sabato 5 luglio 2008

critica della ragione cospirazionista

Possiamo ingannare tutti, una volta sola,
oppure ingannare uno solo ogni volta,
ma non possiamo ingannare tutti ogni volta
– Abramo Lincoln


Questo articolo non intende portare nuovi dati o argomenti a favore o contro la visione comunemente accettata riguardo gli attentati terroristici dell’11 settembre. L’autore non è un esperto di aeronautica, di esplosivi, di ingegneria strutturale, di termodinamica, o chissà che altro: la sua formazione è piuttosto di tipo filosofico. Lo scopo di questo intervento, quindi, è analizzare e criticare da un punto di vista epistemologico i metodi di ricerca e la strategia culturale che stanno dietro gli argomenti e le tesi dei cospirazionisti.

Al di là del ragionevole dubbio

Chiunque abbia studiato anche un poco di filosofia della scienza sa che c’è una cosa che bisogna riconoscere anche al cospirazionista più sfegatato e fantasioso, una cosa riguardo la quale non si può dire che abbia torto: niente è mai provato in maniera definitiva, e di tutto è possibile dubitare, anche di quello che oggi ci appare più certo ed evidente. Potrebbe sembrare, quindi, che il cospirazionista, nel mettere continuamente in dubbio i risultati delle “indagini ufficiali” su qualsivoglia argomento, non faccia altro che tradurre nella propria pratica di vita e di ricerca quello che è uno dei risultati maggiormente acquisiti dell’epistemologia dell’ultimo secolo, ovvero la lezione dello scetticismo, e la natura sfuggente e inattingibile della verità ultima.

Detto questo, però, occorre precisare meglio la portata e i limiti delle precedenti affermazioni. Innanzitutto potrebbe essere utile una distinzione fra certezza epistemica e certezza morale: infatti è vero che non abbiamo certezze epistemiche, ma abbiamo alcune certezze morali. La distinzione, in parole povere, è fra quando mi diverto a mettere in dubbio qualcosa solo per un puro passatempo intellettuale e quella mancanza di certezza che rende davvero difficoltoso passare all’azione.

Per esempio: niente potrà mai darmi la certezza assoluta che il fungo che sto per mangiare non è velenoso, neppure le analisi chimiche più approfondite. Eppure tutti noi mettiamo periodicamente a repentaglio le nostre stesse vite mettendoci a mangiare funghi quando ne abbiamo voglia, il che significa avere la certezza morale che quel fungo è mangereccio. Solo un filosofo potrebbe dubitare della realtà del mondo esterno, o delle altre menti, solo una persona incredibilmente tenace potrebbe continuare a credere, oggi, che il Sole giri intorno alla Terra, solo un pazzo può pensare che due più due non faccia effettivamente quattro, e solo un cospirazionista può credere che lo sbarco sulla Luna fosse una messinscena cinematografica.

Siamo quindi già in grado di indicare un primo difetto del modo di pensare cospirazionista, ovvero la mancata distinzione tra la mancanza di certezza morale e la mancanza di certezza epistemica, quella distinzione che è anche adombrata nel principio giuridico della presunzione d’innocenza, nella formula “ognuno è innocente finché non sia provata la sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio”. Non ogni dubbio possibile e immaginabile: ogni dubbio ragionevole.

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(Il seguito di questo articolo è pubblicato qui)

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