sabato 20 dicembre 2008

le aste al ribasso e il dilemma del viaggiatore

Ho scoperto l'esistenza delle aste al ribasso grazie a un post di Maximilian Hunt, che mette in guardia contro l'illusione di acquisti di beni preziosi a bassissimo costo. Una spiegazione abbastanza dettagliata delle regole di queste aste è esposta a questo indirizzo, ma qui ne fornisco anche un personale riassunto.

Nelle aste al ribasso vince chi fa l'offerta più bassa, purché sia unica, e tenendo presente che ogni offerta comporta una piccola spesa (intorno ai due euro). Poniamo il caso che l'oggetto messo all'asta sia una Tv al plasma da 1000 euro: io spendo due dollari per offrire un centesimo, mentre un mio concorrente spende quattro dollari per fare due offerte distinte, ovvero un centesimo e due centesimi. Se non ci sono altre offerte, vince il mio concorrente, perché sebbene la mia offerta sia la più bassa, non è unica. Il mio concorrente avrà totalizzato così un guadagno totale di 1000 - 4,2 = 995,8 euro, mentre a me resterà solo la perdita di due euro.

Il meccanismo è complicato anche dal fatto che il concorrente, pur non conoscendo le offerte degli altri, è in grado di sapere se la sua offerta risulta al momento l'unica più bassa, oppure unica ma non più bassa, oppure non unica, e può quindi rilanciare con un'altra offerta. Inoltre, nel caso in cui non esista offerta unica, il vincitore diventa quello che ha effettuato per primo l'offerta più bassa fra quelle che sono state fatte dal minor numero di concorrenti.

Dal punto di visto teoretico, si tratta di un meccanismo molto interessante, e verrebbe voglia di consultarsi con un esperto di teoria dei giochi per capire quale possa essere la strategia migliore da effettuare. Empiricamente, sembra che la maggior parte degli acquisti venga effettuato da un ristretto numero di "professionisti" in grado di coprire un'ampia fascia di offerte (quindi investendo un cifra non irrisoria) e con una tempistica adeguata. Praticamente, il mio consiglio all'investitore occasionale è quello di tenersi alla larga da queste macchine succhia-soldi (associandomi così a Maximilian Hunt).

Nonostante il nome ingannevole di "asta al ribasso" infatti è chiaro che il meccanismo è studiato al contrario per stimolare all'aumento delle offerte e investire somme sempre più ingenti. In questo senso mi ricorda un curioso paradosso della teoria dei giochi elaborato nel 1994 dall'economista indiano Kaushik Basu: il "dilemma del viaggiatore", una sorta di generalizzazione del più famoso "dilemma del prigioniero" (per capire come mai si chiama così, e leggere la formulazione del paradosso dello stesso Basu, cliccate qui).

Immaginiamo di avere due giocatori, Alfa e Beta, in due stanze diverse. A ciascuno di loro viene detto che possono scegliere una qualsiasi cifra compresa fra 2 e 100. Al termine del gioco, se le cifre scelte dai due concorrenti sono uguali, sarà a loro assegnato il valore in euro corrispondente alla cifra indicata da entrambi. Se sono diverse, verrà assegnato ad entrambi i giocatori il valore corrispondente alla cifra più bassa indicata, con in più un premio di due euro per chi ha scelto la cifra più bassa, e una corrispondente penalizzazione di due euro per chi ha scelto la cifra più alta. Esempio pratico: se Alfa e Beta dicono entrambi 50, ad entrambi vengono regalati 50 euro, ma se Alfa dice 50 e Beta dice 60 (o una qualsiasi cifra superiore a 50) allora Alfa vince 52 e Beta 48. Ora pensateci bene: se vi venisse proposto di giocare a questo gioco, quale cifra indichereste?

Dal punto di vista della teoria dei giochi, due persone "razionali", ovvero degli agenti che tendono a massimizzare i loro profitti (e che sono a conoscenza del loro status di agenti razionali), dovrebbero rispondere 2. Se quindi entrambi i giocatori si sono comportati in "maniera razionale" otterranno la misera cifra di due dollari a testa. Il risultato è davvero sorprendente, ma ineccepibile dal punto di vista logico-matematico. Se infatti analizziamo la situazione tramite lo strumento offerto dal concetto di "equilibrio di Nash", vediamo subito che la risposta "2" è l'unica dalla quale nessuno dei due giocatori ha un interesse unilaterale a discostarsi.

