domenica 23 settembre 2012

il senso della vita

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Richard Dawkins, nel suo libro L'illusione di Dio, si dice abbastanza convinto di avere dimostrato l'inesistenza di un sommo artefice dell'universo (o quel che si intende generalmente con l'ambigua espressione "Dio"). Naturalmente si tratta di quel genere di dimostrazione che in realtà lascia più o meno tutto come sta, nel senso che convincerà gli atei e troverà scettici i credenti.

Se non altro, è un argomento che ho trovato abbastanza nuovo e originale (anche se questo non significa che lo sia davvero, non essendo il sottoscritto esattamente un dottore in teologia) e che non mi pare che abbia in fondo trovato degna rappresentazione e discussione nella blogosfera. Ecco perché vorrei, abbastanza brevemente e semplicemente, riassumerlo.

Come noto uno degli argomenti più classici a favore dell'esistenza di un sommo creatore è quello di William Paley (1743-1805) in cui si ipotizza che un passante trovi per terra un orologio. Nessuno sano di mente, sostiene Paley, potrebbe pensare che quell'insieme di pezzi così preciso, così ordinatamente assemblato, così complicato, possa essere frutto del semplice e ignorante caso. Chiunque arriverebbe subito alla conclusione che un oggetto che svolge la sua funzione in modo così mirabile sia stato volontariamente progettato da qualcuno in modo tale da svolgerla, qualcuno di intelligente. Nella fattispecie il passante che formulasse una tale ipotesi avrebbe quasi certamente ragione: un orologio è il segno lasciato da un orologiaio, pochi dubbi su questo.

Analogamente, secondo la linea di pensiero teista, la natura stessa è un meccanismo di troppo mirabile perfezione per credere che sia venuta fuori dal nulla o dal caso: l'universo stesso, con le sue leggi, con le sue creature, è il segno dell'esistenza di un creatore superintelligente. Prova ne è che nessuno di noi, nemmeno quelli che sanno fabbricare orologi, sarebbe in grado di costruire entità ancora più complesse come i fiori, gli insetti, o un uomo. Ancora più improbabile che nel caso dell'orologio, quindi, che a farlo sia stato il caso.

L'argomento è onestamente ben formulato e a un primo sguardo convincente, ma l'ateo, una volta esaminatolo, può ben rispondere che in realtà l'ipotesi dell'orologiaio, benché vera, è lungi dal rispondere all'enigma dell'esistenza dell'orologio, perché non fa altro che spostare il problema. Ovvero, una volta che abbiamo appurato che è stato un orologiaio a far venire all'esistenza l'orologio, resta pur sempre il problema di spiegare l'esistenza dell'orologiaio. Per fare un esempio moderno, secondo alcune ipotesi fantascientifiche la vita in realtà non si è sviluppata sulla Terra ma su altre galassie, i cui abitanti milioni di anni fa hanno colonizzato la nostra. Ebbene, sono in pochi che accetterebbero questa come una "spiegazione" dell'origine della vita. Anche se fosse vero che la vita si è sviluppata in altri pianeti e solo dopo diffusasi sul nostro, noi vogliamo sapere come ha avuto origine su quegli altri pianeti.

Il teista, naturalmente, ha una risposta al quesito su cosa ha creato l'orologiaio, molto elegante nella sua semplicità. È stato Dio, ovvero il creatore di tutte le cose. L'ateo a questo risponde: "Ok, e Dio chi l'ha creato?", e qui tradizionalmente si arresta il dibattito in quanto tutti restano fermi sulle loro posizioni: il teista che ritiene che non vi sia bisogno di postulare alcun altro ente oltre a Dio, il quale è per definizione il creatore di tutto, e l'ateo nel quale rimane invece la sensazione che in tal modo non si sia spiegato un bel niente.

