sabato 30 maggio 2009

differenze

In una serie di esperimenti condotti da Russell Clark ed Elaine Hatfield fra il 1978 e il 1982, alcune volontarie, studentesse di psicologia variamente attraenti, dovevano rimorchiare altri studenti del campus (dell'Università della Florida), con la seguente formula: "Ehi, ti ho notato in giro, e ti trovo carino". In seguito dovevano rivolgergli una di queste tre domande:

1) Vuoi uscire con me, stasera?
2) Vuoi venire nel mio appartamento, stasera?
3) Vuoi venire a letto con me, stasera?

In una seconda fase dell'esperimento, i volontari erano uomini che dovevano rimorchiare studentesse del campus, con le stesse domande. L'esperimento venne condotto nel fine settimana allo scopo di minimizzare la probabilità di rifiuto dovuto ad altri tipi di obblighi sociali.

Dunque, nel caso in cui il rimorchiatore era un uomo, alla domanda numero 1 il 44% delle intervistate ha risposto "mi dispiace, non sei il mio tipo", e il 56% ha risposto "wow, perché no?".

Alla domanda numero 2 il 94% delle intervistate ha risposto "non ti sembra di correre troppo, ragazzino?", e il restante 6% ha risposto "beh, si vive una volta sola, no?".

Alla domanda numero 3 il 100% delle intervistate ha risposto "come ti permetti? maiale!".

Nel caso in cui la rimorchiatrice era donna, alla domanda numero 1 il 50% degli intervistati ha risposto "mi dispiace, ma sono già felicemente fidanzato e innamorato perso della mia ragazza". L'altro 50% ha risposto "d'accordo, però il film lo decido io".

Alla domanda numero 2 il 31% degli intervistati ha risposto "purtroppo stasera ho un già un impegno con la mia fidanzata, magari domani...", mentre il 69% ha risposto "stasera? perché aspettare stasera?".

Alla domanda numero 3 il 25% degli intervistati ha risposto "ma porca puttana! proprio stasera ho promesso a quella stronza di portarla a cena fuori", mentre il 75% ha risposto "ghh... ffhh... aarh... ghghg...".

lunedì 25 maggio 2009

la giornata di un debunker

- Ciao cara, io esco.
- E dove vai?
- Faccio una passeggiata.
- Dove?
- Ehm... pensavo di andare a una conferenza sulle scie chimiche.
- Su che cosa?
- Le scie chimiche... sai, quelle cose che fanno gli aerei in cielo.
- E da quando ti interessano gli aerei?
- Beh, da quando ho scoperto che le scie sono fatte di sostanze tossiche sparse insieme al carburante allo scopo di controllare il clima, sterminare la popolazione mondiale, o trasformarla tutta in una massa di androidi radiocomandati.
- Ah... sul serio?
- No, naturalmente no! Le cosiddette scie chimiche non sono altro che condensa. È una bufala colossale, propagandata da un paio di svitati.
- Ma scusa, allora che ci vai a fare?
- Sono un debunker, devo documentarmi. Magari ci faccio un post per il mio blog.
- Allora divertiti, tesoro. Certo che, se proprio non avevi un cazzo da fare, potevi pulire le mattonelle del cesso.

Esco di casa alle 15,00 e prendo l’autobus. Peccato che nella fretta abbia scordato di guardare bene le indicazioni: so la località, ma non ho controllato a quale altezza della via si trovi la villa dove si tiene la conferenza. Il risultato della mia imprudenza è che una volta sceso dall’autobus mi ritrovo in aperta campagna in un luogo dimenticato da Dio e dagli uomini, e costretto a farmi qualche chilometro a piedi in una stradina così stretta che ogni volta che passa una macchina mi devo appiattire sul muretto come una lucertola, oppure buttarmi nel fossato.

Almeno è una splendida giornata, e ne approfitto per una salutare passeggiata sotto il sole, alla faccia dei paranoici. Non fa nemmeno un caldo eccessivo, ma dopo tanto camminare è inevitabile che quando finalmente arrivo alla villa, in considerevole ritardo, sono ridotto a un impresentabile straccetto di sudore, e con una gola così arsa che sarei disposto a bermi un tanker pieno di morgelloni.

Purtroppo nemmeno l’ombra di un bar, e quel che è anche peggio la sala è piena (ci saranno almeno un centinaio di persone) e tutti i posti a sedere occupati. Mi appoggio al muro in fondo alla sala, cercando di non farmi notare, ma nello stesso tempo scrutando i volti di chi mi sta intorno. In pratica tento di capire dalla faccia chi è uno sciachimista e chi invece un debunker infiltrato, come me. Il guaio è che noi debunker ci siamo scordati di stabilire un segno convenzionale segreto di riconoscimento, tipo il “nano nano” di Mork, quindi i miei ammicchi a varie persone non sortiscono nessun effetto positivo, anzi.