Più intuitivamente, è ovvio che il primo istinto è quello di rispondere 100, confidando nel fatto che anche l'altro giocatore indicherà la stessa cifra, ma proprio questa considerazione farà scattare in noi la voglia di rispondere invece 99. In tal modo infatti noi vinceremmo 101 euro (più che se avessimo risposto 100) e l'altro rimarrà "fregato" e vincerà appena 97 euro. D'altra parte dobbiamo ritenere che se noi siamo giunti a queste conclusioni anche l'altro giocatore (ugualmente razionale) ci arriverà, e questa considerazione ci spingerà ad abbassare ulteriormente la cifra indicata, ragionamento che si ripete identico per ogni cifra fermandosi solo sulla soglia dei due euro. Un altro modo ancora di esporre la cosa consiste nel mostrare che la strategia di rispondere 100 non può essere valida in quanto è "dominata" dalla strategia di rispondere 99, ma una volta esclusa 100 risulta dominata anche 99, poi 98, e così via fino a 2.

Il paradosso consiste nel fatto che, a quanto sembra, due agenti "irrazionali" in questo caso guadagnerebbero più di due giocatori che ponderano razionalmente le loro scelte: addirittura rispondere a caso sembrerebbe una strategia più fruttuosa di quella "razionale". Empiricamente, si è osservato che persone concrete, messe di fronte a questa scelta, non si conformano ai dettami della teoria dei giochi (e, a quanto pare, fanno bene). Cosa ancora più curiosa, nemmeno gli esperti di teoria dei giochi si comportano nel modo "razionale" da loro teorizzato (per una dimostrazione online del dilemma del viaggiatore, cliccare qui).

Kaushik Basu non indica la via d'uscita dal paradosso, ma secondo lui questo indica un limite fondamentale della teoria dei giochi standard (sulla quale si basano anche le teorie economiche neo-classiche) e del suo concetto di "razionalità" che andrebbe quindi rivisto. Il problema è che non sapremmo davvero cosa sostituirgli.

Per tornare alle aste al ribasso, il meccanismo è abbastanza simile, benché sia un po più complicato e benché non sembri essere individuabile in questo caso un "equilibrio di Nash", il che rende tutto ancora più aleatorio. Infatti se a prima vista sembra conveniente offrire un misero centesimo per effettuare acquisti anche di svariate migliaia di euro, una più accurata riflessione ci farà capire che in tal modo avremo solo speso due euro inutilmente, poiché tutti avranno raggiunto la stessa conclusione. Quindi per avere qualche possibilità dovremo fare due offerte: una da un centesimo e una da due centesimi, per una spesa di quattro euro. Ma, ancora, questa sarà la stessa conclusione raggiunta da tutti gli altri giocatori, quindi dovremo fare tre offerte, poi quattro, e così via, l'unico limite essendo quello in cui la spesa per le offerte supera il valore dell'oggetto da acquistare.

Anche quando avremo raggiunto questo limite, però, non avremo nessuna garanzia di aver vinto l'asta. Se infatti tutti avessero ragionato come noi, rientreremmo nel caso in cui non esiste nessuna offerta unica. Il vincitore in questo caso sarà quello che per primo avrà offerto un centesimo. Saremmo perciò tentati di azzerare tutto il ragionamento precedente e di puntare semplicemente un centesimo, salvo il fatto che ancora una volta questo non servirà a niente.

È comunque interessante il fatto che, anche nelle aste al ribasso, nessuno sembra davvero ragionare in maniera così "logica", e che pure i "professionisti" di cui si dice che monopolizzino le aste a discapito dei giocatori occasionali, sembrino affidarsi ad euristiche meno precise. Si può però notare come il comportamento dei "professionisti" si avvicini comunque di più a quello "razionale" teorizzato dalla teoria dei giochi, e che in questo caso, al contrario di quanto avviene nel dilemma del viaggiatore, risulti anche "vincente", e questo forse rende il paradosso di Basu un po' meno paradossale.

