei feudi altrui. Pochi giorni fa un Odifreddi, da Vespa, è stato tacciato di lombrosianesimo e positivismo ottocentesco per aver osato menzionare il cervello in connessione al fenomeno delle possessioni demoniache.

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  6. Complimenti come sempre per l'articolo.
    Allora ho fatto bene a saltare Chomsky e leggere direttamente Pinker.

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  7. Hai fatto bene soprattutto perché Pinker è moolto più facile, ma che c'entra, Chomsky merita rispetto.

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  8. Quando sento parlare di fisica quantistica metto mano alla fondina ;-)

    Mi sa che per verificare l'ipotesi non-Q dovremo attendere che una scimmia sviluppi delle corde vocali decenti...

    Per inciso, il duo conferirà oggi qua a TS, ma non ci vado perché le necessarie obiezioni mi sembrano troppo tecniche per le mie modeste conoscenze sul tema.

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  9. Ciao Thomas, credo di essere troppo ignorante per commentare la parte
    centrale del tuo post. Mi accontento quindi di un piccolo OT.
    Credo che la posizione di Gould sia da te rappresentata in modo non del
    tutto corretto.

    In particolare, e' senz'altro vero che quanto scrivi e' come i vari
    critici dell'idea di evoluzione abbiano cercato di presentare Gould. La
    frase "finisce pian piano e impercettibilmente per spostarsi sul
    fronte opposto
    " e' proprio il tipo mistificazione che potresti
    aspettarti da un creazionista.

    Ma le sue posizioni erano in realta' abbastanza diverse e, credo,
    parecchio piu' interessanti: hai ragione a sottolineare l'importanza che
    ha dato al caso, spesso non capita dai suoi stessi colleghi biologi
    evoluzionisti.

    Il centro della sua idea, che e' anche uno dei pilastri portanti della
    teoria degli equilibri punteggiati, e' che non e' necessariamente vero
    che sopravvivano i migliori (= localmente meglio adattati), mentre il
    sacro fondamento ideologico del Darwinista convinto e' che chi sopravvia
    sia SEMPRE, per necessita' storica il migliore.

    Gould sostiene che, nella maggioranza dei casi, chi sopravvive sia
    semplicemente il piu' fortunato, od il meno sfigato, senza altri
    particolari meriti.

    Sui grandi numeri (Gould usa spesso la metafora dell'ecatombe), una
    percentuale di sopravvissuti e' fortunata ED ANCHE meglio adattata.
    [segue ... ]

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  10. [... segue]

    Gould cita nelle sue opere un certo numero di esempi di questo concetto,
    tra cui la falcidia di piani corporei seguita all'espolisione del
    Cambriano, che ha portato alla stabilizzazione della dozzina o giu' di
    li di phila esistenti oggi.

    In pratica: nel corso del Cambriano si sono visti centinaia di
    esperimenti della natura con differenti pani corporei, una varieta' di
    forme che non ha piu' avuto eguali nelle ere successive.
    Dopo questa esplosione, c'e' stata una delle prime (e piu' profonde)
    estinzioni di massa sul Pianeta. Delle dozzine di forme simil-artropodi
    presenti nel primo Cambiano, ne e' sopravvissuta una sola: gli artopodi
    odierni. Non e' affatto evidente che l'avere appendici appaiate per
    respirazione e locomozione su tutti i segmenti del corpo sia una
    caratteristica vincente per qualche motivo (infatti, molti artropodi
    derivati ne fanno tranquillamente a meno).
    Di fronte a cio' ci possono essere due posizioni differenti: il
    Darwinista puro archetipo (tu lo definisci "coerente"), secondo cui DEVE
    esistere un motivo qualsivoglia per cui quel piano corporeo e' superiore
    agli altri che si sono estinti, e fa i salti mortali al contrario per
    inventarne uno (con le tue parole: "ci può essere, talvolta, la
    tendenza a formulare ipotesi in maniera troppo disinvolta, e a farne un
    passepartout che va bene per qualsiasi cosa.
    ").
    Gould invece dice semplicemente che e' stato il caso, e che la selezione
    naturale interviene successivamente a definire come, nel vuoto
    dell'estinzione, quella forma superstite si differenziera' rapidamente
    in un cespuglio di speci sorelle.