Quello che sta parlando, intanto, è proprio Straker, con alle spalle uno schermo che manda i soliti filmati sgranati. Finalmente vedo il mitico comandante in persona, il vincitore del Perlone 2008 in carne e ossa, a pochi metri da me! Lo facevo un po' più alto... Ma finisce subito di parlare e inizia un collegamento telefonico con l’onorevole Brandolini, che racconta delle sue interrogazioni parlamentari. Dice che ne ha presentata una terza, perché non è ancora soddisfatto delle risposte avute con le due precedenti. Praticamente andrà avanti finché il Ministro della Difesa, preso dallo sfinimento, non gli confermerà che è tutto vero, e che stanno avvelenando la popolazione italiana.

Finito l’intervento di Brandolini, parte un applauso fragoroso. Tutti intorno a me si stanno spellando le mani entusiasti, ed è in questo momento che capisco di essere terribilmente solo... Dato l’ambiente ostile, mi riprometto di mantenere un basso profilo e di non intervenire per nessuna ragione. Sono qui per osservare. Ma poi Straker riprende a parlare.

Ma non parla delle scie chimiche: si mette a parlare dei “disinformatori” e di quanto sono tutti brutti e cattivi, e di come ogni volta tentino di zittirlo in maniera presuntuosa a suon di titoli accademici e professionali (devo stare zitto), poi di come non è vero che lui non vuole il contradditorio (devo stare zitto), ma che desidera averlo con persone qualificate (devo stare zitto) e non con Paolo Attivissimo che è solo un ex dj (devo stare... non ce la faccio).

Così sento la mia voce che chiede a Straker come mai un ex dj non sarebbe qualificato ma un geometra come lui sì (non aveva tirato in ballo la fallacia del principio d’autorità pochi secondi prima? nessuno se ne accorge?). La risposta è che lui, a differenza di Attivissimo, non viene pagato per disinformare. Gli faccio notare però che vende libri e Dvd, e Straker mi risponde di aprire un blog (che c’entra?). Mi rimetto tranquillo, ma intanto la mia copertura è saltata, perbacco. Mi appoggio di nuovo al muro per evitare coltellate alla spalle.

Straker mostra un video satirico su di lui confezionato da un disinformatore. Toh, è un video del Peyote, uno di quelli che il comandante aveva fatto rimuovere da Youtube per violazione di copyright (sempre a proposito di coerenza). Dovrebbe far ridere... dovrebbe far almeno sorridere... ehi, guardate che è un video ironico! Niente. Qui sono tutti seri, sembra proprio che gli dispiaccia che a qualcuno possa venire in mente di prendere in giro Straker.

La conferenza prosegue senza eventi degni di nota, con Straker che infila uno alla volta tutti i suoi argomenti preferiti: le api muoiono, c’è un caso di Alzheimer ogni 74 secondi ma se facciamo tutti una terapia chelante ci salviamo, le onde elettromagnetiche sono letali, Haarp... Poi prende la parola Angelo Baracca, docente di Fisica presso l’Università di Firenze. Il suo intervento è atteso perché un docente di fisica potrebbe garantire, finalmente, una certa autorità scientifica al discorso “scie chimiche”.

Il professor Baracca però è piuttosto imbarazzato, e mette subito in chiaro che lui degli argomenti di cui si sta parlando non ne sa assolutamente nulla. Poi fa un discorsetto abbastanza banale sui pericoli del dogmatismo scientifico, e sulla necessità che i cittadini riacquistino il controllo di quanto avviene nei laboratori, perché sono molte le cose che ci tengono nascoste: fa l’esempio dell’uranio impoverito e della fusione fredda (che assicura essere una realtà). Viene applaudito, ma alcuni trovano il suo intervento deludente. Nel frattempo riesco a conquistare una sedia.

Iniziano le domande: Straker aveva detto che chiunque può intervenire, “esclusi i disinformatori”, naturalmente. In realtà i primi a prendere la parola, con suo disappunto, sono proprio un paio di agenti prezzolati del Nwo (ma allora non sono completamente solo, meno male). Uno di essi fa notare una contraddizione contenuta negli scritti di Giorgio Pattera (che non c’è più e io non ho visto), a proposito dei filamenti biancastri di origine misteriosa e nanopolimerica che vengono trovati dappertutto (trad. ragnatele). Straker, seccato, risponde ma non risponde, cioè parla ma non dice niente. Altri disinformatori insistono sui filamenti: uno chiede come fanno a essere sicuri della loro provenienza dal cielo, visto che sono raccolti per terra. Straker risponde che ne sono sicuri perché tali filamenti vengono trovati dopo il passaggio degli aerei.

