Richard
Dawkins, nel suo libro L'illusione di Dio, si dice abbastanza convinto di avere dimostrato
l'inesistenza di un sommo artefice dell'universo (o quel che si intende
generalmente con l'ambigua espressione "Dio"). Naturalmente si tratta
di quel genere di dimostrazione che in realtà lascia più o meno tutto come sta, nel senso che convincerà gli atei e troverà scettici i credenti.
Se non
altro, è un argomento che ho trovato
abbastanza nuovo e originale (anche se questo non significa che lo sia davvero,
non essendo il sottoscritto esattamente un dottore in teologia) e che non mi
pare che abbia in fondo trovato degna rappresentazione e discussione nella
blogosfera. Ecco perché vorrei, abbastanza brevemente
e semplicemente, riassumerlo.
Come noto
uno degli argomenti più classici a favore
dell'esistenza di un sommo creatore è quello di William Paley
(1743-1805) in cui si ipotizza che un passante trovi per terra un orologio.
Nessuno sano di mente, sostiene Paley, potrebbe pensare che quell'insieme di
pezzi così preciso, così ordinatamente assemblato, così complicato, possa essere frutto del semplice e ignorante
caso. Chiunque arriverebbe subito alla conclusione che un oggetto che svolge la
sua funzione in modo così mirabile sia stato
volontariamente progettato da qualcuno in modo tale da svolgerla, qualcuno di
intelligente. Nella fattispecie il passante che formulasse una tale ipotesi
avrebbe quasi certamente ragione: un orologio è il segno lasciato da un
orologiaio, pochi dubbi su questo.
Analogamente,
secondo la linea di pensiero teista, la natura stessa è un meccanismo di troppo mirabile perfezione per credere
che sia venuta fuori dal nulla o dal caso: l'universo stesso, con le sue leggi,
con le sue creature, è il segno dell'esistenza di un
creatore superintelligente. Prova ne è che nessuno di noi, nemmeno
quelli che sanno fabbricare orologi, sarebbe in grado di costruire entità ancora più complesse come i fiori, gli
insetti, o un uomo. Ancora più improbabile che nel caso
dell'orologio, quindi, che a farlo sia stato il caso.
L'argomento
è onestamente ben formulato e a un primo sguardo
convincente, ma l'ateo, una volta esaminatolo, può ben rispondere che in realtà l'ipotesi dell'orologiaio, benché vera, è lungi dal rispondere
all'enigma dell'esistenza dell'orologio, perché non fa altro che spostare il
problema. Ovvero, una volta che abbiamo appurato che è stato un orologiaio a far venire all'esistenza l'orologio,
resta pur sempre il problema di spiegare l'esistenza dell'orologiaio. Per fare
un esempio moderno, secondo alcune ipotesi fantascientifiche la vita in realtà non si è sviluppata sulla Terra ma su
altre galassie, i cui abitanti milioni di anni fa hanno colonizzato la nostra.
Ebbene, sono in pochi che accetterebbero questa come una
"spiegazione" dell'origine della vita. Anche se fosse vero che la
vita si è sviluppata in altri pianeti e
solo dopo diffusasi sul nostro, noi vogliamo sapere come ha avuto origine su
quegli altri pianeti.
Il
teista, naturalmente, ha una risposta al quesito su cosa ha creato
l'orologiaio, molto elegante nella sua semplicità. È stato Dio, ovvero il creatore di tutte le cose. L'ateo a
questo risponde: "Ok, e Dio chi l'ha creato?", e qui tradizionalmente
si arresta il dibattito in quanto tutti restano fermi sulle loro posizioni: il
teista che ritiene che non vi sia bisogno di postulare alcun altro ente oltre a
Dio, il quale è per definizione il creatore
di tutto, e l'ateo nel quale rimane invece la sensazione che in tal modo non si
sia spiegato un bel niente.
