Un tempo tutti i manuali di storia della filosofia spiegavano che il pensiero filosofico è nato e si è sviluppato nell'antica Grecia (o nelle colonie della Grecia), per una serie di circostanze che in realtà non sono mai state del tutto chiare. Perché proprio lì? ha forse qualcosa a che fare con la forma di governo democratica delle polis? o col clima mediterraneo?
Non lo sappiamo e non lo sapremo mai con certezza, ma in ogni caso quando pensiamo alle origini della filosofia pensiamo inevitabilmente ai Greci, al trio Talete-Anassimandro-Anassimene, per poi proseguire con Socrate-Platone-Aristotele e via dicendo. È da qui che si è sviluppato tutto il pensiero filosofico che conosciamo, sono qui le radici non solo della "nostra" cultura, ma del pensiero filosofico-razionale astratto in generale. Forse anche del pensiero scientifico moderno.
Questo tipo di approccio, da un paio di decenni a questa parte, è stato fortemente contestato (si veda ad esempio qui), per il motivo che non si possono ignorare le altre millenarie tradizioni di pensiero filosofico che si sono sviluppate anche indipendentemente dal mondo occidentale che conosciamo meglio. Tradizioni che i nostri programmi scolastici, intrisi di eurocentrismo, ignorano sistematicamente.
Ora, lasciando da parte per un attimo il fatto che è abbastanza normale che un programma scolastico di un paese europeo (o occidentale) sia eurocentrico, vorrei dire che sono assolutamente d'accordo. Anche guardando all'epoca antica (è ovvio che in epoca moderna diventa difficile determinare confini geografici netti alla diffusione di una scuola di pensiero), non esiste solo la Grecia.
L'India antica, per esempio, è piena di sistemi filosofici e tradizioni di pensiero che per sottigliezza e profondità analitica non hanno assolutamente nulla da invidiare a un Platone o un Aristotele. Le tematiche del pensiero filosofico indiano (darsana) sono molteplici, e grosso modo le stesse di quello occidentale: epistemologia, logica, ontologia, estetica, etica. In questi sistemi, soprattutto, si nota la presenza di un'abitudine al dibattito critico e razionale: non sono fatti di affermazioni apodittiche, ma si tratta di sistemi di pensiero che si sviluppano ed evolvono criticando di volta in volta le soluzioni precedentemente adottate, tramite il dibattito aperto. *
Ora, purtroppo non sono abbastanza esperto di filosofie orientali (tutt'altro, direi) per poterne illustrare adeguatamente la ricchezza. Ma si potrebbe menzionare, fra i grandi filosofi indiani, ad esempio il monaco buddista Nāgārjuna (II-III sec. d.C.) che, in modo simile a Parmenide e agli eleati, sottopose il mondo fenomenico a critica denunciando la contraddittorietà dell'esistenza dei fenomeni in quanto tali. Riflessioni simili anche a quelle condotte, stavolta in ambito induista, da Adi Shankara e la scuola monista Advaita Vedanta. Oppure la scuola dei Nyaya, che elaborò una riflessione metodologica ed epistemologica, ed un sistema di logica, la cui influenza, per il pensiero indiano, è paragonabile alla logica aristotelica. Si potrebbe inoltre citare (anche se non è esattamente un filosofo) il grammatico Pāṇini, il cui trattato sulla lingua sanscrita è considerato una delle più grandi conquiste intellettuali dell'umanità, e la cui influenza è stata riconosciuta da Noam Chomsky.
Qui mi fermo, per quanto riguarda l'India. Quando si parla di filosofie orientali, però, il pensiero vola immediatamente anche ad un altro grande paese, dalle tradizioni altrettanto antiche e venerabili: come dimenticarsi, infatti, della Cina? giustissimo, se non fosse per il piccolo dettaglio che la Cina non ha affatto un'antica tradizione di pensiero filosofico. Ripeto: non esiste una filosofia cinese. No.