A questo punto mi viene spontaneo chiedere se per caso qualcuno li ha cercati anche prima (è il metodo scientifico, bellezza), ma la mia domanda viene giudicata troppo stupida per meritare una risposta. Un ragazzo vicino a me, tarchiato, con la barbetta rossiccia, e gli occhi a fessuretta si mette a ridere. Poi si avvicina e mi dice, testuale:

- Sai, ti avevo già visto su Internet, ma dal vivo si nota ancora meglio che sei un coglione.

Un po’ interdetto, gli faccio notare che difficilmente può avermi visto su Internet, ma lui insiste:

- No, no, ti ho visto, eccome. Sei un coglione.

A questo punto decido di lasciarlo con le sue certezze, non vorrei che ci rimanesse male (ma per chi mi avrà preso?).

Le domande del pubblico proseguono, ma nonostante fosse stato chiesto di fare interventi brevi e domande secche, sembra che siano solo i disinformatori a capire l’italiano, perché ognuno parte con un comizio di almeno dieci minuti. Mi fa molto ridere un ragazzo che racconta di aver parlato delle scie chimiche in un consiglio scolastico, e che è molto indignato perché gli altri genitori avrebbero risposto: “Ma cosa vuole, noi abbiamo cose molto più serie a cui pensare, altro che la salute dei nostri figli”. A me sembra un modo geniale di mandare a quel paese un rompiscatole. Devo segnarmelo. Straker intanto tiene a far notare che “le persone oneste si presentano con nome e cognome”, al contrario dei disinformatori (naturalmente questo non ha nulla a che vedere con le liste di proscrizione che lui mette in rete).

La conferenza finisce ed è tempo di tornare a casa, prima però devo assolutamente salutare il mio nuovo amico, il tizio con gli occhi a fessuretta.

- Salve, posso sapere almeno con chi ho avuto il piacere di interloquire?
- Ché, te tu l’hai detto il tu’ nome?
- No, in effetti non ci siamo presentati.
- Allora a me non interessa fare amicizia con uno che...
- Beh, volevo solo dirti che sei un povero stronzo, addio.

Sento che mi urla ancora “coglione” mentre mi allontano, ma lo ignoro. Dopo un’oretta arrivo a casa.

- Ciao cara, sono tornato.
- Ciao tesoro, com’è andata la conferenza?
- Beh, diciamo che è stato molto istruttivo.
- Ma ti vedo un po’ provato. Sei stanco, amore?
- No, ho preso tanto sole e ho una sete tremenda, ma a parte questo mi sento bene.
- Allora guarda, ci sarebbero ancora le mattonelle del cesso da pulire.
- Ok, ma se non ti dispiace, prima devo fare rapporto a Orson.

sabato 23 maggio 2009

sono brutti


La piccola Chiara, bravissima e precoce blogger, nonché autrice dell'elegante tabella comparativa qui riprodotta (senza aver chiesto il permesso, cosa per la quale chiedo umilmente scusa), sembra avere una netta percezione delle differenze fra maschi e femmine, come del resto ce l'hanno tutti i suoi coetanei. Ma sicuramente è colpa dell'educazione retrograda ricevuta e dell'indottrinamento dei media.

giovedì 21 maggio 2009

la gente sta male

A Cunardo, provincia di Varese, vi è grande preoccupazione per i proclami di una neo-setta satanista che ha osato minacciare i bambini di una scuola, con una scritta apparsa sui muri della stessa. Alcune dichiarazioni di cittadini cunardesi riportate dalla stampa locale:

"Cose del genere qui a Cunardo non erano mai capitate e ora che iniziano a verificarsi siamo preoccupate per i nostri figli. Questi non sono vandalismi, dietro segni del genere ci potrebbe essere un gruppo come le Bestie di Satana che magari si muove nell'ombra e mira proprio ai nostri piccoli: le autorità non ci lascino sole".

"Ho sentito dire che quando simboli e scritte del genere compaiono sui muri di una scuola significa che i satanisti l'hanno preso di mira per prelevare qualche bambino da sacrificare al demonio. E' una cosa terribile, che non voglio pensare possa essere vera".

"Mi hanno detto che in queste zone si muove la setta degli incappucciati e che recentemente sono stati trovati nei boschi alcuni animali morti circondati da ceri e candele spenti: sono particolari preoccupanti che mi spaventano e agitano tantissimo".

"L'altro giorno sono uscita in giardino per dare da mangiare al mio gatto quando mi sono accorta che non c'era più, e da allora non l'ho più rivisto".

"Andando avanti di questo passo sarà pericoloso anche mettere soltanto un piede fuori di casa".

