venerdì 12 novembre 2010
ecologisti e kamikaze
Il comportamento umano è uno dei materiali (checché ne dicano certi psicologi) meno malleabili e più difficili da trattare che esistano. Se volete risolvere un problema con la vostra automobile, portatela dal vostro meccanico, e ci sono ottime probabilità che lo risolverà. Se perde il lavandino, chiamate l'idraulico. Vi costerà un occhio della testa, ma il lavandino dopo funzionerà correttamente. Ma se avete un problema da gestire con una persona, o peggio ancora con una massa di persone, con una collettività, cominciate a invocare tutti gli dei che conoscete, anche quelli mai esistiti (non si sa mai).
Non che sia impossibile far fare a qualcuno quello che si vuole, solo che a volte è meno facile di quello che sembra, e spesso ci sono conseguenze e contraccolpi imprevisti delle nostre "strategie", perché il comportamento umano è una cosa estremamente complessa, che non risponde a rigide leggi meccaniche. Uno dei settori più ricchi di esempi, è quello del traffico, esplorato con una certa abilità divulgativa da Tom Valberbilt nel libro Trafficologia.
Supponiamo che una strada appaia come pericolosa perché eccessivamente stretta e trafficata, e si decida di porre rimedio raddoppiando la carreggiata: l'esito più probabile, anche se paradossale, di questo rimedio, è un aumento del numero di incidenti stradali su quel tratto di strada. E la causa di questo è proprio l'aumentata percezione di sicurezza, che fa allentare troppo l'attenzione di chi guida, che quindi si mette a correre più veloce e fa più incidenti. In altre parole, più una strada è sicura, meno lo è.
Non solo la strada sarà più pericolosa, ma probabilmente non verrà risolto nemmeno il problema della congestione stradale, perché non appena si spargerà la voce molti più autisti di prima decideranno di fare quel percorso, invece di farne uno alternativo, e quindi il numero complessivo di macchine che circolano su quel tratto aumenterà vanificando quel che si è ottenuto raddoppiando la carreggiata. Senza contare che la nuova strada può attirare investimenti e attività immobiliari lungo il proprio percorso (un cittadino potrebbe decidere, per esempio, che ora che c'è quella strada potrebbe anche valere la pena di andare ad abitare venti chilometri fuori dal centro), e quindi nuovo trafffico.
Per risolvere il problema del traffico, quindi, occorre un'altra strategia. Una potrebbe essere quella di convincere tutti a fare un uso maggiore di mezzi pubblici, o della bici, o addirittura andare a piedi, facendo appello alla responsabilità personale e al senso di sacrificio. È un approccio che ha scarse possibilità di successo, come si può immaginare. Le persone sono mediamente egoiste, e non sacrificano volentieri il loro interesse personale per il bene comune, a meno che non siano estremamente ben motivate, tipo i kamikaze giapponesi, che forse però non rappresentano un esempio troppo positivo. Il noto "dilemma del prigioniero", in teoria dei giochi, illustra come questa ricerca del proprio tornaconto possa ritorcersi contro di noi, senza che ciò ci persuada a cambiare atteggiamento.
Le persone rispondono agli incentivi, e allora, visto che tendono a pensare a se stesse, un modo per costringerle a cambiare atteggiamento potrebbe essere quello di tassare la circolazione stradale. Questo non si potrebbe neanche definire un provvedimento illiberale, perché consisterebbe semplicemente nel far pagare ai singoli individui la risorsa comune da loro utilizzata a scapito della comunità. È il noto problema delle "esternalità": alcune nostre azioni hanno inevitabilmente dei costi (o a volte anche dei benefici) anche per gli altri. Se decido di fare un'orgia a casa mia di notte con sei cubiste minorenni ubriache, può darsi che poi i vicini si lamentino per i rumori molesti, per non parlare delle tracce di vomito e altri residui organici sul pianerottolo. Se decido di imboccare una strada durante l'ora di punta, devo tener presente che la mia azione contribuirà alla congestione del traffico generale: l'ideale sarebbe che meno persone circolassero, in modo da tenere libera la strada per gli altri, ma chi decide chi far circolare e chi no? Introducendo un pedaggio (magari proporzionale proprio al livello di congestione presente in un dato momento) ci si assicura che solo chi ha più bisogno affronti quel costo, e costui trarrà comunque beneficio dal tempo guadagnato.
