domenica 15 agosto 2010

falsità convenzionali


L'immagine è solo marginalmente correlata all'articolo, ma è stata scattata appositamente per me dalla mia amica Elisa Gianola (diritti riservati), quindi se non vi piace l'articolo ma vi piace la foto siete pregati di votarmi lo stesso per il Macchianera Blog Award.

In attesa che l'epidemiologia delle credenze diventi una disciplina vera e propria credo che si possano identificare alcuni schemi fissi, alcuni motivi ricorrenti, dietro al fascino di certe leggende urbane, di certi miti diffusi spesso anche nel mondo accademico.
Oggi non parlerò di teorie cospirazioniste, che nel loro delirio abbisognano di spiegazioni a parte. Il fatto è che tutti (ma in particolare, lo devo riconoscere, coloro che hanno a che fare con discipline umanistiche e filosofiche) abbiamo avuto esperienza di teorie palesemente assurde che però diventano misteriosamente mainstream e quasi universalmente accettate, ovvero con le "falsità convenzionali". Credo che il fascino di certe credenze e il motivo della loro diffusione risieda proprio in questo, nel nostro amore (spesso fruttuoso) per i paradossi: è difficile resistere a una teoria che va contro ogni nostra intuizione ma che è anche profondamente ricca di implicazioni, e che quindi ci fa vedere il mondo in una luce diversa.
L'esempio più chiaro che mi viene in mente è la teoria psicanalitica di Freud. La psicanalisi ha cambiato il mondo, non ci sono dubbi sul suo grande impatto sulla cultura contemporanea, ma c'è un solo piccolo problema: è empiricamente falsa, in quanto ognuno di noi può testimoniare che mai gli è passato per l'anticamera del cervello di fare l'amore con la propria madre. Freud naturalmente risponderebbe subito che proprio la ripulsa che proviamo per l'incesto è segno della censura operata dal superego sui nostri desideri inconsci, il che è solo una spiegazione ad hoc (un classico "testa vinco io, croce perdi tu"), solo con questa semplice mossa ci ha già fregati, perché per non passare per bigotti siamo costretti a considerare l'idea, a esplorarne tutte le implicazioni: alcuni tasselli che compongono la nostra visione del mondo vengono spostati per fare qualche tentativo, finché a un certo punto non scatta qualcosa nella testa che ci dice "ehi, ma questa è una figata! sarebbe pazzesco se fosse davvero così, perché non ci ho pensato prima?".
I filosofi in particolare, dicevo, amano stupire il prossimo con ragionamenti paradossali, la cui accettazione più o meno supina dipende dal prestigio di cui gode il filosofo o più in generale dallo zeitgeist: non ci siamo ancora liberati del tutto, e forse non ci libereremo mai, dai wittgensteiniani, gente convinta che pure quando stiamo sulla tazza del cesso quel che facciamo, in realtà, è "gioco linguistico", per non parlare dei decostruzionisti, i quali credono che qualsiasi testo, comprese le istruzioni per il montaggio dei mobili Ikea, non parli in realtà di nient'altro che di se stesso, vanificando da solo ogni pretesa di riferirsi ad altro fuori da sé (è per questo che ce ne serviamo, no?).
Ciò che di solito spinge i filosofi, però, è davvero l'amore del paradosso per il gusto del paradosso mentre le cose diventano un po' più complicate per quanto riguarda il terreno della psicologia o della sociologia, dove le considerazioni ideologiche e talvolta il mero wishful thinking collaborano sovente alla distorsione della realtà. È del tutto illusorio aspettarsi di trovare, nei manuali ad uso delle scuole, una descrizione realistica del funzionamento delle nostre società o delle pulsioni che spingono gli individui ad agire in determinati modi: c'è scritto solo quello che la gente vuole sentirsi dire, hanno una funzione perlopiù consolatoria.
Un esempio sul quale mi è capitato di discutere recentemente è il fenomeno del bullismo. Fino a qualche tempo fa la descrizione più ricorrente del fenomeno (ancora popolare tra i non specialisti) tratteggiava la figura del bullo, violento e aggressivo, come motivata da una scarsa considerazione di se stesso, una bassa autostima e una personalità fragile e insicura. Le ricerche più recenti hanno messo in luce come a questa teoria manchi un qualsiasi supporto empirico (l'evidenza conduce piuttosto alla conclusione opposta, ovvero che i bulli hanno un'alta considerazione di sé e pochissima per gli altri, e proprio per questo tendono ad essere violenti) ma quello che dovrebbe sorprendere, in primo luogo, è che qualcuno abbia mai potuto pensare una cosa del genere, e che sia stato pure ascoltato.
Perché mai chi sfrutta la propria superiorità fisica per vessare gli altri, avendo pure successo e traendo conferme dal proprio atteggiamento, dovrebbe sentirsi insicuro? Davvero si pensa che, fra carnefice e vittima, quello che sta male sia il carnefice? Ma la cura dell'autostima sembra essere diventata la panacea di tutti i mali, non solo del bullismo. Qualcuno forse è convinto che dare lezioni di autostima a Totò Riina aiuterebbe a risolvere il problema della criminalità organizzata.