Questa è la scritta incriminata:


Dev'essere terribile vivere a Cunardo. Solidarietà.

(via Freddy Nietsche)

domenica 17 maggio 2009

Matrix has you

Luce Irigaray, filosofa e femminista belga:

L'equazione E=Mc² è sessuata? Forse sì. Facciamo l'ipotesi che lo sia nella misura in cui essa privilegia la velocità della luce in rapporto ad altre velocità che ci sono vitalmente necessarie. Quello che mi pare indicare la natura sessuata dell'equazione, non è direttamente il suo utilizzo per gli armamenti nucleari, è piuttosto il fatto di aver privilegiato ciò che va più veloce (Parler n’est jamais neutre. Paris: Éditions de Minuit, 1987, p. 110).


Capisco lo stato d'animo della signora, ma dare la colpa ad Einstein mi pare esagerato. Tanto vale allora dire che le leggi di Newton sarebbero un manuale di stupro, poiché in esse è implicita una visione meccaniscistica della natura come indifferente o addirittura consenziente alle violente intrusioni dello scienziato nella sua intimità (ah, è stato detto? pardon).

La citazione comunque è estratta da Imposture intellettuali, di Alan Sokal e Jean Bricmont, un libro fondamentale sui rapporti tra filosofia e scienza. Sokal è un fisico che nel 1996 organizzò una celebre beffa ai danni di una prestigiosa rivista di critica culturale, inviando un saggio nello stile post-moderno tipico della rivista, dal titolo Trasgredire le frontiere: verso un'ermeneutica trasformativa della gravità quantistica, pieno di strafalcioni e affermazioni deliranti (ma non molto più deliranti di quella, autentica, riportata sopra).

Il saggio venne pubblicato senza problemi, consentendo a Sokal, una volta uscito allo scoperto e sputtanati i redattori della rivista (ebbene sì, il mio amico Bifidus non ha inventato nulla), di dare il via ad un corposo dibattito sull'inadeguatezza culturale di certi intellettuali che usano il vocabolario della scienza solo come cortina fumogena per mascherare la confusione delle loro idee (poche).

Oltre a Irigaray, fra gli altri autori cui è dedicato un intero capitolo nel libro, vi sono menti come Jacques Lacan (un autore che Martin Heidegger trovava oscuro!), Julia Kristeva, Gilles Deleuze, Jean Baudrillard e Paul Virilio (i francesi hanno una posizione dominante, come si può vedere). Tutti autori che, come è dimostrato nel libro, amano abusare del linguaggio scientifico producendo inestimabili perle di umorismo involontario: irresistibile ad esempio il passo in cui lo psicanalista Lacan paragona il pene alla radice quadrata di -1 (giuro).

La segnalazione non è proprio freschissima, ma vorrei osservare che qui si tratta dei padri degli odierni complottisti, degli Antonio Marcianò e delle Antonelle Randazzo di oggi, e non solo per il metodo (fuffa pseudoscientifica in funzione di legittimazione di qualsiasi delirio) ma anche per i contenuti, dato che molte di queste filosofie, che possiamo chiamare genericamente post-moderne o post-strutturaliste, non sono altro che un'immensa teoria del complotto.

Si tratta del complotto delle leggi della natura, e quelle del linguaggio e della logica, contro l'uomo, che essendosi liberato in passato delle varie tirannie assolutistiche, adesso vuole spingersi fino ad abolire quelle insopportabili pastoie. Molte femministe ad esempio non tollerano la discriminazione operata da Madre Natura nei confronti del genere umano, arbitrariamente diviso in due tipi separati, e rivendicano la libertà di scegliere il loro sesso (non il loro orientamento sessuale, il che sarebbe fuori discussione, ma proprio la loro identità di genere).

Oppure vi è la convinzione che qualunque discorso facciamo esso non possa che riflettere l'ideologia della cultura dominante, essendo il linguaggio stesso un'espediente del potere per autolegittimarsi. Secondo Roland Barthes "la lingua non è né reazionaria né progressista: è semplicemente fascista, poiché il fascismo non è impedire di dire, ma obbligare a dire". Oppure come diceva Heidegger "noi non parliamo, ma siamo parlati dal linguaggio".

Ne segue che la strada per la propria emancipazione passa attraverso la rinuncia alla logica e al corretto uso della ragione. Il Reverendo Stone (personaggio noto a chi segue le vicende dello sciachimismo nostrano) forse non lo sa, ma i suoi pensieri provengono da quegli illustri antecedenti:

La Matrice per esistere ha bisogno di polarizzarsi poiché il suo potere è determinato dall’esercizio degli opposti. Questo lo si può vedere in ogni aspetto della realtà: tutto ha il suo contrario…giorno/notte, bene/male, alto/basso, ecc… Questo serve a tenerci lontani dall’essenza della realtà stessa che, lungi dall’essere polarizzata, è in realtà unitaria. Tutto infatti è una cosa unica, ad un dato livello di approfondimento. Concezione che persino la fisica di frontiera sta ammettendo.