Ma anche questo approccio degli incentivi, benché più sensato e razionale del precedente, non garantisce risultati certi, in virtù dell'imprevedibilità di cui dicevamo, e può anzi avere effetti indesiderati. Un esempio (tratto da un caso reale): in un certa scuola elementare molti genitori hanno la tendenza a presentarsi in ritardo rispetto all'orario di chiusura per venire a prendere i figli, costringendo il personale ad aspettarli. La direzione decide allora di istituire una lieve multa per chi arriva tardi, in modo da incentivare la puntualità. Ebbene, il probabile esito di una simile strategia è un aumento dei ritardi. L'introduzione della multa libera i genitori dal senso di colpa per il ritardo e incentiva, in effetti, a fregarsene: dopotutto stanno pagando per tenere i figli a scuola oltre l'orario. Un piccolo memento del fatto che le persone non sono automi e l'ingegneria sociale non è una scienza semplice.
Oppure, meglio ancora, qualcuno potrebbe inventare un nuovo mezzo di trasporto. Una versione economica e alla portata di tutti del teletrasporto di Star Trek, ad esempio, risolverebbe un sacco di problemi. Purtroppo allo stato attuale la scienza non pare molto vicina a una scoperta del genere, per cui dobbiamo sperare in qualcosa di meno definitivo (ma non disperare in qualcosa che possa migliorare l'esistente, almeno).
Come noto, esiste un certo problema, che tiene sveglia molta gente, che consiste nel fatto che negli ultimi decenni la temperatura globale del pianeta sembra essersi alzata di qualche decimo di grado, il quale innalzamento potrebbe essere causato dall'attività umana, e dal rilascio nell'atmosfera di sostanze (i gas serra) che intrappolano il calore solare nell'atmosfera e non gli permette di disperdersi nel cosmo. Fino a qualche anno fa lo scetticismo su tali affermazioni aveva delle giustificazioni, ma oggi il consenso sulla realtà effettiva del riscaldamento è molto vasto, e anche quello sull'impatto dell'attività umana, mentre persiste, a mio avviso giustamente, una certa resistenza all'allarmismo, per non dire catastrofismo, di certi ambientalisti, e ai rimedi proposti da alcuni di loro.
Uno di essi, forse il più famoso di tutti, ovvero Al Gore, ha ricevuto anche un premio Nobel, quindi si potrebbe pensare che la soluzione che egli prospetta al problema sia la più pragmatica ed efficace, e quella con le maggiori probabilità di funzionare. E infatti, indovinate quale soluzione propone Al Gore? Dice che dobbiamo diventare tutti più buoni, essere più sensibili rispetto al bene del pianeta, smettere di inquinare, e cessare la corsa al progresso e al benessere materiale. E magari metterci una bandana in testa e urlare "Banzai!" mentre ci immoliamo per la causa. Un genio, certo.
Il problema, col riscaldamento globale, è che non è stato ancora individuato un sistema di incentivi efficace che prometta risultati concreti e che sia al tempo stesso abbastanza equo. Nel senso che dopo aver tratto beneficio per oltre due secoli dalla Rivoluzione Industriale sarebbe un po' inelegante, da parte delle nazioni occidentali, pretendere che paesi come India e Cina si comportino in maniera più virtuosa e responsabile (magari minacciando sanzioni) e rinuncino alla loro crescita economica. Senza contare che potrebbe essere troppo tardi, e che se anche con uno sforzo titanico riuscissimo a ridurre quasi a zero le emissioni di gas serra gli effetti si vedrebbero, forse, fra qualche decennio. È difficile impegnare un pianeta intero a un grosso sacrificio in vista di risultati nient'affatto garantiti e a lunghissima scadenza. Possiamo parlare di egoismo quanto si vuole, ma è con la razionalità che dovremmo prendercela.
