sabato 20 febbraio 2010

degli eroici furori


Mi sono fatto scappare l'anniversario della morte di Giordano Bruno (sono passati 410 anni, come vola il tempo), ma non è grave e si può celebrare pure con qualche giorno di ritardo, non penso che lui si sarebbe formalizzato.

Giordano Bruno oggi è un monumento in Campo de' Fiori a Roma, dove ogni tanto qualcuno deposita qualche fiore, e che giustamente dà le spalle un po' sdegnoso a S. Pietro. È anche il nome di battesimo di molte persone i cui genitori dovevano avere sentimenti anarchici e anticlericali (e che poi finiscono per scrivere per Il Giornale).

Quattro secoli fa fu anche un domenicano napoletano che a un certo punto, insofferente verso la religione, lasciò l'abito e si mise a peregrinare per le corti d'Europa, vendendo sempre il suo sapere al miglior offerente. Era un esperto di mnemotecnica, branca della conoscenza che allora sembrava offrire le chiavi per la comprensione dell'Universo, ma che oggi è praticata soprattutto nei corsi di recupero del Cepu.

Consiste nell'associare immagini bizzarre agli elementi delle cose che si vogliono ricordare: ad esempio se voglio rammentare le prime cifre di pi greco (3,14159), devo immaginarmi un cerchio con al centro gli Articolo 31 che cantano mentre con un coltello tentano di tagliare un blocco di praseodimio. È semplicissimo. E funziona davvero, se si trascura l'effetto collaterale di diventare completamente pazzi e ovviamente visionari.

Bruno era un seguace del copernicanesimo, ma la sua era un'adesione all'eliocentrismo dettata più dalle viscere che dal lucido calcolo scientifico, nei cui limiti faticava a restare (d'altronde il culto solare era un recupero del pitagorismo, e una componente importante nelle filosofie ermetiche). Rimproverava però a Copernico di non aver avuto sufficiente coraggio, limitandosi a porre il Sole al centro dell'Universo al posto della Terra, invece di collocarlo alla deriva nel cosmo infinito tra un'infinità di stelle e pianeti simili al nostro. Intuizioni che oggi ci sembrano modernissime, ma che non adeguatamente sostenute da un qualsiasi ragionamento scientifico o osservazione empirica contribuirono alla sua fama di eccentrico (termine quanto mai appropriato).

Come quella volta che andò a Oxford proprio a tenere lezioni sulle teorie copernicane, come raccontato anche nel dialogo La cena delle ceneri, che si apre con una dedica al lettore non soddisfatto, gentilmente invitato a lasciar perdere argomenti di simile profondità, tanto per dare il tono. E dove Bruno si lamenta in continuazione dell'ignoranza dei professori inglesi, non alla sua altezza, e della inciviltà dei costumi di quella terra (invettiva dalla quale salva solo la regina Elisabetta e gli uomini più in vista della corte, convenientemente). Sentimenti ricambiati, visto che una ventina d'anni dopo l'arcivescovo di Canterbury avrebbe ricordato "quell'omiciattolo italiano [che] intraprese il tentativo, tra moltissime altre cose, di far stare in piedi l'opinione di Copernico, per cui la terra gira e i cieli stanno fermi; mentre in realtà era la sua testa che girava e il suo cervello che non stava fermo". Le sue lezioni vennero comunque interrotte quando venne accusato di aver plagiato un libro di Marsilio Ficino (cose che capitavano anche allora).

A Londra, secondo lo storico John Bossy, in realtà la sua attività era quella di una spia sotto copertura. Ospite dell'ambasciata francese a Londra, inviava rapporti alle autorità inglesi (con lo pseudonimo di Fagot) su quel che vi accadeva, contribuendo a tenere sotto controllo le attività papiste. In Inghilterra scrisse anche alcune delle opere più famose, come ad esempio Lo spaccio della bestia trionfante, libro denso di simbolismi, che ha ricevuto molte interpretazioni (a volte la bestia è il papa, a volte Lutero). E il De la causa, principio et uno, forse l'esposizione più chiara del suo monismo panteista e vitalistico. Si dice anche che abbia conosciuto il giovane Shakespeare, che infatti lo cita in Pene d'amor perdute.