Quindi è in atto una cospirazione (ordita da chi?) che ci impedisce di vedere l'unitarietà della Natura...

La polarizzazione crea lotta e la lotta crea staticità, come esemplificato magistralmente nell’antico simbolo del tao. Ebbene, anche tra i “cospirazionisti” ed i “debunker” si è instaurata una polarità (peraltro sempre più estrema e virulenta) e così facendo entrambe torniamo ad essere congeniali al sistema. Un po’ come accade per gli anticorpi nel nostro organismo, la Matrice contrappone con infallibile costanza ad ogni singolo pensiero od azione, il suo uguale contrario affinché tutto resti immobile. L’effetto di tutto questo è noto a tutti: due visioni del medesimo fenomeno contrapposte ed arroccate sempre più sulle rispettive posizioni… Così, se da un lato c’è la consapevolezza di essere in qualche modo dei “risvegliati” dalla Matrice, dall’altro c’è la fede indissolubile sulle Maschere della Matrice: illuminismo, razionalismo, scientificità ( o, più opportunamente, scientismo).


Non si capisce bene cosa sia questa Matrice, comunque apprendiamo che essa è responsabile di quelle ignominie che vanno sotto il nome di illuminismo e razionalismo.

L’unica chiave di volta a me nota per uscire da quest’empasse consiste nel sovvertire il Sistema comportandosi in un modo che egli non ha previsto…stupirlo con un comportamento non codificato, non conforme. Certo la sua reazione sarà immediata, ma per qualche istante esso si troverà a dover modificare il piano reale stesso per ripristinare l’equilibrio che lo alimenta.


Ecco, se per caso vedete un tizio per strada che gira nudo dandosi martellate in testa ed emettendo versi incomprensibili, sappiate che è solo il Reverendo Stone che cerca di sovvertire il sistema stupendolo con un comportamento non codificato. Ispirandosi a un blockbuster hollywoodiano.

mercoledì 13 maggio 2009

Ricoperta Menchú


Caro Giulietto, sono da poco rientrato da un viaggio a Cuba, affascinato ed interessato da un sistema sociale alternativo al nostro. Leggo con perplessità il blog di Yoani Sanchez “Generazione Y” e sono colpito dal suo eco e successo (ultima copertina di “Internazionale”). La blogger indica Castro quale responsabile dello stato di miseria (?) in cui si trova la nazione senza approfondire e criticare costruttivamente le presunte scelte sbagliate del lider. Trovo che i racconti della Sanchez forniscano una fotografia parziale della realtà cubana: non sono mai citati l'embargo, l'istruzione, la sanità e le critiche al regime sembrano solo fini a se stesse. Che cosa ne pensi?

Senza offesa, caro Marco, non so chi sia questa Sanchez, non leggo il suo blog. In genere non leggo i blog. Salvo eccezioni. Se poi descrive Cuba come tu accenni, allora si azzera del tutto l'eventualità di leggere quel blog. Cari saluti.


Non troppi anni fa, vi era chi preferiva chiudere gli occhi anche di fronte ai resoconti delle violazioni dei diritti umani commesse nei paesi controllati dal regime sovietico. I dissidenti che osavano denunciare tali crimini venivano bollati come burattini della propaganda imperialista e diffamati pubblicamente.

Oggi che il regime sovietico non esiste più è diventato politicamente corretto parlare più o meno apertamente delle “imperfezioni” che lo caratterizzavano, ma i nostalgici dell’utopia comunista ripongono ancora le loro speranze in un’isola dell’Oceano Atlantico, dove una piccola dittatura castrista resiste ancora e sempre alle riforme democratiche e al libero mercato.

Il fatto che una ragazza cubana racconti in un blog la quotidianità del suo paese in modo da far emergere tutto il malessere, l’insoddisfazione e la miseria dei suoi giovani connazionali, è una ferita intollerabile per il “senso di giustizia” di certi nostri intellettuali di sinistra, sempre in prima linea a fianco dei derelitti e degli sfruttati del terzo mondo, ma solo quando ideologicamente affini e sufficientemente manipolabili.