Ok, proviamo a digitare "filosofia cinese" su Google, e vedremo che escono fuori un sacco di risultati, il che sembra contraddire la mia affermazione. Beh, analizziamoli. Quali sarebbero le grandi scuole filosofiche e i grandi pensatori cinesi, quali le grandi opere? Due nomi saltano subito agli occhi, Confucio e Lao-Tsu.
Confucio. Uhm. Vi viene in mente qualche grande intuizione filosofica di Confucio? Che cosa ha insegnato quest'uomo? Il suo pensiero è espresso in massime, le quali non hanno alcuna pretesa di sistematicità. Alcuni esempi:
Imparare senza riflettere o riflettere senza imparare non vi porta alla buona comprensione
Quando io so, dico che so, quando io non so, dico che non so, ecco ciò che si chiama sapere
Quando il nome non è giusto, il discorso non è conforme; quando il discorso non è conforme, gli affari non possono essere condotti bene
Chi ascolta molto e misura le sue parole commette meno errori; chi vede molto e agisce prudentemente ha meno rimorsi
Non sono nato saggio, ma è con gli studi che sono diventato saggio
Confucio contribuì anche, pare, alla stesura di una nuova edizione dei Ching, il Libro dei Mutamenti, che ebbero un'influenza profonda sul suo pensiero, e che sono un'altra opera citata spesso in relazione alle vette di profondità raggiunte dal pensiero cinese. I Ching. Un libro di divinazione. Quello dove si lanciano le monetine, si tracciano segni un foglio, e si ottiene l'oracolo del giorno. Come se Carl Gustav Jung, ad esempio, dicesse di essersi ispirato a un cazzo di oroscopo. Scusate, ho sbagliato esempio. Come se Kant si fosse ispirato alla lettura dei Tarocchi per scrivere la Ragione pura.
Comunque è evidente che a Confucio, e al confucianesimo in generale, mancano tutte le caratteristiche del pensiero filosofico vero e proprio. Si tratta perlopiù di massime apodittiche, enunciate come verità autoevidenti, ripetute acriticamente e senza uno straccio di argomentazione razionale a loro supporto. Mi spiace, la filosofia è un'altra cosa.
Che dire, invece, di Lao Tsu e del taoismo? Lao Tsu (o Tse, o Zi) è autore del Tao Te Ching, "libro oscurissimo, criptico, a volte ambiguo. A ciò si aggiunge il sospetto che le tavolette dalle quali era composto, mal rilegate, si slegassero frequentemente, in modo tale che blocchi di caratteri si mescolassero nel tramandarlo: da qui il sorgere di numerose questioni critiche e interpretative" (Wiki). Ah, bene. Di che parla questo testo? Di tutto e di niente. Parla del Tao, che è puro suono, nome che ha solo connotazioni, e nessuna denotazione.
Il parlar dell'Insonoro è spontaneità.
Per questo
un turbine di vento non dura una mattina,
un rovescio di pioggia non dura una giornata.
Chi opera queste cose?
Il Cielo e la Terra.
Se perfino il Cielo e la Terra non possono persistere
tanto più lo potrà l'uomo?
Perciò compi le tue imprese come il Tao.
Chi si dà al Tao s'immedesima col Tao,
chi si dà alla virtù s'immedesima con la virtù,
chi si dà alla perdita s'immedesima con la perdita.
Chi s'immedesima col Tao
nel Tao si rallegra d'ottenere,
chi s'immedesima con la virtù
nella virtù si rallegra d'ottenere,
chi s'immedesima con la perdita
nella perdita si rallegra d'ottenere.
Quando la sincerità vien meno
si ha l'insincerità.
Certo, non nego che abbia il suo fascino, ma sfido chiunque a trarne un pensiero suscettibile di approfondimento critico. Come le massime confuciane, o lo si accetta o lo si rifiuta, non esistono mezze vie. Caratteristica, questa, del sapere pre-filosofico. È misticismo, espressione di una rivelazione improvvisa che non richiede meditazione, ma il suo esatto contrario, ovvero il totale abbandono.