Fra le varie peregrinazioni, a un certo punto giunse anche a Praga, dove è sospettato di essere implicato nella comparsa dei Rosacroce. Era dopotutto interessato alla filosofia ermetica e a tutta la fuffa new age che allora andava in voga in seguito alla scoperta delle opere di Ermete Trismegisto (un personaggio che non essendo mai esistito, era considerato il padre e il vero ispiratore di tutte le dottrine esistenti), per fortuna senza mai dedicarsi all'alchimia o alla magia vera e propria (nonostante due trattati di demonologia poco conosciuti, dove parla di come evocare e vincolare i demoni).

Tuttavia manteneva un certo atteggiamento ambiguo al riguardo. Se al re di Francia disse che la sua perizia mnemonica era frutto di scienza, e non di magia, con Giovanni Mocenigo, nobile veneziano che lo ospitò nella sua penultima dimora, dovette esserci un'incomprensione. Costui infatti a un certo punto si stufò di ricevere insegnamenti eretici che non sembravano in grado di dargli quei poteri magici che desiderava tanto, e decise di denunciarlo all'Inquisizione, che lo arrestò.

Giordano Bruno fu tenuto prigioniero per sette anni, prima a Roma, poi a Venezia, e continuamente interrogato (e torturato, questo va da sé). Inizialmente mentì riguardo a molte delle cose che aveva detto o fatto in giro per l'Europa, nella speranza che non venissero scoperte. Si disse pure disposto ad abiurare un paio di volte, ma a un certo punto dovettero davvero girargli le scatole, perché decise di mandare tutti a fanculo e salire sul rogo fischiettando, cosa per la quale avrà sempre il mio rispetto, molto di più che per quello che ha scritto in tutto il resto della sua vita. Di lui resta anche una frase davvero memorabile, perfetta per il cinema: "Avete più paura voi nel pronunciare la sentenza, che io nell'udirla".

Di lui, dopo morto, esistono due principali e contrastanti versioni: il positivismo riformista ottocentesco ci volle vedere un campione del libero pensiero contro l'oscurantismo ecclesiastico, e un martire della scienza. In realtà però non venne condannato in quanto scienziato copernicano, se non incidentalmente, ma in quanto eretico, cioè perché pensava che il cattolicesimo fosse un'immonda schifezza e non si era fatto troppi scrupoli nel dirlo. Questo è il motivo per cui non assisteremo mai a una sua "riabilitazione" da parte della Chiesa, e non è ragionevole pretenderla: non c'entrano nulla il Sole e la Terra, e non ci sono proprio dubbi sul fatto che Bruno fosse colpevole di ciò di cui era stato accusato (sebbene si possa, naturalmente, stimarlo per questo). Quanto al libero pensiero, lo professava solo per sé, visto che i suoi interlocutori erano tutti "asini" non meritevoli di parlare (la metafora più ricorrente nelle sue opere).

Dopo le ricerche della studiosa Frances Yates, invece, che ne scoprì e valorizzò il lato mistico-ermetico, è diventato un campione della new age contemporanea, dei Gabriele La Porta ("altrimenti lui muore"), e un po' anche dei Roberto Giacobbo. Misticismo in salsa egizia, magia, cabala, ars combinatoria, tarocchi e talismani, occultismo, Rosacroce, e il legame psichico che unisce ogni entità dell'universo a tutte le altre in un una rete di cosmica simpatia.

In realtà non fu né uno scienziato né un mago, ma solo un filosofo, anche di una certa complessità e originalità. Forse non fu uno dei più grandi pensatori della storia, forse era un po' confuso e pasticcione, per i nostri canoni, ma ebbe il coraggio di andare contro tutto e tutti per affermare le sue idee, di avere un pensiero del tutto indipendente dai dogmi della Chiesa, talvolta apertamente anti-cristiano e sicuramente anti-clericale. Una cosa mai vista prima, e che dovette spaventare non poco. Non so quanto rimanga davvero del suo pensiero, ma l'esempio rimane: per questo anch'io cerco di portare un fiore ai suoi piedi, quando mi capita di passare dalle sue parti.

domenica 7 febbraio 2010

pure Einstein è stato rimandato in matematica

Ieri mentre sbrinavo il frigorifero ho trovato due fiocchi di neve identici. Sono corso subito ad analizzarli nel mio laboratorio col microscopio, prima che si sciogliessero, e poi avrei voluto rimetterli subito nel freezer per conservarli, solo che non ho fatto in tempo. Ma per fortuna sono riuscito a scattare una fotografia della loro struttura microscopica, il che può confermare l'eccezionale scoperta.