È il caso di Gianni Minà, il giornalista che anni fa riuscì a realizzare una celebre intervista a Fidel Castro e venne folgorato sulla via dei Caraibi, e che in un recente articolo intitolato Le dimenticanze della bloggera di moda parla di Yoani Sanchez in questi termini (lui almeno sembra aver dato un’occhiata al blog in questione):

Non tanto per l’informazione a Cuba, ma per la disinformazione che regna in Italia, mi ha colpito il candore di un lettore del mio sito che giudica il lavoro di Yoani Sanchez, “la bloggera che sfida Castro”, scevro da ideologie o interessi politici. Basterebbe, infatti, la propaganda che le viene fatta nel nostro paese per capire la portata dell’operazione che è stata messa su.


Dunque in queste prime righe si accusa già la bloggera di due infamità: avere “interessi politici” (cosa che suppongo sia vera, ma forse Minà intende che non ha gli interessi politici “giusti”), e di essere molto letta nei paesi capitalisti. Yoani, ma come ti permetti?

Segue la solita tirata comparativa sulle condizioni socio-economiche degli altri paesi dell’America Latina (in un passo dove Chavez viene definito “presentabile”), e sulle magnifiche conquiste cubane in fatto di sanità ed educazione nonostante l’embargo: bisogna dire che in effetti tutti i cubani hanno il diritto di essere indottrinati sui fondamenti del marxismo-leninismo, materia scolastica obbligatoria.

I ragazzi cubani che Yoani Sanchez sostiene vivono solo privazioni sanno perfettamente, infatti, che queste conquiste sociali rendono Cuba, pur con tutti i suoi errori, diversa, più libera, dai paesi che invece, negli anni, sono stati prigionieri del neoliberismo e del mercato, come quelli delle villas miserias delle grandi città o come i trenta milioni di bambini randagi del continente. Yoani Sanchez, nei suoi articoli, fa finta di non saperlo.


In realtà i ragazzi cubani queste cose lo sanno perfettamente, ma le sa anche Yoani Sanchez, perché non c’è giorno che la propaganda di regime non gliele ripeta, e anche perché chi non “sa” queste cose a dovere rischia di essere incarcerato. Le sanno così bene che il governo cubano non si preoccupa neanche di sprecare preziose risorse e chiedere loro un parere tramite il voto popolare.

Ma io credo che di Yoani Sanchez dia fastidio, ai nostri sinistri, soprattutto il mezzo con cui conduce la sua battaglia, il blog, e la sua autonomia espressiva. La sinistra è poco abituata a difendere i diritti di persone in grado di compiere da sole le proprie rivendicazioni, appropriandosi dei mezzi di quella modernità che è anche combattuta dall’ideologia terzomondista (fa forse eccezione il subcomandante Marcos, ma lui era molto pittoresco per altri versi). Ricordiamo che Giulietto Chiesa, ad esempio, insiste sulla necessità di far sentire la propria voce amplificata da un mezzo di massa come la televisione (Progetto Pandora), in quanto “il web è un ghetto”, ma forse anche perché concede troppa libertà ai suoi utenti, che invece di disperdersi nei rivoli della rete e interagire fra loro, devono raccogliersi tutti intorno alla voce carismatica del grande fratello.

Gianni Minà non si è mai chiesto, invece, quale fosse “la portata dell’operazione che è stata messa su” intorno a una simpatica e grassoccia contadina guatemalteca ricoperta di stracci multicolori, che risponde al nome di Rigoberta Menchú Tum, premio Nobel per la pace nel 1992. Persona che Minà ha incontrato e intervistato varie volte, e famosissima per il racconto della sua vita (Mi chiamo Rigoberta Menchú) raccolto e pubblicato dall’antropologa Elizabeth Burgos. Notare che tale mediazione da parte della scrittrice francese – moglie di Régis Debray, ovvero l’intellettuale marxista che teorizzò le tecniche di guerriglia in Sudamerica e seguì Che Guevara in Bolivia alla fine degli anni ’60 – era necessaria, in quanto la Menchú (di origine maya), all’epoca non riusciva ad esprimersi fluentemente nella lingua spagnola. Una perfetta “buona selvaggia”, insomma, e un’ideale eroina del multiculturalismo. Ed eppure sulla veridicità di quel racconto esiste molto più di qualche dubbio.

La storia di Rigoberta narrata nel libro ha tutti i crismi della perfetta ortodossia marxista: vi si narra di una povera bambina analfabeta che non può andare a scuola perché suo padre la tiene a lavorare nei campi, in una terra su cui i ladinos, i discendenti degli antichi conquistadores spagnoli, intendono mettere le mani spossessando gli indigeni. Vi si narra di una povertà così estrema che il fratellino di Rigoberta muore di fame, ma anche dell’eroica lotta della sua famiglia contro i proprietari terrieri ladinos, e della nascita di un movimento di resistenza indigeno che, diventando sempre più politicamente attivo e organizzato, alla fine scatena la brutale repressione degli avversari di classe. Il padre viene ucciso, la famiglia Menchú viene poi costretta ad assistere alla morte dell’altro fratello, bruciato vivo, mentre anche la madre non sarà risparmiata.