Non esiste una filosofia cinese, esistono dei balbettii che fanno molto new age e che qualcuno ha voluto chiamare, impropriamente, filosofia. Probabile, a questo punto, che qualche sinologo più esperto di me voglia ribattere menzionando quel tale, o quella scuola, o quel testo che ignoro, e che corrispondono maggiormente alla mia idea di filosofia. Sarei lieto di essere smentito (leggo ad esempio che esiste una "Scuola dei Nomi", che presenta qualche affinità con la sofistica), ma qui non si tratta di individuare delle eccezioni. Si tratta del fatto che l'elaborazione di pensiero messa insieme, cumulativamente, dagli sforzi dei Greci, e degli Indiani, non ha confronti con nessun altro popolo. Nemmeno la Cina, e questo nonostante i Cinesi, sul piano della scienza e della tecnica, fossero invece una civiltà avanzatissima.
E se non esiste una filosofia cinese, vuol dire che molto probabilmente non esiste nemmeno una filosofia aborigena, o africana, o pre-colombiana (che poi gli Aztechi non avevano nemmeno una scrittura vera e propria, ed è difficile arrivare a certi livelli di concettualizzazione con i disegnini).
Questo perché la filosofia è una conquista culturale, non una cosa che nasce insieme all'uomo. Richiede, evidentemente, un humus adeguato. Che non so quale sia, ma evidentemente c'era in Grecia, c'era in India, ma non altrove. Certe conquiste culturali, pur se fatte di cose immateriali, sono assimilabili ai progressi tecnici: non tutti i popoli del mondo hanno scoperto (indipendentemente) l'agricoltura, o la scrittura, o la stampa, o l'aritmetica se è per questo. E non tutti i popoli del mondo hanno avuto le consolazioni della filosofia; il che non equivale a dire che non avessero le loro visioni del mondo, le loro cosmogonie e le loro mitologie. Magari rispettabilissime. Solo, la filosofia è un'altra cosa.
La critica all'eurocentrismo, spesso corretta, viene molte volte fatta anche con motivazioni sbagliate. È sbagliato, ad esempio, rinnegare l'originalità delle nostre elaborazioni intellettuali in nome di un buonismo che accetta tutte le culture più esotiche come uguali, e come aventi lo stesso valore per qualsiasi aspetto. È sbagliato parificare una cosa come il pensiero filosofico a quello mistico-religioso che si ritrova in tutte le culture, buttando tutto in un unico minestrone, perché in questo modo non si aiuta a comprendere né l'uno né le altre. E, come ho cercato di spiegare, non è sbagliato solo perché in questo modo si fa un torto all'Occidente. Si fa un grosso torto alla civiltà indiana, anche.
Per troppo tempo, infatti, i caratteri della speculazione indiana sono stati mal compresi e sottostimati, proprio perché letti unicamente attraverso la lente del misticismo orientale. Ma l'India non lo merita: è molto di più di qualche fachiro, qualche santone strafatto, e dei Beatles. Teniamone conto, quando si parla di "filosofie orientali".
* Sia chiaro che non affermo, come altri, addirittura una derivazione della filosofia greca da quella orientale; quali fossero i contatti ipotizzabili tra le due civiltà, il pensiero greco ha senz'altro delle caratteristiche originali. Inoltre le scritture indiane più antiche non hanno tratti propriamente filosofici, che compaiono più tardi e per i quali anzi si potrebbe addirittura sostenere un'influenza ellenistica.
E l'ultimo chiuda la porta! :-)
RispondiEliminaIl problema fondamentale è che è assolutamente a la page criticare qualsiasi cosa sia di derivazione occidentale ed è spesso invece tacciato di conservatorismo qualsiasi tentativo di difendere quel che di buono è nato in Europa e, più in generale, in occidente.