A questo punto avrei voluto comunicare al mondo la mia scoperta, tipo al comitato del premio Nobel, però non avevo il numero di telefono del Re di Svezia. Poi mi è venuto in mente che nel mondo fra due persone qualunque ci sono solo sei gradi di separazione, allora ho telefonato a un mio conoscente, Demetrio, che fa il farmacista, che mi è sembrato l'anello più promettente della catena che mi avrebbe portato a Rita Levi Montalcini, e poi al Nobel.

Demetrio mi ha riattaccato il telefono in faccia, lui fa sempre così quando lo chiamo, perché sostiene che in realtà il fatto di condividere lo stesso buffo nome di battesimo non fa di noi dei conoscenti, e che devo smetterla di importunarlo anche su Facebook con le mie richieste di amicizia. Ha un caratteraccio, Demetrio, e non capisce tante cose, ma io ci voglio bene lo stesso, che in fondo non è tutta colpa sua.

Sono convinto che nessuno nasce stupido, solo che non tutti hanno imparato a sfruttare al massimo le loro potenzialità. La maggior parte delle persone usa solo il 10% del loro cervello, io invece lo uso tutto, ed è questo che mi porta a fare le mie scoperte. Il metodo che uso per attivare il 90% del mio cervello che altrimenti resterebbe inattivo è anch'esso una mia scoperta: un mix micidiale di Red Bull e Kinder sorpresa, più un ingrediente segreto che non posso rivelare (ma vi dò un indizio: l'ho scoperto quando per sbaglio ho ingoiato la sorpresa insieme al cioccolato).

Funzionerebbe anche la Coca-Cola, a dire il vero, ma quella preferisco usarla per scrostare il cesso, e poi la Red Bull mi invigorisce anche per altre cose, grazie alla sostanza che viene estratta dai testicoli del toro. Peccato solo non avere una compagna che possa apprezzare le mie qualità. Ma non ho rimpianti, ho scelto io di stare da solo, perché sono un tipo indipendente e voglio la mia libertà. E nessuna comunque riuscirebbe a cucinare il polpettone di carne come lo fa la mia mamma.

Le foto dei fiocchi di neve sono salvate sul computer in un file criptato con Dada Urka, adesso devo solo stare attento che nessuno mi rubi la scoperta. La comunità scientifica è piena di gente senza scrupoli. E devo stare attento ai cinesi, soprattutto, loro copiano qualsiasi cosa. Sono sicuro che metà delle mie invenzioni sono già state trafugate da loro, magari per essere prodotte in serie in una fabbrica di Shangai. Poveri bambini cinesi tutti uguali costretti per 16 ore al giorno a quadrare cerchi con riga e compasso (io speravo di vincere il Nobel per la matematica, con quello).

Il problema è che sono bravissimi a non lasciare tracce. Non si riesce neanche più a vedere la Grande Muraglia dallo spazio. Ma capisco che la questione diplomatica è delicata, e che occorre non pestargli troppo i piedi, perché anche se sono piccoli sono numerosissimi, e se si mettono a saltare tutti insieme la California sprofonda in un colpo solo. E poi sono obbedienti e disciplinati, come i lemming. Una volta avevo un lemming, ma si è suicidato buttandosi dalla finestra. Forse non gli è piaciuto il polpettone di carne, strano.