Una storia che, come è stato rivelato poi dall’antropologo David Stoll, nel libro Rigoberta Menchú and the Story of All Poor Guatemalans, contiene molti elementi di verità, ma che risulta un po’ troppo “aggiustata” alle esigenze ideologiche del movimento rivoluzionario cui la Menchú aveva aderito solo dopo i fatti narrati nel libro.

Non è vero, ad esempio, che la famiglia Menchú viveva nella più assoluta miseria, essendo il padre Vicente relativamente benestante per gli standard locali, e proprietario di 3.000 ettari di terra, disputata non dai ladinos, ma dai parenti della moglie, in una contesa tutta familiare. E non è vero che Vicente non mandava sua figlia a scuola perché non assimilasse i valori occidentali dimenticando la sua cultura d’origine, come viene detto, ma Rigoberta andò regolarmente a scuola dalle suore cattoliche per vari anni (cosa che rende piuttosto implausibile il racconto di un’infanzia passata 8 mesi l’anno a raccogliere cotone e caffé).

L’episodio più drammatico del libro è certamente quello il cui il fratello di Rigoberta, Petrocinio, viene bruciato vivo dai militari sulla piazza di una città, mentre lei e i suoi familiari sono costretti ad assistere. David Stoll non contesta che Petrocinio sia stato effettivamente assassinato, solo che nessuno dei locali intervistati si ricorda minimamente dell’episodio così come viene descritto (successivamente anche Rigoberta Menchú ha ammesso di non aver assistito alla scena in prima persona).

La verità, così come viene ricostruita da Stoll, è che il padre di Rigoberta, Vicente, non era affatto animato da sentimenti rivoluzionari, essendo piuttosto conservatore e attaccato gelosamente ai propri terreni. Inoltre non vi erano conflitti etnici nella regione, ma perlopiù contese familiari e locali. In questo panorama fu proprio l’intervento dei guerriglieri, in una nuova ondata di strategia della guerriglia nel continente sudamericano sponsorizzata e messa a punto da Fidel Castro, un decennio dopo la disgraziata avventura boliviana di Che Guevara, a sparigliare la carte. I leader di questi movimenti in genere non erano né indiani, né poveri, ma erano i figli ribelli dell’élite ispanica del Sudamerica, e soprattutto non capivano un beneamato delle condizioni di vita dei contadini che intendevano salvare dalle grinfie del capitalismo.

Un gruppuscolo di questi guerriglieri capitò un giorno a Uspantán, la città vicina al paese di Rigoberta. Si misero a dipingere di rosso tutto quello che capitava a tiro, e aprirono le celle della prigione cantando per tutto il tempo “Noi siamo i difensori dei poveri”. Non essendo del luogo, per non sbagliare i guerriglieri decisero di ricorrere alle infallibili distinzioni di classe per risolvere i problemi della comunità, e fucilarono così i due figli di un proprietario terriero ladino.

Osservando la piega presa dagli eventi, Vicente decise di sfruttare la situazione a suo vantaggio alleandosi con il gruppo rivoluzionario nella speranza di rafforzare la propria posizione, e non sapendo così di firmare la propria condanna. Vicente e gli altri contadini che si unirono ai gruppi di protesta rivoluzionari vennero usati cinicamente come pedine inconsapevoli, per poi essere le principali vittime della feroce repressione da parte delle autorità che si scatenò in seguito, invocata dai parenti delle vittime degli assassini che cercavano la loro vendetta.

Rigoberta Menchú, raccontando la sua favola marxista, propaganda e difende la stessa ideologia che è in ultima analisi responsabile della morte dei suoi familiari. Non voglio fargliene una colpa: ognuno elabora il passato a suo modo e si costruisce i propri filtri interpretativi. Ma noi non siamo tenuti a credere a tutto quello che viene detto, senza farci domande, solo perché a raccontarlo è una simpatica e grassoccia contadina maya vestita di stracci multicolori.

Naturalmente, quando Rigoberta Menchú ha saputo che la sua versione dei fatti era stata contestata da un antropologo americano, ha accusato David Stoll di razzismo, mentre altri difensori della causa sostengono che qualunque invenzione passa in secondo piano rispetto alla lotta per i diritti dei contadini guatemaltechi oppressi. Ma se la causa è davvero buona, qual è la necessità di simili invenzioni? A meno che dei contadini guatemaltechi non importi a nessuno, essendo molto più importante l’ideologia che essi sono chiamati a rappresentare, volenti o nolenti.