Oppure possiamo inventare l'equivalente del teletrasporto e risolvere il problema del riscaldamento globale (quasi) senza sforzo. È l'approccio della geo-ingegneria che, ahimè, non sembra molto ben visto da molti ecologisti. Per esempio, e secondo quanto prospettato, fra gli altri che se ne occupano, nell'ultimo capitolo di Superfreakonomics (il seguito del bestseller di Steven Levitt e Stephen Dubner), si potrebbe riempire la stratosfera con relativamente modeste quantità di biossido di zolfo (che avrebbe l'effetto di riflettere i raggi solari e quindi raffreddare il pianeta). Come? con un piccolo tubo, ovviamente il più leggero possibile, tenuto su con dei palloni. Di primo acchito sembra un po' fantascientifico, ma fra le soluzioni studiate potrebbe essere la più economica e pratica, e avrebbe un costo minimo, soprattutto se confrontato con gli enormi costi degli accordi di Kyoto. Oppure, se non piace, si potrebbe aumentare artificialmente la quantità di nuvole negli oceani sparando ad alta quota i nuclei di condensazione (il sale marino) adatti alla formazione delle nubi (che rifletterebbero, ancora una volta, i raggi solari).
Rimedi che sono visti come eresie da moltissima gente (compreso il genio premio Nobel di cui sopra, Al Gore) per il fatto che… non sta bene alterare il naturale equilibrio del pianeta. Ma perché, fino ad ora cos'abbiamo fatto? non è proprio perché (a quanto si dice) abbiamo immesso troppi gas serra in atmosfera che ci troviamo in questa situazione? si dice anche che il rimedio potrebbe avere, anche in questo caso (dato che pure gli ecosistemi sono complessi) effetti non previsti e potenzialmente catastrofici. Quello di cui quest'obiezione non tiene conto è che in un certo senso si tratta invece di rimedi già testati. Il biossido di zolfo non sarebbe nemmeno il gas più efficace per raffreddare l'atmosfera ma è quello che talvolta viene sparato nella stratosfera dai vulcani in eruzione, ottenendo proprio un raffreddamento del clima globale. L'idea è semplicemente quella di non aspettare una serie fortuita di eruzioni catastrofiche, ma di immettere noi stessi la quantità necessaria di biossido di zolfo (processo controllabile e arrestabile in qualsiasi momento).
Per quanto riguarda l'altra idea (aumentare le copertura nuvolosa sugli oceani) è quello che già succede, in parte, grazie alle scie di condensazione degli aerei, che pare abbiano proprio un certo effetto anti-riscaldamento (complottisti delle scie chimiche, eccovi un bell'osso da addentare).
Si tratta di rimedi, ripeto, che sembrano provocare un immediato moto di ripulsa nella maggior parte delle persone (basta fare una ricerca su "geoingegneria" e leggere un po' di commenti in giro), e che quindi potrebbero fallire non perché intrinsecamente poco adatti, ma perché politicamente improponibili. Eppure, trovo molto divertente che maggiore è il grado di catastrofismo nei confronti dei possibili futuri scenari, maggiore è lo scetticismo nei confronti di questo tipo di rimedi: "Moriremo tutti! ma non fate niente, perché sarebbe peggio, preghiamo e basta". Questa naturalmente non è scienza, è millenarismo. È una religione fondamentalista, non troppo diversa dal fanatismo dei kamikaze di una volta.
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Metti anche che chi era preposto a studiare le problematiche ha avuto un atteggiamento un pochino "superficiale" nel trattamento dei dati, avvalorando le tesi più catastrofiste per quel che è sembrato a molti una questione di vil denaro alla propria agenzia, tipo "L'Himalaya non avrà più ghiacciai entro il 2035".
RispondiEliminaIl bello è che tutti quelli che sbraitano contro scienza e a favore del neopauperismo, vanno in crisi se impossibilitati ad avere una connessione internet per 24 ore...