Il comportamento del professionista risulta vincente, benché dispendioso, perché può contare su un gran numero di persone che si illudono di fare acquisti a prezzo stracciatissimo spendendo appena pochi euro. È l'esistenza del giocatore occasionale, e ingenuo, che rende a lungo andare conveniente il comportamento del professionista. Ma se tutti si comportassero come il professionista queste aste non avrebbero motivo di essere (tranne che per chi le organizza, al pari di una lotteria).

Per quanto riguarda il dilemma del viaggiatore possiamo notare che il comportamento del giocatore razionale, che risponde 2, appare perdente se visto in una prospettiva a breve termine. In fondo se avesse risposto 100, come l'altro giocatore "non razionale", avrebbe guadagnato di più. Ma dovremmo chiederci forse se non è stato piuttosto l'altro giocatore a perdere l'occasione di guadagnare due euro "sicuri". A lungo andare possiamo vedere infatti che il "razionale" in questo modo si assicura delle vincite piccole ma costanti e sicure, mentre chi risponde in maniera irrazionale si espone al rischio di non guadagnare niente. Rischio che diviene anzi certezza in presenza di giocatori "razionali" che guadagnano qualcosa in più del minimo consentito proprio a scapito degli altri (naturalmente se i due giocatori potessero comunicare e accordarsi fra loro sulla base di una reciproca fiducia, tutto cambierebbe).

Ma il comportamento davvero più razionale, almeno nel caso delle aste al ribasso, a parer mio è quello di non giocare affatto.

venerdì 12 dicembre 2008

parole, parole, parole

Desidero inaugurare con questo post una nuova rubrica, con cadenza rigorosamente irregolare, dal titolo "braccia rubate all'agricoltura". Lo spunto mi è fornito da un articolo apparso oggi sul Venerdì di Repubblica, Tormentoni, firmato da Marco Cicala.

Si parla di quei motivetti ossessivi che ti entrano in testa e che spesso decretano il successo di una canzone: Pop Porno del Genio ne è l'esempio più attuale, ma nell'articolo vengono citate anche Parole, parole di Mina e Alberto Lupo, Seven Nation Army degli White Stripes, Me gustas tu di Manu Chao, e Can't get you out of my head di Kylie Minogue. Nella loro eterogeneità, sono tutte canzoni orecchiabili e che si imprimono facilmente nella memoria grazie al cosiddetto "tormentone", il malefico ritornello che non possiamo fare a meno di cantare e di cui non riusciamo più a liberarci.

Non sembra un soggetto adatto a un trattato filosofico, ma il signore che viene citato nell'articolo non la pensa così: trattasi di Peter Szendy, professore di Estetica all'Università di Nanterre, e autore di Tubes, la philosophie dans le juke-box, libro che esplora il fenomeno dei tormentoni canori con l'ausilio di autorità quali Kierkegaard, Kant, Marx, Freud e Benjamin.

La parola chiave per comprendere il fenomeno è "autoreferenzialità". Già, perché

il saggio ruota intorno a un'idea avvincente che, semplificando, potrebbe essere riassunta così: benché all'apparenza sembrino raccontare qualcosa – quasi sempre l'amore – in fondo le hit non parlano di nient'altro che di se stesse: "Pure merci dotate di un'unica qualità: quella di non averne". Che ci intrigano, così, in una banalità irresistibile: "Dove siamo davvero noi stessi, unici, solo essendo come tutti gli altri, chiunque. L'unicità in Kierkegaard si sviluppa nella ripetizione".

I tormentoni, tramite la loro autoreferenzialità (persino dichiarata nel titolo di canzoni come Can't get you out of my head) costituiscono insomma un inno capitalista alla logica del puro scambio, dove tutto è merce, e le merci che vengono scambiate non hanno altro altro valore al di fuori di quello di scambio, con tutta l'alienazione che tale sistema produce.

Come avevamo fatto a non pensarci prima?