La novità, rispetto ai tempi di Paley, e che viene sfruttata da Dawkins, è che oggi abbiamo una risposta più soddisfacente alla questione "chi ha fatto l'orologiaio", anche se questo non significa ancora rispondere a "chi ha fatto la vita, l'universo, e tutto quanto". Oggi sappiamo, ed è una acquisizione scientifica, non un semplice postulato filosofico, che a trasformare gli organismi semplici in organismi via via più complessi, fino alla costruzione di organismi iper-complicati in grado di costruire altri meccanismi come un orologio, è stata una forza chiamata "evoluzione tramite selezione darwiniana".

Il punto, qui, non è sostituire la scienza alla fede in un atto di arroganza intellettuale, ma rendersi conto che la spiegazione scientifica è più soddisfacente per l'intelletto perché va nella direzione giusta: ovvero, non spiega qualcosa di complesso a partire da qualcosa di ancora più complesso, l'orologio dall'orologiaio, lasciandoci così ultimamente insoddisfatti, ma spiega qualcosa di complesso a partire da qualcosa di più semplice, ed è questa la grande forza della teoria dell'evoluzione.

L'argomento di Dawkins si riduce quindi a questo: che spiegare l'esistenza dell'universo tramite Dio è una mossa che, per quanto non sia logicamente incoerente, da un punto di vista razionale e scientifico va sicuramente nella direzione sbagliata: spiega qualcosa di mostruosamente complesso, l'universo, con qualcosa di ancora più mostruosamente complesso, ovvero un ente al cui confronto il nostro orologiaio sparisce: un ente di intelligenza infinita, e dalle capacità illimitate.

Si potrebbe sostenere, certamente, che nulla obbliga a pensare a Dio come a un ente complesso, ma è anche vero che è proprio questa l'implicazione dell'argomento dell'orologio di Paley: per fare un orologio, meccanismo complicato avente un comportamento semi- o simil-intelligente, occorre un organismo intelligente, e intelligenza significa complessità, e per fare un organismo intelligente come l'orologiaio, occorrerà allora un organismo super-intelligente e supercomplesso.

Ma più procediamo nei gradi crescenti di complessità, più aumentano le cose da spiegare, lungi dal diminuire. Nulla di tutto questo nell'ipotesi darwiniana: l'esistenza dell'uomo si spiega effettivamente partendo da qualcosa di più semplice, ovvero dall'esistenza di entità autoreplicanti, soggette ad errore di copiatura, che si riproducono in maniera differente in risposta alle stimolazioni dell'ambiente. È così possibile spiegare, in maniera quasi del tutto soddisfacente, l'esistenza dell'uomo a partire dell'esistenza dei primi organismi unicellulari.

Il che non significa certo aver spiegato tutto: non sappiamo ad esempio come siano nati quei primi organismi cellulari, e non sappiamo nemmeno come sia nato l'universo, Quel che sappiamo è come non rispondere. Dire che la vita sulla Terra è nata per opera di Dio, o se è per questo per opera di creature extraterrestri provenienti da un'altra galassia, non risolve il problema, non fa che spostarlo, e soprattutto lo sposta nella direzione sbagliata. La comprensione si muove nell'altro senso, la spiegazione dev'essere più facile della cosa spiegata.

Ecco perché possiamo fare a meno dell'idea di un creatore onnipotente dell'Universo. Sempre che questa sia una definizione adeguata di Dio, naturalmente.

Nella foto, un bel ritratto di Kurt Gödel, che tentò una prova ontologica dell'esistenza di Dio.

3 commenti:

  1. Bentornato!
    Btw come andò il tentativo di Godel?

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  2. Ciao. Non saprei ma essendo una prova di tipo rigorosamente logico, credo che sia valida una volta che se ne accettino le premesse. So che è stata pubblicata in tempi non lontani con la prefazione di Odifreddi

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  3. Mi son trovato, tempo fa, a rispondere ad alcuni testimoni di Geova che avanzavano questo argomento: son contento di aver risposto identificando correttamente le fallacie logiche.
    La cosa più divertende, analizzando l'opuscoletto "scientifico" con cui affrontano l'argomento, è l'incredibile contrapposizione tra la puntigliosità usata nel criticare la scienza tentando di dimostrarne l'insussistenza e la superficialità acritica con cui accettano l'esistenza di dio.

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