Cordialità
Attila
Non solo la strada sarà più pericolosa, ma probabilmente non verrà risolto nemmeno il problema della congestione stradale, perché non appena si spargerà la voce molti più autisti di prima decideranno di fare quel percorso, invece di farne uno alternativo
RispondiEliminaCioè appena gli automobilisti sapranno che la strada è più pericolosa... faranno a gara per percorrerla?!
Non appena sapranno che la strada è stata allargata e quindi è (teoricamente) più veloce e sicura. Seriamente, non si capisce?
RispondiEliminaSi capisce si capisce!
RispondiEliminaNemmeno a me piace molto l'idea di risolvere il riscaldamento globale con sistemi artificiali, per un motivo molto razionale: se, com'è stato dimostrato, il pianeta Terra viveva di equilibri perfetti e dinamici nell'arco di ere geologiche, le modificazioni dell'uomo non sono solo potenzialmente dannose ma molto probabilmente dalle imprevedibili conseguenze. Non sottovaluterei quell'"imprevedibili", ed è per questo che preferirei una riduzione della produzione degli inquinanti. Poi è ovvio che se non fosse possibile mi butterei a pesce sulle finte eruzioni vulcaniche.
RispondiElimina(ps: c'è un refuso nella prima riga, credo)
(c'era un refuso, grazie)
RispondiEliminaNon credo sia stato dimostrato che il pianeta Terra vive di equilibri perfetti, perché non mi risulta una cosa del genere. Le catastrofi non sono solo quelle provocate dall'uomo, ma ce ne sono state di immani anche prima che l'uomo facesse la sua comparsa (esempio banale, l'evento che ha provocato l'estinzione dei dinosauri).
Trovo che vi sia qualcosa di superstizioso anche in questa visione della Natura benigna e come diretta verso un fine, da non disturbare pena punizioni certe. Noi siamo quelli col cervello e dobbiamo usarlo, e se poi distruggiamo il pianeta, beh, pazienza, ma almeno ci abbiamo provato. :-)
Se il riscaldamento globale è universalemente accettato non altrettanto mi sembra si possa dire dell'influenza "umana" su esso, ho sbaglio ?
RispondiEliminaComunque perchè preoccuparsi: la soluzione è spostare gli olandesi in Siberia (che sarà diventata coltivabile) :-)
PS
Diciamo che la scarsa stima e le feroci critiche ricevuto da Levitt dalla comunità di economisti per come abbia manipolato i dati per ottenere i suoi "risultati freak" non aiutano a prenderlo sul serio.
"Ho sbaglio" con l'acca merita la fustigazione. sorry
RispondiEliminaPost estremamente interessante, come sempre.
RispondiEliminaMi permetto un appunto: invochi spesso come metafora i kamikaze, facendo però torto ai protagonisti di una delle vicende più tragiche del secolo scorso. I kamikaze erano in diversi casi oppositori dell’oligarchia al potere; venivano selezionati per lo più fra gli studenti migliori, giovani uomini di grande cultura che hanno lasciato ampia traccia nei propri diari dell’angoscia di essere mandati a sacrificare la loro vita per qualcosa in cui non credevano affatto. Paradossalmente poi, proprio questi “paladini della nipponicità”, costituivano la porzione della società giapponese più impregnata, attraverso gli studi, della cultura occidentale.
Qualche mese fa mi è capitato in mano un libro sull’argomento, che penso troveresti molto interessante: “La vera storia dei kamikaze giapponesi. La militarizzazione dell'estetica nell'Impero del Sol Levante”, Emiko Ohnuki-Tierney, Ed. Monadori. Fra l’altro, penso troveresti molto interessante il tema principale del libro, che non è tanto la figura storica dei kamikaze (di cui comunque vengono riportati ampi stralci di diari), quanto il rapporto fra estetica e potere. In breve, la tematica principale è un’analisi di come il potere politico si appropri di un simbolo caro alla popolazione (in questo caso l’iconografia dei fiori di ciliegio e il satura) e vi sovrapponga una nuova interpretazione strumentale (la gloria dei giovani giapponesi che si immolano “come fiori di ciliegio” per l’Imperatore, una retorica introdotta solo dopo la restaurazione Meiji).