Questa idea dell'autoreferenzialità poi è interessante, e in effetti merita di essere approfondita. Non può essere certo un caso che Peter Szendy (42 anni) sia stato, stando a quel che ci dice Cicala, un allievo di Jacques Derrida, famoso per il motto "Il n'y a pas de hors-text". "Non c'è nulla al di fuori del testo", ovvero non c'è niente di cui i testi in generale possano parlare al di fuori del testo medesimo, secondo la scuola derridiana.

Ma allora i tormentoni di cui parla Szendy non avrebbero poi nulla di veramente speciale, da questo punto di vista. Perché occuparsene? A meno che il testo di Szendy non parli veramente di canzonette: sarebbe anzi impossibilitato a farlo, secondo i dettami del maestro. Di cosa parla, quindi, quando parla di autoreferenzialità? Che cos'è che all'apparenza sembra parlare di qualcosa, ma in fondo non parla di nient'altro che di se stesso? Io un'idea ce l'ho...

Peter Szendy ricorda anche che quello della musica che "addolcisce gli animi e ingentilisce" è un cliché che ormai ci fa sorridere: "Oggi sappiamo che, in Iraq, il rock o il rap sono stati utilizzati dagli americani come strumento di sevizie sui prigionieri". Se la mia idea è giusta, qui vi è forse un velato e sadico suggerimento alle forze militari: si pensi infatti a quale tortura ben più atroce sarebbe l'ascolto forzato dei libri di Szendy.

Ah, i filosofi francesi... e poi ci si meraviglia che Carla Bruni abbia finito per sposare un tamarro.

