venerdì 14 aprile 2017

le migliori frasi di Albert Einstein



Una volta Albert Einstein ricevette la visita di un professore universitario, che era andato da lui per interrogarlo sulla teoria della relatività. Einstein servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. “È ricolma. Non ce n’entra più!”. “Come questa tazza” disse Einstein “tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti la relatività, se prima non vuoti la tua tazza?”. 

“Per mettere il mondo in ordine, dobbiamo mettere la nazione in ordine. Per mettere la nazione in ordine, dobbiamo mettere la famiglia in ordine. Per mettere la famiglia in ordine, dobbiamo coltivare la nostra vita personale. Per coltivare la nostra vita personale, dobbiamo prima mettere a posto i nostri cuori” (dalla lettera di Albert Einstein a Franklin Delano Roosevelt del 7 maggio 1940).


Una volta un giornalista chiese ad Albert Einstein se non si sentisse responsabile degli orrori di Nagasaki e Hiroshima. Il celebre scienziato, dopo aver a lungo meditato, rispose: “Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se la teoria della relatività non è stata che morte e distruzione, e non invece una passione superba della migliore gioventù accademica, a me la colpa! Se la fisica teorica è stata un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una teoria scientifica!”.


Si racconta che Einstein usasse per scrivere ed elaborare le sue teorie soltanto dei fogli di carta, una matita, e un cestino, dormendo nel suo laboratorio; quando un giorno vide un filosofo fare lezione. Allora tornato nel suo laboratorio gettò via il cestino esclamando “un gentile mi ha dato una lezione di semplicità”. Quel filosofo era Martin Heidegger.


Quando gli chiesero come stava in seguito alla morte della moglie, Albert Einstein rispose: “Se ti affezioni ad una pentola, pur sapendo che è di terracotta, non ti lamentare se si rompe. Nello stesso modo, quando baci tua moglie o tuo figlio, di' sempre a te stesso che stai baciando un mortale, affinché, se poi muoiono, tu non abbia a rimanere sconcertato”.


Albert Einstein, quando insegnava a Princeton, usava iniziare la prima lezione dell’anno accademico con queste parole: “A che cosa possiamo paragonare la teoria della relatività? Come possiamo descriverla? Essa è come un granellino di senape che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra”.


“Se mi conficchi un coltello nella schiena per ventitré centimetri e ne tiri fuori quindici, non c'è stato un miglioramento. Se lo tiri fuori del tutto non c'è stato un miglioramento. Il miglioramento è curare la ferita che il colpo ha causato. E loro non l'hanno neanche tirato fuori il coltello, neanche a parlarne di curare la ferita. Loro non ammetterebbero neanche l'esistenza del coltello” (dichiarazione di Albert Einstein alla polizia dopo essere stato accoltellato da un gruppo di fanatici antisemiti nel 1937).


“Noi ora siamo più popolari di Gesù, non so cosa finirà prima, se la teoria della relatività o il cristianesimo”, rispose Einstein nel 1966 a un giornalista che gli chiedeva di commentare la sua fama.  


“Il povero ha un odore diverso dal ricco, molto più forte, vicino a quello del nero” (Albert Einstein in un fuori-onda durante un'intervista alla BBC del 1945).

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