G.M.
l'esito più probabile, anche se paradossale, di questo rimedio, è un aumento del numero di incidenti stradali su quel tratto di strada
RispondiEliminaNon so nulla di trafficologia, ma la precedente affermazione mi ricorda le bubbole sulla ""compensazione dei rischi"" tirate in ballo dopo che un eminente poveraccio ebbe a dire:
non si può superare questo problema de l'Aids con la distribuzione di preservativi al contrario aumentano il problema
Bera: riguardo alle critiche a Levitt, ti riferisci forse alla questione dell'aborto e la correlazione col calo della criminalità?
RispondiEliminaGM: molto interessante.
Atlantropa: ovviamente l'oggetto del post non è esattamente la trafficologia, che viene usata solo come esempio, comunque si parla di quella tendenza, che va di moda da qualche anno, che prevede ad esempio di togliere quasi del tutto la segnalazione dalle strade, e i divieti, per responsabilizzare gli autisti e costringerli all'attenzione. Pare che funzioni.
Articolo stupendo! Sono felicissimo di poterti leggere caro Thomas.
RispondiEliminaPer una volta ho anche colto una tua fonte: Clay Shirky. :) Ho visto il video della sua presentazione mentre spiegava il paradosso dei "papà ricchi e ritardatari".
L'idea delle nubi artificiali è finanziata attualmente dalla fondazione Bill & Melissa Gates, non so a che punto sia. Invece quella del biossido d'azoto è semplicemente la più geniale ed economica.
Saluti,
michele.
Mi trovo di fronte la stessa risposta giornalmente (mi occupo di transfaunazioni e specie aliene): "lasciamo che la natura si equilibri da sola", con la variante occasionale del "intervenendo rischiamo di fare peggio".
RispondiEliminaCome se il creare un disequilibrio e la paura di correggere ancora peggio ci esimessero dal tentare di fare qualcosa.
Economicamente e logisticamente e' un problema molto simile a quello del riscaldamento globale.
Le soluzioni piu' efficaci sono economicamente e socialmente costose. Il dibattito sull'etica nel frattempo non permette l'intervento.
Esistono anche soluzioni a minore efficacia ma con costi economici e sociali irrisori, non si riescono ad imboccare perche' manca una volonta' e una coscienza che non si e' ancora formata.
non discuto che gli eventi catastrofici esistano, quel che è certo è che la natura, così com'è, funziona e quando c'ha messo le mani l'uomo le cose non sono mai andate granchè bene. non è che la Natura distribuisca punizioni, è che se elimino la foresta amazzonica e sparo in aria co2 in quantità industriale -è proprio il caso di dirlo- poi non è che mi posso stupire se abbiamo qualche problema di inquinamento.
RispondiEliminavisto che le conseguenze delle azioni umani non sono del tutto prevedibili,vale la pena rischiare di far peggio?
Anche, ma nel tempo ho letto diversi appunti al modo in cui imposta i problemi ed estrapola i dati da diversi economisti.
RispondiEliminaAd esempio ti allego questo pdf:
http://arielrubinstein.tau.ac.il/articles/FreakFreakonomics.pdf
dove ne trovi alcuni.
PS Comunque Levitt è una persona molto cortese (ho avuto modo di contattarlo via mail per alcuni chiarimenti.
non discuto che gli eventi catastrofici esistano, quel che è certo è che la natura, così com'è, funziona e quando c'ha messo le mani l'uomo le cose non sono mai andate granchè bene. non è che la Natura distribuisca punizioni, è che se elimino la foresta amazzonica e sparo in aria co2 in quantità industriale -è proprio il caso di dirlo- poi non è che mi posso stupire se abbiamo qualche problema di inquinamento.
RispondiEliminavisto che le conseguenze delle azioni umani non sono del tutto prevedibili,vale la pena rischiare di far peggio?