Ho sempre avuto un rapporto complicato con gli animali. Il gatto che mi hanno venduto qualche anno fa, per dire, era difettoso: aveva una vita sola, quindi è durato pochissimo. Poi ho preso un cane, ma abbaiava e mordeva. Alla fine ho dovuto dare il polpettone anche a lui. Quindi ho deciso di buttarmi sull'esotico, e ho comprato un boa che stava digerendo un elefante, ma mi hanno fregato di nuovo, era un cappello.
Il mio unico animale domestico in questo momento è una deliziosa farfalla, addestrata a sbattere le ali ogni volta che i cinesi provano a rubarmi qualche scoperta. Questa volta no, sento che il Nobel è vicino. Ma bisogna che esca, che vado a trovare Demetrio.

mercoledì 3 febbraio 2010

selvaggi


Gli Yanomami sono una popolazione che vive nella foresta amazzonica, in un territorio situato fra il Brasile e il Venezuela. I Tasaday invece vivono nella foresta pluviale di Mindanao, seconda isola in ordine di grandezza dell'arcipelago delle Fillippine.

Conosciuti fin dal XVIII secolo, gli Yanomami divennero molto noti dalla fine degli anni '60 come una delle popolazioni "primitive", di cacciatori-raccoglitori, più rappresentative e citate nei testi, grazie in particolare all'opera dell'antropologo americano Napoleon Chagnon, autore di Yanomamo. The Fierce People. Le osservazioni di Chagnon ebbero l'effetto di sovvertire un certo immaginario riguardante il "buon selvaggio", descrivendo in realtà una popolazione nient'affatto pacifica, ma dedita alla guerra e al saccheggio continuo nei confronti dei villaggi vicini.

Contrariamente agli allarmi sulla criminalità nelle civiltà urbane, risulta che l'omicidio nel mondo degli Yanomami (ma se è per questo anche di molte altre comunità isolate dalla civiltà) è una causa di morte di diversi ordini di grandezza più frequente che nel nostro. Lo status gerarchico, del resto, è legato direttamente al valore di un uomo come guerriero, e quindi al numero dei nemici uccisi, e addirittura Chagnon ha pubblicato un articolo scientifico nel quale mette in rilievo come l'attitudine alla guerra viene rinforzata "evolutivamente" grazie al meccanismo per cui i capi più valorosi possono avere più donne e conseguentemente lasciare una discendenza più numerosa dei rivali. La principale causa di conflitto fra gli Yanomami era vista proprio nella carenza di donne, per un circolo vizioso nel quale le donne, scarsamente valutate come progenie e quindi meno propense a sopravvivere, diventano un prezioso bottino per i guerrieri in virtù del loro scarso numero.

I Tasaday invece vennero scoperti solo nel 1971 da un uomo d'affari e politico filippino, Manuel Elizende (che ne ricevette notizia da un cacciatore chiamato Dafal entrato in contatto con loro). Costui era il consigliere del Presidente Marcos per le minoranze culturali, nel senso che si occupava di mediare tra le esigenze dei disboscatori e la volontà di conservare lo stile di vita delle varie minoranze di indigeni sparse nella foresta. Nel 1971, appunto, fece scalpore il ritrovamento, nel cuore della foresta, di un "popolo perduto", ritenuto del tutto isolato dal resto della civiltà dai tempi della preistoria. I Tasaday (26 persone in tutto, fra uomini, donne, e bambini) vivevano ancora nelle caverne, avevano una lingua loro, erano praticamente nudi tranne che per dei perizomi fatti di foglie intrecciate, non conoscevano l'agricoltura, e usavano solo rozzi attrezzi in pietra.

La notizia di un popolo che ignorava, secondo i primi osservatori, cose come la violenza e la guerra, e dallo stile di vita così semplice e pacifico, a contatto con la natura, affascinava. Finì così sulle pagine dei rotocalchi quali il National Geographic e in televisione. Quegli indigeni nudi e dai capelli lunghi erano la prova che l'umanità non è originariamente corrotta, ma che può essere trasformata nel senso auspicato dai fricchettoni dell'epoca, stanchi del Vietnam e della guerra. I Tasaday vengono visitati sotto la supervisione di Elizelde da un selezionato numero di giornalisti e antropologi, che ne scrivono resoconti entusiastici e realizzano documentari, nonché da visitatori curiosi fra cui l'ex aviatore Charles Lindbergh e la nostra Gina Lollobrigida. Ma solo per pochi anni, perché a un certo punto Manuel Elizende decide di proibire l'accesso a chiunque non abbia il permesso governativo (permesso che sarà negato a tutti), al fine di proteggere la già fragile comunità.