La novità, rispetto ai tempi di Paley, e che viene sfruttata da
Dawkins, è che oggi abbiamo una risposta
più soddisfacente alla questione
"chi ha fatto l'orologiaio", anche se questo non significa ancora
rispondere a "chi ha fatto la vita, l'universo, e tutto quanto". Oggi
sappiamo, ed è una acquisizione scientifica,
non un semplice postulato filosofico, che a trasformare gli organismi semplici
in organismi via via più complessi, fino alla
costruzione di organismi iper-complicati in grado di costruire altri meccanismi
come un orologio, è stata una forza chiamata
"evoluzione tramite selezione darwiniana".
Il punto,
qui, non è sostituire la scienza alla
fede in un atto di arroganza intellettuale, ma rendersi conto che la
spiegazione scientifica è più soddisfacente per l'intelletto perché va nella direzione giusta: ovvero, non spiega qualcosa di
complesso a partire da qualcosa di ancora più complesso, l'orologio
dall'orologiaio, lasciandoci così ultimamente insoddisfatti, ma
spiega qualcosa di complesso a partire da qualcosa di più semplice, ed è questa la grande forza della
teoria dell'evoluzione.
L'argomento
di Dawkins si riduce quindi a questo: che spiegare l'esistenza dell'universo
tramite Dio è una mossa che, per quanto non
sia logicamente incoerente, da un punto di vista razionale e scientifico va
sicuramente nella direzione sbagliata: spiega qualcosa di mostruosamente
complesso, l'universo, con qualcosa di ancora più mostruosamente complesso,
ovvero un ente al cui confronto il nostro orologiaio sparisce: un ente di
intelligenza infinita, e dalle capacità illimitate.
Si
potrebbe sostenere, certamente, che nulla obbliga a pensare a Dio come a un
ente complesso, ma è anche vero che è proprio questa l'implicazione dell'argomento dell'orologio
di Paley: per fare un orologio, meccanismo complicato avente un comportamento
semi- o simil-intelligente, occorre un organismo intelligente, e intelligenza
significa complessità, e per fare un organismo
intelligente come l'orologiaio, occorrerà allora un organismo
super-intelligente e supercomplesso.
Ma più procediamo nei gradi crescenti di complessità, più aumentano le cose da
spiegare, lungi dal diminuire. Nulla di tutto questo nell'ipotesi darwiniana:
l'esistenza dell'uomo si spiega effettivamente partendo da qualcosa di più semplice, ovvero dall'esistenza di entità autoreplicanti, soggette ad errore di copiatura, che si
riproducono in maniera differente in risposta alle stimolazioni dell'ambiente. È così possibile spiegare, in
maniera quasi del tutto soddisfacente, l'esistenza dell'uomo a partire
dell'esistenza dei primi organismi unicellulari.
Il che
non significa certo aver spiegato tutto: non sappiamo ad esempio come siano
nati quei primi organismi cellulari, e non sappiamo nemmeno come sia nato
l'universo, Quel che sappiamo è come non rispondere. Dire che
la vita sulla Terra è nata per opera di Dio, o se è per questo per opera di creature extraterrestri
provenienti da un'altra galassia, non risolve il problema, non fa che
spostarlo, e soprattutto lo sposta nella direzione sbagliata. La comprensione
si muove nell'altro senso, la spiegazione dev'essere più facile della cosa spiegata.
Ecco
perché possiamo fare a meno
dell'idea di un creatore onnipotente dell'Universo. Sempre che questa sia una
definizione adeguata di Dio, naturalmente.
Nella foto, un bel ritratto di Kurt Gödel, che tentò una prova ontologica dell'esistenza di Dio.
Bentornato!
RispondiEliminaBtw come andò il tentativo di Godel?
Ciao. Non saprei ma essendo una prova di tipo rigorosamente logico, credo che sia valida una volta che se ne accettino le premesse. So che è stata pubblicata in tempi non lontani con la prefazione di Odifreddi
RispondiEliminaMi son trovato, tempo fa, a rispondere ad alcuni testimoni di Geova che avanzavano questo argomento: son contento di aver risposto identificando correttamente le fallacie logiche.
RispondiEliminaLa cosa più divertende, analizzando l'opuscoletto "scientifico" con cui affrontano l'argomento, è l'incredibile contrapposizione tra la puntigliosità usata nel criticare la scienza tentando di dimostrarne l'insussistenza e la superficialità acritica con cui accettano l'esistenza di dio.