RispondiEliminaForse è tempo di recuperare un sano equilibrio che ci consenta di criticare i nostri errori storici, senza per questo scordare i meriti dell'occidente, del suo pensiero e dei suoi risultati. Che non sono poi pochi.
Post molto interessante, come al solito del resto.
RispondiEliminaIo mi sto scontrando per il mio lavoro di ricerca con un altro tipo di problema che e' molto collegato a questo, ma piu' avanti nel tempo.
Il fatto e' l'eredita' del pensiero greco non e' solo "occidentale". Tu sai benissimo che ruolo hanno avuto gli "arabi" (che spesso arabi non erano, anche se in arabo di solito scrivevano) nella filosofia medievale.
La loro filosofia era certamente fondata su un rielaborazione originale del pensiero greco, cosi' come la filosofia latina, ebraica e cristiana d'Oriente (che conosco meno, ma credo che uno come Fozio possa essere definito "filosofo". Poi ci sono i siriaci che traducevano e commentavano Aristotele come Qosta bin Luqa, che pero' vanno visti nel contesto dell'universo filosofico arabo-islamico in cui lavoravano).
In questo senso, "Occidente" include senza dubbio l'Islam, le cristianita' orientali, e perfino la Persia preislamica (dove si trasferirono gli ultimi esponenti della scuola di Atene dopo la sua chiusura per ordine di Giustiniano).
Sull'India ne so abbastanza da essere d'accordo con te.
Il mondo indiano e quello ellenistico comunicavano e una certa influenza reciproca sembra esserci stata, ma nel complesso si e' trattato di sviluppi autonomi.
Sulla Cina, non ho le competenze specifiche per poter fare affermazioni categoriche, ma credo di poter dire che un pensiero filosofico nel taoismo e nel confucianesimo si sia sviluppato.
Concordo comunque con te sul fatto che non va attribuito ai fondatori ma semmai agli eredi.
D'altra parte il libro del Dao De (della Via e della Virtu') e' criptico e non brilla certo per razionalita' filosofica, ma forse si potrebbe dire lo stesso dei frammenti di Eraclito.
Per chi si interessa di filosofia antica conoscere il pensiero indiano e' certamente un complemento di grande importanza.
Per chi si occupa di Medioevo (come me, attualmente)invece, il pensiero "arabo" non e' solo un complemento. Mi spingo fino ad affermare che esiste una sola filosofia, di eredita' essenzialmente greca, che nel Medioevo si esprime in arabo, ebraico e latino (in misura minore in greco e siriaco, talvolta in persiano) ma che e' e rimane nel suo complesso "occidentale", anche quando scritta da turchi musulmani di Samarcanda in lingua araba.
Falecius,ammetto che attendevo con un certo timore un tuo eventuale commento, proprio perché ti conosco esperto di orientalistica.
RispondiEliminaNon ho parlato degli Arabi ovviamente perché compaiono molto più tardi, ma effettivamente certe cose dette sulla percezione della filosofia indiana valgono anche per loro: anche per la cultura araba, come sai benissimo, esiste un filtro per cui si tende a sminuire il loro apporto e soprattutto a leggere il loro contributo in termini esclusivamente religiosi, quindi escludendoli dalla corrente dell'Occidente. Per intendersi, Averroè è un filosofo musulmano quanto Kant è un autore cristiano, ma a nessuno verrebbe in mente di etichettare quest'ultimo semplicemente come cristiano.
Riguardo Eraclito, è vero che i suoi frammenti sono altrettanto oscuri del poema cinese, ma si parla appunto delle origini del pensiero greco, ancora immerse nella "sapienza" di tipo ermetico.
Per la Cina, invece, magari mi sbaglio, ma allora tenderei a farne una questione di quantità: direi insomma che il paragone fra India e Cina è tutto a vantaggio della prima.
"direi insomma che il paragone fra India e Cina è tutto a vantaggio della prima."
RispondiEliminaPer quello che ne so, concordo.