sabato 6 dicembre 2008

l'ultimo dogma

-Mamma, babbo, vi devo parlare-
-Dopo, tesoro, non vedi che siamo occupati a scrivere le cartoline di auguri?-
-È importante-
-Uh, che c'è, tesoro? qualche guaio a scuola?-
-No, non è questo-
-Allora cos'è che ti cruccia, luce dei nostri occhi?-
-Io ho sempre avuto fiducia in voi...-
-E certo che devi fidarti di noi, ci mancherebbe, siamo i tuoi genitori-
-Ogni volta che volevo sapere qualcosa di importante, ho sempre chiesto a voi, aspettandomi che mi diceste la verità-
-Bravo-
-Ad esempio, babbo, quando l'anno scorso avevo paura dell'uomo nero nascosto dentro l'armadio, tu mi hai assicurato che l'uomo nero non esiste e che solo i bambini sciocchi hanno paura, e allora non ho avuto più paura di dormire con la luce spenta-
-...ssì, ricordo-
-E quando ti ho chiesto perché pioveva tu mi hai risposto che era a causa delle nuvole che col freddo ridiventano acqua che cade giù per terra-
-...ssì-
-E quando ti ho chiesto cosa sono le stelle tu mi hai detto che sono tanti Soli che stanno in cielo lontanissimi da noi-
-...ssì-
-E poi mi hai fatto vedere dei libri, con un sacco di figure che mostravano le stelle e i pianeti , e mi hai anche spiegato che non è il Sole a girare intorno alla Terra, ma la Terra che gira intorno al Sole-
-...ssì-
-E io ero orgoglioso di avere un babbo che sapeva tante cose, e che mi spiegava tante cose difficili-
-eh eh...sì, tesoro-
-E anche se in realtà non capivo proprio tutto, ero contento lo stesso, perché sapevo che potevo fare affidamento su di te e chiederti tutto quello che non capivo-
-Infatti è così-
-E tu mamma, quando la nonna mi ha detto che i bambini sono portati dalla cicogna, ti sei arrabbiata molto, e mi hai fatto un lungo discorso che non ho capito bene, ma che cominciava con le api e i fiori e finiva con te e il babbo abbracciati nel lettone-
-...ssì-
-E io ho preferito credere a te piuttosto che alla nonna, perché tu sei la mia mamma, e la nonna è una gran bigotta, come mi dicesti allora-
-...ssì, infatti-
-E quando il maestro di religione ci ha spiegato che Dio in sette giorni ha creato il cielo, la Terra, e tutte le specie animali compreso l'uomo, e poi ha tirato fuori Eva da una costola di Adamo, tu mi hai detto che non dovevo prendere tutto alla lettera-
-...ssì-
-E mi hai parlato di quel tizio, Darwin, che ha scoperto che invece gli uomini una volta erano scimmie, e prima ancora erano pesci, e prima ancora erano organismi unicellulari-
-Già, già-
-E quando io ho ripetuto queste cose al maestro di religione, lui si è arrabbiato, e mi ha detto che facevo meglio a credere alla Bibbia piuttosto che alle fandonie scientiste dei comunisti, ma io ho preferito non dargli retta, perché voi siete il mio babbo e la mia mamma, e ho sempre pensato che non mi raccontereste delle bugie-
-Infatti-
-E anche quando alla televisione c'era quel tizio che parlava a tutte le ore del giorno e diceva che se tutti non avessero votato per lui sarebbero successe delle enormi disgrazie, voi mi avete detto che era un gran bugiardo e anche se tutti i miei compagni di classe dicono che invece è una persona fantastica io so che non è così perché me l'avete detto voi-
-Bravo-
-Ma scusate, c'è una cosa che proprio non mi convince di tutto quello che mi avete detto-
-Che cosa, amore?-
-Ma Babbo Natale esiste davvero oppure no?-
...
...
...
-Ma ceeeerto che esiste! Come ti viene in mente una cosa del genere?-
-A scuola mi hanno detto che in realtà i regali li portano i genitori-
-Ma che sciocchezze, chi te l'ha detto?-
-Il mio compagno di banco, dice che di notte il babbo si mette una barba finta e mette i regali sotto l'albero-
-Il tuo compagno di banco è un bambino cattivo che sicuramente non avrà nessun dono da Babbo Natale, ed è per questo che ti ha detto queste cose, è invidioso-
-Mmmhh, ma siete sicuri? Il fatto è che ci ho pensato bene, e non capisco proprio come fa Babbo Natale a portare regali a tutti i bambini del mondo in una sola notte-
-Ehm... ha molti aiutanti... i folletti, ha i folletti che lo aiutano-
-Ma allora esistono anche i folletti?-
-Sì, tanti folletti-
-E le renne volanti?-
-Sì, certo-
-E l'uomo nero?
-Sì, cioè, no! l'uomo nero non esiste-
...
-Vabbè, ma come fanno le renne volanti ad abitare al Polo Nord?-
-Semplice, stanno in una stalla molto riscaldata-
-E cosa mangiano tutto l'anno?-
-Uhm, ehm...p... plancton marino-
-Eh?-
-Fanno dei buchi nel ghiaccio e bevono l'acqua che è piena di plancton che fa tanto bene-
-Ma come fanno le renne a trasportare in aria tutto il peso dei regali, e quanto è grande la slitta?-
-.....ghfjhgftfuiywevcj...... bhfkjtpdhbch....-
-Cosa?-
-Dicevo che nessuno lo sa, ragazzo mio, ma questa è la magia del Natale!-
-Scusate, ma tutta questa storia mi sembra molto tirata per i capelli, ma voi siete proprio sicuri che è così?-
-Assolutamente, caro, Babbo Natale esiste e tutti i bambini buoni ci credono-
-Guardate che io mi fido di voi, e se dite che è così ci credo, ma voglio la verità-
-La verità è che Babbo Natale si arrabbierà se continui a fare domande impertinenti, e se scopre che non credi in lui potrebbe anche non portarti nessun regalo-
-Ma allora esiste proprio?-
-Ti abbiamo detto di sì, e ora vai a letto-
-Sicuri sicuri sicuri?-
-Sì-
-Va bene. Scusate se per un attimo ho dubitato della vostra sincerità, ma davvero tutta questa storia mi sembra pazzesca-
-È vero, ma di noi puoi fidarti, lo sai-
-Sì, avete ragione. Grazie a tutti e due. Ora vado a scrivere la letterina a Babbo Natale-
...
...
...
-Certo che l'abbiamo scampata bella-
-Non so quanto ancora avrei resistito-
-Senti, cara. Ormai comincia ad essere grandicello. Non sarebbe il caso di dirgli la verità?-
-Ma sei matto! Vorresti rompergli la magia del Natale?-