Ma appunto non e' la prima volta che succede che il pianeta si riscaldi, anche senza l'intervento dell'uomo.
E' vero che spesso quando cerchiamo di fare un intervento di correzione sui danni fatti dall'uomo le cose finiscono male.
Vedi come esempio la "lotta biologica" oppure ancora meglio le pulizie fatte sulle spiagge dopo il disastro exxon in Alaska. A distanza di anni le spiagge "pulite" sono ancora sterili mentre quelle "non pulite" sono messe meglio.
E' che siamo una razza poco disposta a fare sacrifici (anche piccoli) che magari rallentino il degrado. Viviamo nella speranza che qualcuno un giorno inventi l'auto che va ad acqua ma ci rompiamo le scatole ad andare coi mezzi pubblici. Ci lamentiamo della spazzatura a terra ma buttiamo i mozziconi di sigaretta perche' "poi si degradano, e' carta".
Salvo poi uscire con progetti arditi, bellissimi e magari anche efficaci (almeno sulla carta) per risolvere i problemi del mondo. Progetti che puntualmente non si fanno mai. Oltre a quelli citati nell'articolo anche quello di buttare limatura di ferro negli oceani per aumentare il fitoplankton e l'assorbimento di co2.
Condivido l'inizio del post: non puoi sperare di risolvere i problemi del traffico chiedendo alla gente per favore di non usare l'auto. Che vantaggio ne ho, e non uso l'auto invoglio solo il mio vicino di casa ad usare il suo SUV, mi sono sacrificato e non risolvo nulla.
RispondiEliminaLa soluzione deve:
(1) essere basata su una analisi realistica del problema, le soluzioni "ovvie" tipo allargare la strada non funzionano e
(2) essere applicata in termini politici, normativi (con divieti, pedaggi, permessi, ...) qualcosa che valga per tutti indipendentemente dai "buoni propositi".
I buoni propositi (spiegare e convincere sul vantaggio generale) servono per invogliare la gente ad applicare la soluzione politica, ma da soli non servono a nulla, anzi.
Vale lo stesso per il clima, però. Tutto sommato, leggendo i rapporti dell'IPCC mi sembra siano fin troppo cauti, ti raccontano cose relativamente certe e non quelle che POSSONO accadere ma speriamo di no. Immagino questo sia dovuto a veti incrociati, meglio non esagerare a spaventare la gente.
E vero che il nostro pianeta se ne guarda bene dallo stare in equilibrio. La storia geologica è piena di "salti", in cui il clima è schizzato da una situazione di quasi-equilibrio ad un'altra. Un bell'esempio è l'evento avvenuto 55 milioni di anni fa, in cui la temperatura, per un'immissione catastrofica di CO2 (eruzioni? meteorite?) schizzò in alto di diversi gradi. Si destabilizzarono gli idrati di metano, con conseguente effetto serra runaway, aumento di temperatura di 10 gradi, e tutto che ritorna normale in alcune decine di migliaia di anni. E un po' di specie in meno.
O la mamma di tutte le estinzioni di massa, alla fine del Permiano, con crisi climatica, oceani che diventano un "soda baking", e il 90% delle specie che si estinguono.
Non è detto si vada a finire in uno scenario del genere, ma neppure che non ci si vada. Per ora vedo sul sito della Sissa un bell'articolo che prevede la desertificazione dell'area mediterranea nel giro di un secolo.
E allora che fare?
RispondiEliminaFrancamente la geoingegneria mi mette i brividi. Innanzitutto perché è un "allargare la strada", se solamente si sa che c'è la possibilità di risolvere tutto con un po' di anidride solforosa, chi riduce più le emissioni? E se per qualche ragione si smette di colpo di farlo? Tempo 5 anni e l'effetto serra torna in tutto il suo vigore.
E poi funziona? Gli studi ci sono, e oltre a ridurre la temperatura, sembra che spargere aerosol tenda a spostare le precipitazioni dalla terraferma al mare. Gli esempi che abbiamo dai vulcani riguardano cali di temperatura dell'ordine della frazione di grado, ma per compensare 3-4 gradi, o più, non abbiamo idea di cosa potrebbe succedere.