Io direi che di solito quando si parla di "nascita, origine della filosofia" si pensa alla Grecia pensando più alla "nascita,origine del termine filosofia". Il termine è certamente greco e su questo non abbiamo dubbi.
RispondiEliminaPoi purtroppo su cosa è filosofia e cosa non lo è, potremmo dibattere per lunghissimi anni fino a romperci le palle.
Se è filosofo Agostino o Tommaso, non vedo perchè non debba esserlo Zoroastro.
Per quanto riguarda una "filosofia" araba non me ne intendo molto, ma per quel poco di studio di filosofia medievale posso dire che li ritengo più mediatori che pensatori. Gli arabi era una potenza politica (califfato) che non aveva un patrimonio culturale come la Grecia, e l'arabo come lingua non possedeva un vocabolario filosofico (un pò come il latino all'inizio, a cui rimediò Cicerone). Infatti le opere greche passarono prima attraverso la mediazione del siriaco che era una lingua vicina o simile all'ebraico e all'arabo di molti dotti dell'epoca (vedi Averroè).
Poi ovviamente possono esserci le dovute eccezioni, sempre decidendo cos'è filosofico e cosa non lo è.
RispondiEliminaHai guadagnato la mia imperitura stima con il seguente periodo:
RispondiElimina"È sbagliato, ad esempio, rinnegare l'originalità delle nostre elaborazioni intellettuali in nome di un buonismo che accetta tutte le culture più esotiche come uguali, e come aventi lo stesso valore per qualsiasi aspetto."
Phil, dato che nel mio lavoro mi occupo specificamente di alcuni di quesi filosofi e soprattutto di Farabi ed Abubacer, mi appello all'argomento ex autoritate per assicurarti della loro originalita' di pensiero :). Naturalmente sempre all'interno di una tradizione (in questo caso platonica ed aristotelica) ma del resto nemmeno Cartesio e Locke hanno rotto del tutto con la filosofia precedente (tra l'altro, c'e' chi sostiene che Locke sia stato influenzato proprio da Abubacer, il cui Philosophus Autodidactus (in arabo, Hayy ibn Yaqzan) fu tradotto in latino dal suo amico Pococke).
RispondiEliminaSul resto, non mi e' chiaro cosa intendi con l'ultima frase. Al tempo di Averroe' la lingua della filosofia era senza dubbio l'arabo, anche per gli autori ebrei, e non credo che lui personalmente conoscesse il siriaco. La grande fase di traduzioni dal greco in siriaco ed arabo e dal siriaco ancora in arabo era completata, per la semplice ragione che grosso modo era stato tradotto tutto quello che interessava, (questa almeno e' la tesi di Dimitri Gutas. Certamente la caduta del potere califfale contribui'anch'essa).
" e questo nonostante i Cinesi, sul piano della scienza e della tecnica, fossero invece una civiltà avanzatissima."
RispondiEliminabeh... probabilmente non avevano tempo per le seghe mentali!
Errata: "la filosofia NON è un'altra cosa"
Si si, non mi sono precisato alla fine. Averroè, perchè di solito colui che si ricorda come filosofo arabo (se non altro quello che si cita più spesso).
RispondiEliminaPer il resto non conosco Farabi e Abubacer quindi non so che dire :).
grazie comunque
Osserverei anche che la grande fase di progresso tecnico e scientifico in Cina e' molto successiva all'epoca di Confucio e Lao Zi, ed l contatto della Cina con altre civilta', in particolare per tramite della diffusione del buddhismo indo-afghano e in misura minore del cristianesimo nestoriano e dell'Islam. In sostanza la Cina fu per un certo tempo il centro, o perlomeno uno dei centri, di un sistema di civilta' eurasiatiche certamente distinte ma comunque comunicanti e interconesse. Mi riferisco all'epoca medievale in genere.