La stessa ideologia per cui invece non bisogna assolutamente credere a Yoani Sanchez, e non bisogna leggere il suo blog. Le sue critiche al regime potrebbero anche contenere qualche granello di verità ma, ahimé, "sono fini a se stesse".

venerdì 8 maggio 2009

una donna ha il diritto di essere quello che vuole

Tina Lagostena Bassi, scomparsa il 4 marzo del 2008, è probabilmente nota alle nuove generazioni solo per essere stata, al fianco di Santi Licheri, una dei giudici di Forum, la trasmissione televisiva. Per chi ha qualche anno (o qualche nozione) in più il suo nome evoca invece le immagini di un famosissimo documentario che andò in onda sulla Rai nel lontano 1979, e che all’epoca fece un certo scalpore.

Processo per stupro era l’asciutta cronaca di un reale processo contro quattro ragazzi accusati dello stupro di una giovane donna, e Tina Lagostena Bassi era l’avvocato di parte civile (rappresentava la vittima). Il processo divenne famoso soprattutto perché per la prima volta venivano documentate le modalità con cui un’accusa di stupro veniva sovente rovesciata in un processo contro la vittima del reato, costretta a difendersi dall’accusa di essere una poco di buono. Era inoltre rivelatore di una certa mentalità, che si spera oggi in via d’estinzione, profondamente arretrata e maschilista che era diffusa nell’Italia di quegli anni.

Qui incorporo un pezzetto del documentario, che contiene una parte dell’arringa di Tina Lagostena Bassi, e un altro pezzo con le arringhe dei difensori degli imputati: vi consiglio di guardare anche questo secondo pezzo, ma ricordate che non si tratta (purtroppo) di una commedia all'italiana con Carlo Verdone nei panni dell'avvocato. Ci sono delle parole, ma soprattutto delle facce, degli sguardi, che non si possono dimenticare, e che sono l'emblema stesso della violenza. Su Youtube si può facilmente trovare il resto (su Wikipedia invece si possono leggere alcuni stralci delle arringhe). A mio avviso dovrebbe essere visto nelle scuole ogni anno: potrebbe anche essere un modo di festeggiare l’8 marzo che restituisca un minimo di senso a quella celebrazione consunta.





Perché ne parlo? Beh, Tina Lagostena Bassi nel 1994 venne anche candidata alla Camera dall’allora nascente partito di Forza Italia. Per dire, quanto siamo cambiati, e cosa dovrebbe essere la politica.

mercoledì 6 maggio 2009

c'è qualcosa che non va

Quando non siamo sopra la media delle temperature stagionali, siamo sotto la media. Mai che siamo esattamente nella media.

Quando ero piccolo mi ricordo che tutto era diverso. Più grande.

Pensate a un qualunque evento storico di portata epocale. Prendete il giorno del mese nel quale è avvenuto, moltiplicatelo per due, aggiungete dieci a quella cifra, quindi dividete per due, e poi sottraete nuovamente il giorno del mese. Viene cinque, vero? Non può essere una coincidenza.

I cerchi nel grano non possono essere stati creati dall'uomo, perché nessuno ha un compasso così grande.

Beppe Grillo finge di accusare il sistema, ma non parla dei veri problemi: ad esempio, perché mi si spaiano sempre i calzini?

Con tutta la roba chimica che spargono nei campi, niente è più sicuro. Neanche fare sesso con le pecore.

Il petrolio non può durare in eterno. Bisogna tornare all'energia pulita. È per questo che faccio scorta di criceti.

Giornali e tv sono solo strumenti di asservimento delle masse e addormentamento delle coscienze. E sono sicuro che il televoto di X-Factor era pilotato.

Tranquilli, l'influenza suina è solo un'ondata di panico artificiale indotta dai media per distrarci dal morbo di Morgellons, che ci sterminerà tutti.

Nostradamus aveva previsto tutto e, guarda il caso, è morto.

La medicina allopatica non va bene. Qualunque cosa significhi.

La mia banca mi odia. Ho scoperto che presta in giro il mio denaro, invece di custodirlo nei sotterranei e annaffiarlo periodicamente. Poi dicono che c'è la crisi.

Barack Obama in realtà è pappa e ciccia col governo americano.

Ci sono in giro delle persone pagate dai servizi segreti per contraddirmi. Mi contraddico da solo per fargli un dispetto.

Ci sono messaggi subliminali dappertutto. L'altro giorno guardavo un film scaricato da Internet, e nella scena in cui sodomizzano il bambino nella discarica è apparsa una scia nel cielo (ho denunciato il fatto alla Polizia Postale, e loro mi hanno sequestrato il computer).

Ho letto su Wikipedia che l'Ibm collaborò alle politiche razziali naziste, contribuendo all'attuazione delle stesse e fornendo supporto logistico. Domani mi compro un computer Ibm.