    Tu scrivi: "I darwinisti hanno una soluzione: il caso interviene solo
    nel momento della mutazione, ma non è certo la casualità a decidere
    quali mutazioni sopravvivono oppure no, è la selezione operata
    dall'ambiente. A quanto pare, dietro la semplicità di questa
    spiegazione, Gould intravede una minaccia per la dignità dell'uomo:...
    "

    La dignita' dell'uomo non c'entra: Gould sostiene che il caso non
    intervenga SOLO nel momento della mutazione, ma ANCHE nel decidere quali
    mutazioni sopravvivano (il caso fa parte della selezione operata
    dall'ambiente).
    Per questo motivo non si puo' definire un Darwinista puro, ma non per
    questo si puo' sostenere che neghi l'evoluzione, come hanno cercato
    invece di far passare i suoi detrattori sia dal campo creazionista che
    da quello Darwinista ideologico.

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  11. @Thomas Morton:
    Ho fatto tanta fatica a leggere Pinker che non immagino:
    1) chi possa essere riuscito a tradurlo in italiano (o, in alternativa, che disastri possa aver combinato);
    2) che esperienza estenuante possa essere la lettura di Chimpsky... ehm, Chomsky.

    @markogts:
    Ma no, non servono le corde vocali. Basta il linguaggio dei sordomuti. Il problema è che è stato già verificato che le scimmie non arrivano a parlare come noi.

    E allora? E allora niente. Noi abbiamo il linguaggio e gli elefanti la proboscide.

    Gli elefanti sicuramente pensano di essere la Specie Eletta perché solo loro hanno un organo così complesso, che contiene oltre 150.000 muscoli ripartiti in 40.000 fasci circolari e longitudinali, il che conferisce a questo organo una mobilità eccezionale in tutte le direzioni.

    Solo l'elefante ce l'ha. Persino il dugongo, che tanto gli somiglia, ne è privo. Tiè.

    @Terenzio il Troll:
    Il caso per esempio può essere intervenuto nel decidere che il linguaggio stava bene nell'emisfero sinistro del cervello anziché nel destro. Magari chi ce l'aveva nel destro è stato colpito da un fulmine per ragioni incorrelate.
    Ma ragionando da "sistemista" vedo che l'effetto è lo stesso che si sarebbe avuto se il caso avesse solo generato una mutazione col linguaggio a sinistra e non una col linguaggio a destra.

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  12. No, aspetta, Turz: le scimmie di oggi non sanno che farsene del linguaggio perché non hanno un cervello che ha seguito lo sviluppo delle corde vocali. Immagino che qualche ominide abbia cominciato a usare "ugh" e "agh" con due significati diversi. Poi secoli dopo gli ominidi avevano un cervello in grado di gestire "ugh" e "agh" e sono arrivati al "unf" e avanti così fino a "supercalifragilisticespiralidoso". E gli ominidi che non sapevano interpretare la frase "ugh agh ugh ugh*" morivano sbranati dalla tigre, voilà la selezione.

    *traduzione: "ocio la tigre!"

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  13. Caro Terenzio, approfitto del tuo commento per chiarire che quando io scrivo su un qualsivoglia argomento, di solito non mi sforzo troppo di essere neutrale o imparziale, scrivo semplicemente le mie opinioni, che vanno giustamente filtrate dai miei pregiudizi.

    Intorno a Gould non ho, appunto, un'opinione eccellente (qualcosa intorno a lui avevo già scritto qui ), ma non perché lo ritenga un antievoluzionista. È che credo che, senza volerlo, abbia fatto più danni che altro. I suoi rilievi spesso sono delle ovvietà che nessuno si è mai sognato di contestare (certo che la pura fortuna può avere un ruolo determinante, certo che alcune caratteristiche possono essere semplici sottoprodotti secondari di altri adattamenti, etc.).

    Il problema è che a mio avviso è solo con estrema fantasia che queste si possono definire serie obiezioni al paradigma adattazionista, e solo un'eccessiva ambizione e stima di sé può condurre a pensare che questi piccoli aggiustamenti conducano addirittura a un nuovo paradigma.

    Credo sia stata la delusione nel vedere le proprie idee considerate con sufficienza, che lo ha condotto ad un eccesso di polemica con gli altri evoluzionisti, e le conseguenze di questo le ritroviamo appunto in un libro intitolato "Gli errori di Darwin" che riprende gli stessi argomenti di Gould. È mia convinzione, inoltre, che il dichiarato marxismo di Gould non sia estraneo alla vicenda (pure lui, da buon marxista, sarebbe stato d'accordo), ma questo ovviamente non lo posso dimostrare.

    Critiche più dettagliate a Gould le si possono ritrovare comunque nel libro di Dennett "L'idea pericolosa di Darwin". Oppure qui.