RispondiEliminaL'Europa a quel tempo era uno dei compnenti di un Occidente allargato (erede dell'ellenismo e della romanita', tra le altre cose), ma solo alla fine del Quattrocento ne diventa la componente dinamica e dominante.
Se si va al periodo delle origini del pensiero filosofico, in Cina che io sappia si trova molto meno. Tuttavia non sono un sinologo e potrei essere smentito.
Sugli arabi potrei scrivere lunghe, ma non voglio annoiare. :)
Averroe' e' certamente il pensatore musulmano piu' significativo dal punto di vista occidentale, proprio perche' il suo pensiero ha avuto una risonanza considerevole nella nostra scolastica e nella filosofia ebraica, probabilmente piu' che tra musulmani, al punto che alcune sue opere importanti come il commento alla Repubblica di Platone sono conservate solo in traduzione ebraica o, se non sbaglio, latina.
Nel mondo musulmano invece fu piu' fecondo il pensiero di Avicenna (a cui comunque non mancavano lettori a Parigi). Per entrambi, le opere conosciute in occidente e quelle piu' lette in oriente non coincidevano, anche se non si arriva all'assurdo di al-Ghazali, che l'Occidente conosceva come un alfiere del pensiero filosofico di ispirazione greca mentre in realta' ne era un feroce contestatore (che pero' impegava gli stessi metodi di ragionamento)e come tale e' conosciuto come il 'San Tommaso dell'Islam".
Phil: Zoroastro: ho letto alcune parti del'Avesta, e no, non credo che possa rientrare in nessuna definizione significativa di "filosofia". Cio' non toglie che sia esistita una elaborazione propriamente filosofica all'interno della religione di cui e' ritenuto il fondatore, molto successiva a lui, comunque, e nella quale e' senza dubbio ravvisabile l'eredita' del pensiero greco, rivendicata all'epoca dalla Persia stessa come propria in una specie di "translatio studii". Purtroppo (parlo da storico, non da filosofo) di queste elaborazioni della Persia preislamica e' rimasta una documentazione inadeguata.
RispondiEliminaSu un piano appunto storico la metterei cosi': esiste una tradizione di pensiero razionale, nata in Grecia tra sesto e quinto secolo avanti Cristo, che si chiama "filosofia". A questa tradizione intellettuale si richiama una gran parte della storia del pensiero successivo, in tutte le regioni che sono state interessate dall'Ellenismo e dall'espansione romana o che sono entrate nelle relative orbite culturali, molto spesso anche a causa dell'azione di missionari delle religioni (piu' o meno) universalistiche entro cui elementi di quella tradizione di pensiero sono stati assunti.
Questo mondo comprende quindi (in epoca tardoantica e medievale) gran parte dell'Europa, l'Africa del Nord, ed il Medio Oriente fino alla valle dell'Indo.
L'India ha sviluppato tradizioni autonome di pensiero critico e razionale, che non hanno rapporti diretti e verificati con quelle greche, ma e' del tutto plausibile che alcune relazioni vi fossero. E' perfettamente legittimo chiamare questi fenomeni "filosofia", se non si intende il termine in senso strettamente storico.
La Cina, in misura minore e piu' tardi nel tempo, e forse anche grazie all'influenza di correnti di pensiero venute da paesi piu' ad ovest, ha elaborato ugualmente dottrine in parte comparabili, ma per quello che ne so la loro importanza e' minore (potrebbe trattarsi appunto di una mia ignoranza).
In epoche successive, il mondo "occidentale" in senso lato, cosi' definito, e le sue singole componeneti (islamica, cristiana orientale, cristiana latino-germanica) conosce una immensa espansione, e cosi' fanno una serie di idee che fanno parte della sua cultura. Tra le quali, il complesso di tradizioni di pensiero che e' la filosofia in senso storico.
Oddio, uno storico! =)
RispondiEliminaMa l'Avesta non mi pare sia uno scritto appartenente a Zoroastro stesso. O sbaglio?