Passiamo ad altro mito psico-pedagogico, tuttora insegnato: la teoria dell'attaccamento di Bowlby (la più popolare sul rapporto madre-figlio, dopo Freud). I primi mesi di vita, sostiene Bowlby, sono fondamentali perché i comportamenti relazionali futuri dipendono dalla qualità dell'attaccamento alla madre, che dipende dalla sua sua sensibilità e disponibilità. Se l'attaccamento è insicuro tutti i rapporti costruiti in futuro con altre personalità saranno caratterizzati da fragilità e instabilità emotiva, mentre se si stabilisce una relazione di attaccamento adeguata (se il bambino riceve abbastanza protezione, senso di sicurezza, e affetto dalla figura di riferimento) avremo uno sviluppo ottimale della personalità. Per farla breve, è la teoria: "poveretto, si vede che ha i genitori separati".
Peccato che Bowlby non abbia pensato a verificare se il comportamento tenuto dai bambini nell'ambiente familiare avesse qualche correlazione con quello tenuto nell'ambiente scolastico o dei propri compagni di gioco, o controllare che tali modelli perdurassero nell'età adulta. Perché si dà il caso che, escludendo le variabili genetiche (i figli tendono ad assomigliare ai genitori) non vi sia alcuna correlazione. Ma per questo non c'era bisogno di fare delle ricerche, anche se è bene non fidarsi delle impressioni personali. Ad esempio, basta considerare a quanti è capitato di incontrare il classico angioletto bene educato che è la gioia dei genitori, il quale si trasforma in una psicopatica creatura lovecraftiana dall'immenso potere distruttore non appena è fuori dalla loro portata. Le persone si adattano all'ambiente che trovano, e non avrebbe alcun senso, ai fini della sopravvivenza, ricopiare pedissequamente i modelli comportamentali appresi in un contesto per riprodurli ovunque. La teoria dell'attaccamento non ha altra funzione che quella di individuare facilmente i responsabili di un cattivo esito educativo.
Continuando, secondo Gregory Bateson la schizofrenia è un effetto del "doppio vincolo", ovvero di messaggi ambigui. Ovvero, se insistete a dare messaggi contraddittori ai vostri pargoli, quelli rischiano di diventare schizofrenici. Esempio (tratto dall'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche): "la madre torna a casa carica di pacchi della spesa […] il figlio di sei anni le si fa incontro, pronto ad abbracciarla. La madre gli dice: 'Abbracciami, perché non mi abbracci?', mentre invece questo evidentemente è impossibile, dato che ha in mano i pacchetti". Miseriaccia, l'avreste mai detto che un incidente così banale può portare a una cosa seria come la schizofrenia?
A proposito di Freud, oltre al complesso di Edipo, si potrebbero citare altre amenità, come l'invidia del pene, che fanno tanto arrabbiare le femministe, salvo che le femministe hanno poco da gioire perché sono fra le principali responsabili della diffusione di teorie non meno assurde di quelle freudiane. Una delle mie preferite è quella della diffusione delle società matriarcali anteriori, in età paleolitica, al presente patriarcato, oppressivo e maschilista e ovviamente responsabile di tutte le guerre e le violenze. Classico esempio di evidenza che va tutta da un parte (conoscete molte società matriarcali, voi?) e teoria che va nella direzione opposta (il matriarcato è il vero stato "naturale" dell'umanità).
Molte femministe, poi, sono anche convinte che la nostra attuale società occidentale sia "particolarmente" oppressiva per loro, e anche questo, non c'è bisogno di dirlo, va contro ogni evidenza. Le società che opprimono la donna, è banale ma vale la pena ricordarlo, non sono quelle con i manifesti pubblicitari e le donne nude attaccate ovunque, ma quelle dove le donne nude non si vedono proprio mai (qualsiasi giudizio si voglia dare sul buon gusto di certe immagini). E quelle sono anche le società dove si consumano più spesso le violenze contro le donne. Solo che non vogliamo sentircelo dire, forse perché in tal modo ci verrebbe a mancare un capro espiatorio (che non sia la natura umana) per quelle violenze che ancora avvengono.
La rassegna finisce qui perché altrimenti divento troppo polemico, e io non ce l'ho con nessuno. Riflettevo sulla possibile utilità di certe teorie, perché la storia naturalmente offre anche mirabili esempi di teorie del tutto controintuitive rivelatesi giuste: la teoria copernicana ci dice che il Sole è fermo, contro le apparenze, ed è la Terra a muoversi ad altissima velocità nonostante noi non ci accorgiamo di nulla. E i persino i continenti si muovono, avvicinandosi e allontanandosi l'uno dall'altro, grazie a forze che facciamo fatica a immaginare (cosa può spostare un continente?).
Però Galileo e Wegener non avevano incontrato da subito il plauso incondizionato della comunità scientifica. Tutto al contrario, come sappiamo. Questo non è mica un male, nonostante le modalità meschine con cui si è cercato di mettere Galileo a tacere: le teorie scientifiche innovative devono essere criticate, anche a costo di fare la figura dei vecchi conservatori, in modo da permetterci di capire quali hanno davvero speranze e quali sono semplice fuffa. Oggi che tutti vorrebbero essere dei rivoluzionari, il problema della scienza è quello di proteggersi dai Galileo, ed evitare quindi di abbracciare qualsiasi sciocchezza solo perché in contrasto col sapere tramandato e addirittura col buon senso (penso all'omeopatia, penso al creazionismo). O magari perché è conveniente da un punto di vista politico.