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  14. Turz, per me "'L'istinto del linguaggio" è uno dei libri più divertenti e leggibili degli ultimi vent'anni. Non mi sono piaciuti altrettanto gli altri libri di Pinker, ma insomma non mi sembra si possa considerare uno scrittore difficile. Poi de gustibus, chiaramente.

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  15. @Thomas Morton:
    Diciamo che per un non madrelingua è difficile, pur essendo divertente, cosa che mi ha spinto 1) a comprarlo, 2) a finirlo.

    Se l'hai letto in italiano, c'è una probabilità dell'80% che tu te ne sia perso almeno il 20% e una probabilità del 20% che il traduttore sia un genio.

    (...ricerchina con Google...)

    OK, la traduttrice è un genio (linguaccia italiana maschilista che non contempla l'esistenza di genî di sesso femminile) e mastica bene l'inglese. Ti è andata bene.

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  16. è difficile, pur essendo divertente, cosa che mi ha spinto 1) a comprarlo, 2) a finirlo.

    Naturalmente "cosa" si riferisce a "divertente", non a "difficile".

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  17. Non avevo capito che l'avevi letto in originale, cosa che in effetti spiega la difficoltà. E non ricordavo fosse tradotto da Gloria Origgi, che in effetti è una bravissima ricercatrice.

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  18. "scrivo semplicemente le mie opinioni, che vanno giustamente filtrate dai miei pregiudizi"

    Ci mancherebbe altro, Thomas: del resto, e' per questo che servono i blog personali!

    Il tuo e' uno di quelli che leggo costantemente, perche' trovo le opinioni di gente intelligente sempre stimolanti ed interessanti.
    Oltre al fatto che spesso imparo cose in campi su cui so veramente poco, come in questo tuo articolo.

    Che Gould ti stesse un po' sulle scatole, si era capito. E non posso dire che le tue opinioni siano infondate.
    L'ho trovato un divulgatore superlativo: credo che se oggi la teoria dell'evoluzione non sia ancora piu' sconosciuta e malcompresa dalle masse, sia in buona misura merito suo.

    Sull'effetivo merito scientifico, non ho le basi per giudicare. Sicuramente, le scoperte veramente fondamentali degli ultimi cinquanta anni sono arrivate da altri scienziati che hanno fatto "lo sporco lavoro sul campo".

    Che abbia litigato praticamente con tutti i suoi colleghi non ci piove; che abbia fatto piu' danno che utile, pero', mi sembra eccessivo, oltre che contraddittorio: se fosse vero, vorrebbe dire riconoscergli proprio quell'importanza nel panorama scientifico che invece contesti quando giustamente parli di ovvieta'.

    Cio' detto, questo argomento era veramente marginale nel contesto del tuo post: quindi chiudo qui la digressione.

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  19. È stato davvero un grande divulgatore: quando iniziai a leggere i suoi libri, d'altronde, il mio piacere era aumentato dal fatto di non sapere nulla delle polemiche che lo separavano da parte della comunità scientifica. Io credo semplicemente che a un certo punto le cose abbiano preso una brutta piega, e che l'incomunicabilità abbia trionfato. Non riesco ad attribuirne la responsabilità ad altri, anche se ovviamente posso essere all'oscuro delle manovre e delle relazioni personali che possono esserci state fra i protagonisti della querelle.

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  20. Questo post meriterebbe un mio lungo commento che mi servo di scrivere in un momento piu' opportuno. Sei andato a toccare argomenti che mi interessano abbastanza e di cui ho letto parecchio (molto Chomsky, molto Dawkins, abbastanza Gould, qualcosa di Fodor).
    Mi rifaro' vivo.

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  21. Blogger ha ingoiato il mio commento lungo. E ha anche fatto il ruttino. Magari dopo lo riscrivo, se ci riesco.

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  22. @ Thomas Morton

    Alla fine di questo tuo commento manca il link:
    Critiche più dettagliate a Gould le si possono ritrovare comunque nel libro di Dennett "L'idea pericolosa di Darwin". Oppure qui.

    Grazie di tutto e a tutti,
    Michele.

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  23. lo staff di John Tooby ha chiaramente ragione su fodor.Oh thomas illuminaci con un post sulla logica dell'evoluzionismo.

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  24. Il mio pensiero è molto più povero e semplice: tutto quello che la Chiesa e Il Foglio appoggiano, per me è una boiata pazzesca :-)

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  25. s' è vero: manca il link!

    Critiche più dettagliate a Gould le si possono ritrovare comunque nel libro di Dennett "L'idea pericolosa di Darwin". Oppure qui.

    il qui non funziona

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