martedì 19 agosto 2014

l'elitismo ai tempi di internet


Che uno degli effetti di una buona educazione o formazione culturale sia quello di distinguersi dalla massa è abbastanza scontato. Che sia anche una delle sue funzioni o scopi principali parimenti non sorprende affatto, e neanche che possa essere una tentazione cui è difficile resistere, pure se non è certo ai primi posti degli obiettivi declamati dai pedagoghi. Può semmai sorprendere appunto la dissonanza fra gli obiettivi declamati e quelli perseguiti, talvolta anche in maniera pubblicamente smaccata e finanche volgare. 

Perché l’uso della cultura – è chiaro – può essere più o meno inclusivo e democratico (l’emancipazione delle masse dall’ignoranza e dall’isolamento culturale, il progresso economico e sociale), oppure escludente e snobistico e i due obiettivi non potrebbero (in teoria) andare insieme a braccetto, per cui esistono vezzi, abitudini, e tic linguistici che sono in grado di svelare quelle che sono le agende nascoste di coloro che non fanno che parlare di quanto la cultura sia importante e fondamentale. 

Prendiamo, ad esempio, questo 'divertentissimo' tumblr che raccoglie le stroncature di sprovveduti lettori di Amazon o Anobii a universalmente riconosciuti capolavori della letteratura. Sottotitolo: “la critica letteraria ai tempi di internet”, l’immagine di apertura invece è quella di una scimmia con gli occhiali e un libro in mano (e già siamo a livelli di satira alquanto raffinata). La scimmia rappresenta il lettore comune che, ai tempi dell’internet, non pago di aver avuto accesso a opere evidentemente non destinate a lui ma a spiriti ben più sottili, ha persino l’ardire di esprimere le proprie sensazioni e punti di vista intorno all’opera in questione, usufruendo di quella diabolica invenzione che è la connessione a internet. 

Non nascondiamoci che ci sono “recensioni” che nella loro ingenuità possono far sorridere, o talvolta anche irritare per certa assertività e presunzione fuori luogo. Tuttavia la raccolta nel suo insieme è finalizzata al dileggio forse più che al sorriso, o alla sacra indignazione del lettore autentico, colto e rispettoso dei grandi autori, che ad essi si accosta con religioso e reverenziale timore, nei confronti dei parvenus della cultura, delle persone che hanno imparato a leggere ma senza meritarlo, che sprecano vergognosamente la grande opportunità che è stata loro offerta col diritto/obbligo di istruzione, porci che vengono impropriamente nutriti con perle quando andrebbero loro fornite, per il loro bene, solo ghiande quali 50 sfumature di grigio e Twilight

Analizziamo dunque alcune singole recensioni, per capire cosa vi sia tanto da ridere o scandalizzarsi. Amleto di Shakespeare viene definito "incapibile". Il termine è sicuramente  poco elegante ma coglie tuttavia una delle caratteristiche principali dell'opera. Vorrei sapere, infatti, quanti fra quelli che si indignano per questa recensione lo hanno effettivamente capito. Non è la storia di un personaggio che ormai è diventato sinonimo di comportamento errabondo, lunatico, e incerto? Umberto Eco d'altronde (in una delle sue bustine) attribuiva il grande successo del dramma proprio al suo essere la più "sgangherata" fra le opere scespiriane. Eco si rifaceva a sua volta a un notissimo saggio di T.S. Eliot dove si attribuiva il fallimento artistico (esatto, proprio così) del dramma alla mancanza di un "correlativo oggettivo" per i pensieri e le emozioni di Amleto. Che significa che è incapibile. O forse no, ma in ogni caso io non sarei così presuntuoso da pretendere di averlo capito. 

Passando a Proust, può essere interessante osservare come le critiche dei lettori odierni ricalchino sostanzialmente le prime recensioni dei contemporanei ("forse sono duro di comprendonio ma per me è inconcepibile che un uomo impieghi trenta pagine per descrivere il suo girarsi e rigirarsi nel letto prima di prendere sonno" disse Alfred Humblot). D'altronde Proust fu costretto a stampare il primo volume della sua Recherche a proprie spese, proprio per la fredda accoglienza ricevuta dagli editori. Fra coloro che stroncarono il povero Proust, anche un certo Gide. Quindi l'autore del tumblr si sente molto piú in gamba di Gide nel riconoscere un capolavoro, o forse sa che si tratta di un capolavoro semplicemente perché così gli è stato riferito. Ci si chiede, in questo caso, che bisogno c'è di leggere le opere. Accontentiamoci del sapere ricevuto, o di una scorsa a Wikipedia. 

In effetti un tale approccio elitario finisce per essere offensivo proprio nei confronti delle opere che si vuol così eroicamente difendere da certi maltrattamenti. Non solo non si vuole che vengano lette. Se proprio il bifolco intende avvicinarsi alla lettura alta occorre che lo faccia in maniera del tutto passiva, senza elaborazione personale, senza che provi a rendere l'opera parte del suo vissuto. Non può annoiarsi davanti alla prosa di Virginia Woolf o James Joyce, deve tutto scorrere liscio, in maniera priva di qualsiasi asperità e difficoltà di lettura. Non si può trovare Thomas Bernhard ossessivo e fastidioso (ma se non lo trovate ossessivo e fastidioso, siete sicuri di averlo letto?).

Chi si scandalizza per la scabrosità dei temi toccati da Nabokov in Lolita è solo un ignorante oppure un lettore che ne coglie, appunto, la scabrosità? Lolita è forse un romanzo innocente, una favola per bambini? Per non parlare di American Psycho di Bret Easton Ellis: c'è chi lo trova un pochino perverso, povero lui. Moby Dick contiene davvero infinite e prolisse digressioni sui cetacei, la storia della caccia ai cetacei, lo sfruttamento industriale dei cetacei, eccetera eccetera, ma a quanto pare è proibito lamentarsene o comunque non deve assolutamente essere un motivo per sconsigliare il libro a chi, dei cetacei, vuole continuare a fregarsene.

Che strana idea di letteratura è quella degli elitisti dell'internet. Una letteratura dove tutto piace, tutto è facile, e tutto si comprende. A queste condizioni uno si chiede che cazzo ci sarà poi da sentirsi tanto meglio.