Nel 2000, una lettera inviata al presidente dell'associazione americana degli antropologi (AAA) annuncia la prossima uscita di un libro, Darkness in Eldorado di Patrick Tierney, contenente gravissime accuse contro Napoleon Chagnon e il genetista James V. Neel. Costoro avrebbero volontariamente infettato gli Yanomami con un "vaccino" non efficace che avrebbe scatenato un'epidemia di morbillo, il tutto nel quadro di un esperimento medico su cavie umane inconsapevoli. Si accusava inoltre Chagnon di aver fabbricato le prove sulla violenza fra gli Yanomami, di aver anzi contribuito lui stesso, col suo comportamento e la sua invadenza, a un aumento dei comportamenti violenti, e di aver danneggiato quella popolazione dipingendola in una luce poco favorevole e dando così la scusa per sfruttarla e depredarla dei suoi territori.

In realtà le accuse sull'epidemia artificialmente provocata vengono debunkate quasi subito (le autorità mediche smentiscono con decisione che il tipo di vaccino usato possa trasferire il morbo da persona a persona), ma restano i dubbi sull'operato di Chagnon, già da tempo sotto i riflettori della polemica. Lo si accusa ad esempio di aver acceso la competizione fra gli Yanomami scambiando armi e machete in cambio di informazioni, di averli messi l'uno contro l'altro facendosi rivelare i nomi segreti dei rivali, e poi spifferando apertamente questi segreti in modo da verificare la correttezza delle informazioni, o di aver realizzato documentari su scontri e battaglie che in realtà erano messe in scena da lui organizzate. Anche le sue teorie sulle cause della violenza vengono messe in discussione. La competizione fra gli Yanomami secondo Marvin Harris non è per il sesso ma per il territorio e le risorse ivi contenute (cioè per le proteine), mentre secondo Brian Ferguson (autore di Yanomami Warfare: A Political History) è addiritura per l'accesso all'antropologo, cioè per i favori dell'uomo bianco che porta i doni avvelenati della civiltà e rompe gli equilibri tradizionali.

Nel 1986, quando il regime di Marcos sta per cadere, due giornalisti riescono ad entrare nel territorio Tasaday sotto la guida di un militante comunista legato alla guerriglia contro il regime, Joey Lozano. Quello che scoprono, e che annunciano al mondo, è che i Tasaday non sono mai esistiti, ma che si tratta di un gruppo di contadini del luogo pagati per vestirsi da selvaggi, abitare nelle caverne, e recitare la parte dei primitivi, nel quadro di un'operazione di propaganda messa in opera allo scopo di mettere in buona luce il regime di Marcos o forse solo per soddisfare le ambizioni politiche di Elizelde.

In effetti, alcuni antropologi si erano già chiesti, com'è possibile che un gruppo rimanga isolato per millenni a pochi giorni di cammino dai villaggi più vicini? Com'è possibile che siano sopravvissuti tanto nonostante il loro scarso numero, al di sotto della soglia biologica di sopravvivenza? Perché le grotte sono così pulite, e dove sono i resti, nei pressi delle caverne, che indicano una presenza umana così prolungata nel tempo? Perché la loro lingua è così simile a un dialetto Manobo, ed è così facile da decifrare? Perché nessun antropologo ha davvero potuto osservare il loro modus vivendi, venendo ostacolato dalle interferenze di Elizelde? Com'erano davvero i Tasaday prima di venire in contatto con Dafal, e perché a volte indossano vestiti, e a volte tornano ai loro perizomi solo per compiacere i visitatori? I Tasaday tornano così sotto la luce dei riflettori, ma stavolta come "la più grande truffa della storia dell'antropologia". Gli antropologi che ne avevano avallato la storia vengono messi in ridicolo, e il mito del buon selvaggio nuovamente riposto in soffitta.

