martedì 6 maggio 2014

a proposito di Licio Gelli

Come ormai noto Matteo Renzi ha firmato una direttiva, il 22 aprile scorso, che dispone la declassificazione degli atti, presenti nelle varie amministrazioni dello stato e in particolare dell’inteligence, riguardanti le stragi italiane, per la precisione i fatti di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna e rapido 904.

Come ormai noto la decisione, salutata forse con eccessivo entusiasmo da parte di alcuni (pochi) che vi hanno visto ottimisticamente la chiave per penetrare i misteri d’Italia, ha anche suscitato polemiche da parte da chi (come Beppe Grillo) vi ha invece visto una mera manovra di propaganda che nella sostanza non sarebbe servita a niente.

In effetti è stato fatto notare, anche pedantescamente, come il segreto di stato non sia certo stato abolito da Renzi, essendo stato tolto (per cose relative a fatti di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale) dalla legge 124/2007 (governo Prodi II), e che il segreto di stato non è comunque opponibile ai magistrati che indagano sulle stragi, così che in gran parte si tratta di documenti già noti. Oltre a Grillo, anche una persona dalla quale ci si aspetta maggiore riflessione come Aldo Giannuli, ha accusato il presidente del consiglio di “vendere solo fumo”, sempre perché si tratterebbe di documenti già visti da qualcuno (molto più approfonditi i post successivi dello stesso Giannuli sul medesimo argomento).

Forse sarebbe bastato capire in cosa consiste davvero la direttiva per smorzare sia gli entusiasmi che le polemiche. Se qualcuno credeva davvero che dall’oggi all’indomani sarebbero stati resi disponibili le carte con sopra scritti i mandanti di tutte le stragi impunite della nostra storia, ok, non si tratta di questo, ed è vero che se c’era qualcosa di davvero importante probabilmente è già stato visionato da magistrati e anche da alcuni giornalisti. Ora però mettetevi nei panni di uno storico o un archivista: come vi sentireste se qualcuno dicesse che possiamo anche gettare via tutti i documenti riguardanti il tribunale speciale fascista, tanto qualcuno avrà già letto tutto quel materiale e sono stati scritti ormai un sacco di libri di storia sul fascismo? o che possiamo anche chiudere l’accesso alle biblioteche pubbliche tanto non esistono più segreti segretissimi sui regni romano-barbarici?

Perché quella è una direttiva che riguarda soprattutto storici e archivisti (e quindi interessa anche me, che in questo momento sto studiando per diventare archivista). È un atto che consente, ad esempio, di anticipare il versamento delle carte dalle amministrazioni agli Archivi di Stato prima che passino i quarant’anni previsti dalla legge, solo il primo passo per una reale trasparenza ed accessibilità. Proprio ieri mattina ero presente a un convegno tenutosi all’Archivio di Stato di Firenze riguardante la documentazione sul terrorismo in Toscana (nel corso del convegno fra l'altro è stato presentato il sito contenente la pubblicazione di tutti gli atti della commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2), dove naturalmente ho sentito parlare molto della direttiva del Presidente del Consiglio, e mi è parso che ci fosse una certa unanimità nel riconoscere l’importanza dell’atto e nell’esprimere soddisfazione.

Le osservazioni critiche in realtà non sono mancate. La presidente dell’Associazione familiari vittime della strage dei Georgofili per esempio ha insinuato come il fermarsi agli anni Ottanta, con la strage del rapido 904 e l’esclusione della strage dei Georgofili, nasconda la volontà di non scoperchiare lo scomodo argomento della trattativa stato-mafia. Critiche però consistenti soprattutto nell’ovvia constatazione che questo primo gesto deve poi essere seguito da una serie di altri provvedimenti che lo rendano davvero operativo ed utile (come non ha mancato di sottolineare lo stesso ministro Franceschini, intervenuto al convegno) cosa del resto che non riguarda solo quella tipologia di documenti ma tocca tutta la questione della gestione degli archivi nel nostro paese. Ci si potrebbe banalmente chiedere, ad esempio, se esistono gli spazi per accogliere quella documentazione, o il personale e le risorse finanziarie per gestirla, domande non banali in tempi di spending review.

Tutto questo credo sia già stato scritto, comunque. In realtà lo spunto per questo post mi viene da una certa circostanza di cui sono venuto a conoscenza proprio ieri. A Beppe Grillo è già stato fatto notare come pochi anni fa proprio lui invocava dal suo blog la rimozione del segreto di stato, proprio ciò che adesso non è più importante rimuovere ed anzi è solo propaganda. Ci si potrebbe anche chiedere, però, quale sia la sensibilità del leader 5 stelle riguardo alla cura degli archivi, o in particolare delle raccolte di documenti riguardanti la nostra storia recente. Quale sarebbe il futuro della memoria del nostro paese con un governo grillino?

L’occasione per avere una parziale risposta ci è fornita dal fatto che nel 2006 Licio Gelli ha donato il suo archivio privato all’Archivio di Stato di Pistoia. Anche in questo caso, com’è ovvio, non si creda che in quelle carte si trovino le prove del coinvolgimento di Andreotti nella strage di Ustica o altre italiche tragedie. Ci sono però documenti di notevole importanza, oltre che una ragguardevole collezioni di cimeli storici (autografi di Alessandro Manzoni, Hitler, Napoleone…). Non c’è nulla di strano, insomma, nel fatto che l’Archivio di Pistoia abbia accettato questa donazione, come non c’è nulla di strano nel fatto che alla cerimonia di presentazione dell’archivio fosse presente, oltre allo stesso Gelli, anche Linda Giuva, docente di archivistica (e incidentalmente moglie di Massimo D’Alema). Ebbene, come pensate che abbia commentato la cosa Beppe Grillo, nel 2006?

Un Gelli, ricordiamolo, già dieci anni prima sdoganato anche da Piero Pelù che era andato a visitarlo ed era da lui stato ricevuto addiritura nel 1995, come il grande archivio della rete ci consente di ricordare e tramandare.