15 commenti:

  1. E vogliamo parlare del contributo di J. M. Keynes, che nonostante fosse monnezza al 95%, divenne il Vangelo in economia per 40 anni e che ancora non ha smesso di ammorbarci? (Qui già mi aspetto una valanga di critiche, ahahahaha)

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  2. beh, forse siamo nell'ambito delle controversie già più difficili da dipanare. però la favolina della depressione colpa del liberismo sfrenato e di Keynes che salva il mondo col New Deal in effetti ha rotto le scatole.

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  3. Oddio, penso alla "Rivoluzione Culturale" che molti agitatori di libretto rosso con su scritto quattro pensierini da III elemetare consideravano il "nuovo orizzonte", vedendo oggi una Cina mezzo capitalista che diventa la II potenza mondiale per PIL prodotto...

    Cordialità

    Attila

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  4. Sicuramente non ho la cultura necessaria per comprendere molte delle teorie citate in questo articolo, pur senza entrare nel merito dei singoli fatti, mi è parso leggermente inopportuno unire il caso di Copernico con quello di Freud (e altri).

    Secondo me c'è una differenza importante: nel primo si tratta di scienze esatte, nel secondo no. Che ne dite?

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  5. Ho messo insieme teorie la cui caratteristica è quella di essere controintuitive, senza riguardo al loro status epistemologico. Mi è stato fatto notare (sul mio friendfeed), però, che le scienze esatte sono spesso paradossali perché si estendono ben al di là di quella che è la comune esperienza umana, mentre per le scienze umane dovremmo essere un po' più "adattati".

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  6. Phil o Fil (come volete)17 agosto 2010 alle ore 01:35

    Oh cazzo quanto godo quando te la prendi con la psicologia!

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  7. Scusa, ma non ho capito un piccolo passaggio del tuo post: cosa c'entra la "Enciclopedia multimediale delle scienze FILOSOFICHE" con la schizofrenia?

    Mi sarei aspettato che la schizofrenia venisse descritta in una teoria medica o biologica: dopo tutto, mi pare che abbia delle cause fisiologiche (anche se ancora per niente ben chiarite).

    Questa non e' una critica, al massimo una conferma di quanto scrivi tu.

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  8. Oh, beh: e' come quel gatto mannaro che sosteneva che i rospi non esistono...

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  9. a tanti intelettuali piace epater le bourgeois ma a te Thomas piace tanto epater les intellos:-)

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  10. @Thomas Morton

    Vorrei che quel deficiente andasse da un gruppo di persone affette da disagio mentale a dirgli che non sono malate, ma che hanno solo degli "artifizi semantici".
    Credo che prenderebbe una lunga lista di calci nel deretano.

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  13. Blaise Bailey Finnegan III25 agosto 2010 alle ore 19:39

    Riguardo Bateson:

    1. Non affermava che un singolo episodio della mamma coi pacchi in mano che chiede l'abbraccio impossibile basti a scatenare la schizofrenia. Bateson parlava di esposizione ripetuta in ambiente familiare a messaggi incongruenti, in cui l'individuo che tiene in mano il rapporto affettivo (il genitore) pone costantemente l'altro (il figlio) in situazioni contraddittorie senza dargli la possibilità di uscirne o di definirle.

    2. Bateson supporta le sue teorie sulla genesi di determinati disturbi psicologici con esperimenti di laboratorio, esperimenti che riporta nel dettaglio nei suoi articoli.
    Si può dire che Bateson abbia tratto conclusioni fuorvianti o false, ma è scorretto dipingerlo come uno che costruiva le sue teorie solo con opinioni e senza confronti empirici.
    Parimenti scorretto è ridurre le sue teorie all'esempio singolo della mamma coi pacchetti.

    Farlo significa cadere in una brutta fallacia, quella dello "spaventapasseri" (Straw man), in cui si fa una caricatura falsata di una determinata posizione per poi attaccarla a proprio uso e consumo.

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  14. Scusami Finnegan qualcosa. il tuo commento era stato classificato come spam da blogger, non sono io che ti ho censurato. comunque, riguardo a quel che dici, rispondo che confido nel fatto che chi mi legge sappia comprendere quando calco un po' la mano.

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