Grazie per i chiarimenti, sono ancora un novello io :P
L'Avesta filologicamente e' un casino che meta' basta. Non dico che sia peggio della Bibbia (che sul piano della filologia e' incasinatissima) ma poco ci manca.
RispondiEliminaAlcune parti sono attribuite a Zarathushtra (Zoroastro) altre sono decisamente successive, e comunque su Zarathushtra stesso le datazioni sono abbastanza discusse e la stessa esistenza e' messa in dubbio da qualcuno.
Comunque io ho studiato solo il persiano moderno e non sono un esperto di Persia preislamica.
E non sono uno storico, nel senso che non sono laureato in storia.
Ah, Phil (OT): la domanda su Nietzsche era impegnativa, ci sto ancora pensando.
RispondiEliminaEh, dovresti capire perchè ti ho chiesto proprio quel particolare capitolo...(conosci te stesso, no?)
RispondiEliminaChe tra l'altro, io a volte vorrei scriverti dei papiri assurdi, ma non so dove scriverteli. Capisco che ci tieni alla tua salute, ma insomma, avrò pure il diritto di romperti le palle ogni tanto?!
RispondiEliminaRecentemente non ho passato un test psicologico (sono deviante per la psicologia moderna), ecco per esempio, questo volevo raccontarti.
Il mio indirizzo di posta elettronica è nascosto sotto le informazioni personali :)
RispondiEliminaFa paura quell'indirizzo :|
RispondiElimina@Thomas Morton:
RispondiEliminaInteressantissimo post, come al solito.
Si può dunque dire che la cosiddetta "filosofia" cinese era una pre-filosofia (cioè qualcosa di ancora non maturo per essere una vera e propria filosofia, una specie di "larva" di filosofia)?
Ciò che diceva Confucio (a parte i GAC, che però forse a quei tempi tanto GAC non erano) erano intuizioni, non supportate però (almeno a quanto ne sappiamo oggi) da un framework filosofico sistematico.
O no?
Credo di sì, Turz. Nel caso di Confucio, più che nel taoismo, aggravato dal fatto che anche gli argomenti trattati non hanno poi molto di filosofico, essendo precetti morali spiccioli.
RispondiEliminaPrendiamo per esempio quella cosa linki. Rubricare insieme la filosofia ebraica e quella "araba" (meglio potrebbe essere definita 'arabo-islamica": anche Maimonide per esempio scriveva in arabo) come filosofie "orientali" assieme al pensiero cinese ed indiano, quando la loro derivazione di fondo e' platonica ed aristotelica, e' un assurdo storico.
RispondiEliminaThomas "È sbagliato, ad esempio, rinnegare l'originalità delle nostre elaborazioni intellettuali in nome di un buonismo che accetta tutte le culture più esotiche come uguali, e come aventi lo stesso valore per qualsiasi aspetto"
RispondiEliminaBrain "Il problema fondamentale è che è assolutamente a la page criticare qualsiasi cosa sia di derivazione occidentale ed è spesso invece tacciato di conservatorismo qualsiasi tentativo di difendere quel che di buono è nato in Europa e, più in generale, in occidente"
Thomas, Brain...ma vivete nella stessa Italia in cui vivo io? davvero vi sembra che nell'Italia del 2010 questo "buonismo" sia un nemico per combattere il quale val la pena specare tempo e energie?
davvero brain ti sembra assolutamente a la page ecc... No sul serio: purtroppo ho abbastanza anni per ricordarmi di quando c'era senso e merito a prendersela con ecc... quando ero all'università io, ma erano i primi 80; ma oggi?
A me pare che oggi il pendolo sia già abbondantemente dall'altra parte....
Ma noi frequentiamo i salotti della sinistra bene
RispondiEliminaDella sinistra PENE, direi.
RispondiElimina:D
certo che ne dite di stronzate...leggetevi "Un'altro giro di giostra" che vi fa bene...sarà da semplicioni ma vi fa bene...
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