Fino ad una decina di anni fa si pensava che le scie degli aerei avessero un effetto raffreddante. Oggi si sa che hanno un netto effetto riscaldante, perché schermano più gli infrarossi di notte di quanto riflettano la luce di giorno. Finché non provi non sai, è la regola base della scienza.
Quindi francamente non vedo alternative ad una robusta riduzione delle emissioni. Roba da eremiti? Non mi sembra, personalmente consumo 5 kWh/giorno (inclusa la mobilità per il motorino elettrico), e circa 250 mc di metano l'anno per il riscaldamento. E ho 3 computer ed una casa calda (e fresca d'estate, senza condizionatore).
Oltretutto ridurre i consumi, e spostarli dai combustibili fossili, mi sembra sia comunque una buona idea. Il petrolio è in plateau di produzione da 6-7 anni, metano ed uranio non dureranno ancora a lungo, e il carbone in Europa è finito da un po'.
è quello che già succede, in parte, grazie alle scie di condensazione degli aerei, che pare abbiano proprio un certo effetto anti-riscaldamento
RispondiEliminaAh, ti ho beccato a fare propaganda subliminale alle scie ;-)
Riguardo al paradosso dell'allargare la strada, mi vengono in mente due paradossi simili:
1) Gli uomini hanno migliori capacità spaziali delle donne => sono più sicuri di sé nella guida => sono più imprudenti => fanno più incidenti delle donne.
2) Arrivano troppi immigrati => le aziende cercano di investire direttamente nei loro luoghi di provenienza => rendono la produzione più efficiente => per fare quello che prima facevano mille lavoratori ora ne bastano duecento => gli altri ottocento emigrano => arrivano ancora più immigrati.
Riguardo al clima, ci sarebbe da parlarne per anni, ma mi limito a dire che sono d'accordo che la soluzione non è certo chiedere a Cina e India di limitare il proprio sviluppo.
Sarebbe come dire, che so, che gli attuali giovani prenderanno una pensione misera perché gli attuali vecchi ci sono andati con la retribuzione piena a 45 anni.
Leggendo il bel post e la discussione nei commenti mi è venuto un dubbio rispetto alla soluzione geoingegneria; alla fine ci ha pensato il nostro mitico astronomo tuttofare a evidenziarlo. Quoto.
RispondiEliminase solamente si sa che c'è la possibilità di risolvere tutto con un po' di anidride solforosa, chi riduce più le emissioni?
Michele.
Anidride solforosa? E le piogge acide conseguenti? Abbiamo impiegato trent'anni per evitare di spargere zolfo nella biosfera e adesso ci mettiamo a farlo apposta?
RispondiEliminaPiccoli passi per risparmi concreti sulle emissioni, questo ci vuole. Sul fatto che non si possa contare sulla buona volontà del singolo, non dispererei. Certamente serve una politica fiscale e sanzionatoria seria, ma insomma, anche l'educazione è importante.
@marko
RispondiEliminaQuel che evidenzia Norton è in fondo il "paradosso di Jevons" (o paradosso della strada larga, nel suo esempio).
Se si punta SOLO sul risparmio energetico, su una migliore efficienza, e soprattutto sugli sforzi dei singoli, il risultato finale è che le risorse liberate vengono consumate con maggior lena, e alla fine si consuma PIÙ di prima.
È profondamente controintuitivo, e ha provocato un sacco di guai. Purtroppo non ci sono grosse alternative al cercare di guidare i processi per piccoli passi, controllando i risultati ed affrontandoli simultaneamente da molti punti di vista. E simulare il tutto usando strumenti globali, come la "teoria dei sistemi". Le soluzioni "ovvie" non esistono.
riguardo all'anidride solforosa, però, faccio presente che il progetto di cui discuto (e che certamente può essere criticato) prevede l'immissione, nella stratosfera di una quantità infima di anidride solforosa, se confrontata con quella che già viene immessa nell'atmosfera tramite i processi industriali
RispondiElimina