mercoledì 28 ottobre 2015

analfabetismo e vaccini


Ho scritto un nuovo post sul blog dell'Indiscreto col quale mi inserisco in quello che può essere considerato il grande argomento di questi giorni: il dibattito sui vaccini. Contiene una piccola storia della variolizzazione (ovvero la protezione dal vaiolo prima della vaccinazione), una polemica settecentesca fra Bernoulli e d'Alembert relativa al calcolo delle probabilità, e si conclude con la storia delle prime campagne di vaccinazione.

Devo dire che anche questo articolo mi ha dato soddisfazioni, ricevendo un'attenzione alla quale il tenutario di questo blog non è abituato. Ha suscitato pure qualche polemica, come era immaginabile visto che voleva proprio essere un post controverso, ma mi sembra anche che in linea di massima ne sia stato colto il senso (fra gli apprezzamenti particolarmente graditi registro quello di Marco Cattaneo).

Riassumendo un po' due sono gli eventi, accaduti di recente, che hanno contribuito a scatenare il dibattito: a Bologna una neonata è morta di pertosse, e prima ancora c'è stato l'allarme lanciato dall'Istituto Superiore di Sanità relativo alla sempre minore percentuale di persone che scelgono di vaccinare i figli, percentuale che sarebbe ormai scesa sotto la soglia di sicurezza e che quindi metterebbe a rischio l'immunità di gregge (cioè quella cosa che avrebbe protetto la neonata morta di pertosse, ancora troppo piccola per vaccinarsi). La reazione è stata quella abbastanza tipica del web: da una parte centinaia di post che spiegavano le ragioni e l'opportunità di vaccinare, alcuni ben argomentati, altri ricchi più di insulti che di argomenti e che secondo il mio modesto parere sembravano destinati più a stuzzicare il senso di superiorità intellettuale e morale degli autori che a fornire un servizio di pubblica utilità. Dall'altra parte un numero altrettanto consistente di post che rivendicavano la scelta di non vaccinare, in nome talvolta di un ideale libertario (al quale il sottoscritto sarebbe anche sensibile), più spesso in nome di ragioni pseudoscientifiche piuttosto discutibili.

Mi è sembrata una buona opportunità per discutere dei limiti della comunicazione scientifica e sul delicato rapporto fra scienza e democrazia. In realtà le ricerche che ho svolto hanno finito per prendermi un po' la mano, facendomi appassionare alla storia della variolizzazione e ai dibattiti del Settecento intorno a tale pratica, ma credo che i (due-tre) lettori che mi seguono da più tempo abbiano individuato quale fosse il vero argomento del post: non i vaccini ma una cosa di cui mi sono già occupato di recente e cioè il cosiddetto analfabetismo funzionale. Più esplicitamente, l'abitudine di attribuire all'ignoranza e a un'istruzione insufficiente quelli che al contrario dovremmo considerare gli effetti della scolarizzazione di massa e l'accesso universale alla cultura.

Credo sia una contraddizione che prima riconosciamo meglio sarà, in quanto destinata certamente a ripetersi e deflagrare in altri ambiti oltre a quello, particolarmente delicato per le ripercussioni sulla salute pubblica, dei vaccini. In altre parole dobbiamo imparare a comprendere e gestire gli effetti tuttora imprevedibili che l'accesso universale alla cultura e alla comunicazione scritta possono avere nel modificare gli equilibri e le gerarchie di competenza alle quali siamo abituati. Possibilmente senza tornare indietro a soluzioni autoritarie, basate sulla soppressione e sul controllo del dibattito.

Le mie riflessioni su questi diritti contrastanti – il diritto alla salute e quello del rifiuto delle cure mediche, ma anche il diritto all'istruzione e la libertà di espressione – potrebbero sembrare pessimiste ma io sono, nonostante tutto, un ottimista. Credo nella capacità della società di darsi un ordine spontaneo, tutto sommato razionale ed efficiente, e di creare da sola un sistema di incentivi che lasciando liberi gli individui di compiere le proprie decisioni sia anche in grado di tutelare se stessa. Credo molto meno in sistemi di regolazione della società vincolanti per gli individui e imposti dall'alto nel tentativo di costruire una macchina perfettamente funzionante.

In altre parole, e come ultima provocazione, direi che è naturale che finché esiste un obbligo scolastico, un obbligo alla convivenza forzata e allo scambio di germi fra fanciulli, debba esistere anche un obbligo alla prevenzione dalle malattie, per limitare quegli scambi. Una soluzione, certamente non a portata di mano, per eliminare questi antipatici inconvenienti potrebbe essere eliminare entrambi gli obblighi e creare un libero mercato della conoscenza. Insomma ci tornerò.

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