Ma le cose non sono mai così semplici. Numerose inchieste vengono svolte sull'operato di Chagnon, alcune ad esplicito intento apologetico, mentre un'altra investigazione viene promossa dall'AAA, che pubblicherà un lungo report informativo (in pratica Chagnon viene "processato" dai suoi colleghi). Ne emerge un quadro alquanto complesso, dove più che l'operato di Chagnon vengono messi in discussione i fondamenti stessi della scienza antropologica. Chi mette in dubbio l'oggettività delle osservazioni di Chagnon, in quanto condizionate dalla sua stessa presenza, non sembra rendersi ben conto che questo è semplicemente inevitabile e di quanto sia ipocrita e superficiale addebitare a lui quello che è una sorta di corollario, applicato all'antropologia, del principio di indeterminazione di Heisenberg.

È comunque evidente l'intento moralistico e persecutorio, in un clima di vera caccia alle streghe, degli accusatori, e sono in molti a notare come la figura dei veri "selvaggi", aggressivi e violenti, in questa storia la stiano facendo proprio le fazioni in lotta degli accademici. Degli Yanomami non interessa un granché a nessuno: quello che è in gioco è una nozione puramente intellettuale della "natura umana" e l'antipatia della sinistra accademica per la sociobiologia e la psicologia evoluzionistica, tacciata di riduzionismo e di eugeneticismo nazista. La vicenda comunque si concluderà in sordina nel 2005, quando l'AAA liquiderà tramite un referendum lo stesso report da essa scritto (fra mille litigi e dissociazioni) sulla base del fatto che una simile investigazione sull'operato di un membro non è prevista dalle regole dell'associazione, soprattutto in quanto priva del consenso necessario sulle questioni etiche messe in gioco (fra parentesi, la storia dello scandalo El Dorado è stata fonte d'ispirazione per uno dei primi post di questo blog).

Ma anche i Tasaday, nel corso degli anni, vengono riscoperti e in un certo senso rivalutati, con qualcuno che si spinge a dire che la vera bufala non sono loro, ma la notizia della bufala, spacciata frettolosamente per verità in un momento in cui tutto ciò che era associato al regime di Marcos era visto come negativo. Anche in questo caso i Tasaday, poverini, non hanno colpa di nulla. Come è documentato nel bel libro di Robin Hemley (Invented Eden) essi esistono, indubitabilmente (oggi hanno anche una loro pagina web), e del resto sarebbe stato impossibile ricreare dal nulla la loro lingua (o dialetto) solo per realizzare una bufala, ma hanno la responsabilità di non esser riusciti a combaciare perfettamente con l'immaginario che la civiltà voleva sovrapporre alle loro persone.

L'ipotesi oggi ritenuta più probabile è che non si tratti di una popolazione antichissima, ma semplicemente di un gruppo staccatosi forse un centinaio di anni fa da una tribù più grande in seguito a un'epidemia (il fugu, forse vaiolo, di cui conservano una vivida memoria), e quindi regredito a uno stato selvaggio, isolandosi nella foresta e perdendo la conoscenza dei metalli e dell'agricoltura. La loro soggezione nei confronti del "benefattore" Elizelde, che li voleva ancora più "selvaggi" di quanto già non fossero, avrebbe poi contribuito ad alimentare gli equivoci a loro riguardo. Quel che è certo è che non sono stati trattati bene da nessuno, abbandonati da Elizelde (fuggito dal paese), e squalificati dalla comunità scientifica, non hanno tratto nessun giovamento dalla loro "recita", se di una recita si è trattato (solo recentemente il governo filippino ne ha riconosciuto ufficialmente l'esistenza).

I percorsi del politicamente corretto, applicati all'antropologia, sono assai tortuosi: da una parte si attacca un antropologo per essersi rifiutato di descrivere in maniera idilliaca il modo di vivere di una popolazione dell'Amazzonia, come se il riconoscerne la componente aggressiva e violenta potesse giustificare davvero il loro maltrattamento, mentre dall'altra parte si nega l'esistenza stessa di un gruppo di persone, solo perché associate (in maniera da parte loro inconsapevole) ad un regime odioso. In tutto questo furore ideologico, come sempre, sono le persone in carne e ossa ad essere dimenticate e messe da parte.