giovedì 28 ottobre 2010

magnifiche sorti e progressive



Nel 1950, la percentuale di americani occupati in professioni manageriali e tecniche era del 17%, mentre nel 2000 era quasi il doppio, cioè il 33,5%. Questo significa che nel 1950 certe professioni, sicuramente ambite, appartenevano solo all'élite, e che richiedevano capacità particolari per potervi approdare. Siccome esiste una forte correlazione fra quoziente d'intelligenza e posizione sociale, possiamo essere sicuri che nel 1950 per appartenere a quel 17% di persone occorreva un quoziente intellettivo altrettanto elitario, corrispondente a un punteggio medio di 114.5, e un minimo di 104.

Più alta diventa la percentuale di impiegati in questi settori, meno elitari diventano (com'è ovvio), il che però significa che si abbassa sensibilmente anche il QI richiesto per parteciparvi. La percentuale relativa all'anno 2000, infatti, corrisponde a un QI medio di 110,5 e un minimo di 98. Quattro punti di media in meno rispetto al 1950. La questione è: se i manager di oggi sono meno intelligenti, in media, rispetto a quelli del 1950, significa che fanno peggio il loro lavoro?

In realtà, questo è un modo di porre la questione che fa capire un po' meglio di cosa parliamo quando parliamo di "quoziente d'intelligenza" (argomento che ho già trattato) e che serve da ottima introduzione a quell'affascinante fenomeno che è "l'effetto Flynn". Il punteggio che ottengo in un test di intelligenza non è affatto una misura assoluta delle mie capacità intellettive, ma dice solo come mi colloco rispetto alla popolazione che ha la mia stessa età, se cioè sono nel 2% delle persone coi punteggi più alti (e allora ho diritto di fare parte del club Mensa), o rientro in un più modesto 50%, o addirittura sono sotto la media.

Le persone che sono state testate nel 2000 non possono essere confrontate con quelle testate nel 1950, ovvero non è possibile concludere che, avendo ottenuto punteggi inferiori, allora hanno un'intelligenza inferiore (tutto questo, naturalmente, a prescindere dalla questione se i test d'intelligenza siano delle misurazioni adeguate di quella misteriosa qualità denominata appunto "intelligenza"). Tutto quel che è possibile concludere è che molte più persone, rispetto al 1950, hanno le qualità richieste per poter accedere a incarichi professionali di tipo manageriale. In realtà, questo non sarebbe possibile, se non vi fosse stato un aumento dell'intelligenza media della popolazione (altrimenti, dove sarebbero stati pescati tutti quei manager?).

In effetti, se ai soggetti del 2000 fosse stato presentato lo stesso test d'intelligenza svolto dai soggetti del 1950, avremmo potuto constatare un sorprendente punteggio medio di addirittura 130 punti (circa), ovvero sarebbero risultati dei geni, ma questo, ripeto, solo in confronto alla popolazione del 1950. I test d'intelligenza, in realtà, vengono revisionati periodicamente proprio per tenere conto di tali differenze, e del fatto che la popolazione sembra diventare di anno in anno "più sveglia", con un aumento di circa lo 0,3% annuo. Tre punti per decennio, e ben trenta punti in più rispetto all'inizio del ventesimo secolo, il che fa sì che chi ha oggigiorno un'intelligenza nella media sarebbe risultato un genio nel 1900, e chi oggi viene classificato, in base al punteggio, come un ritardato mentale, sarebbe risultato normalissimo cento anni fa.

La cosa ha anche delle sgradevoli e drammatiche implicazioni: negli Stati Uniti è considerato incostituzionale condannare a morte una persona che soffre di ritardo mentale (con un QI minore di 70), ma l'essere considerato ritardato o meno può dipendere dalla circostanza, fortuita, di quanto è aggiornato il test al quale si è sottoposti. Se il test è obsoleto, ciò può tradursi in due o tre punti in più, che non fanno molta differenza in quasi nessun ambito, tranne che in sede processuale, dove appunto possono significare la differenza fra la vita e la morte.

Ma da dove viene tutto questo aumento generalizzato di intelligenza, che difficilmente, in un lasso di tempo così breve, può essere attribuito a cause genetiche (le quali caso mai cospirerebbero contro, visto che sono le persone col QI più basso a riprodursi con maggiore frequenza)? La risposta, credo, si trova proprio all'inizio di questo post: la società lo richiede, semplicemente. Questo però significa anche che quello che viene misurato dai test, qualunque cosa sia, è molto più sensibile alle sollecitazioni ambientali di quanto non fosse ritenuto possibile. Il QI non è progettato, infatti, per essere una misura del grado di preparazione culturale di un individuo, ma in teoria dovrebbe misurare qualità mentali che non dipendono dall'educazione ricevuta.

Ma non è poi così difficile comprendere, una volta che ci si rifletta sopra, come invece l'evoluzione di una società, nel suo complesso, porti a delle modificazioni culturali e antropologiche profonde che vanno a incidere anche nelle misurazioni del QI. Si pensi alle condizioni di vita della maggior parte della gente all'inizio del ventesimo secolo. Persone che raramente vedevano pezzi di mondo al di là del proprio paese, e che difficilmente erano in grado di concettualizzare un'esperienza che andasse oltre il loro immediato vissuto. Persone, soprattutto, molto ancorate alla concretezza e al presente, e che quindi potevano avere difficoltà nel ragionamento ipotetico-astratto, che è proprio quel che è richiesto per superare brillantemente un test d'intelligenza. La maggior parte di noi non ha particolari problemi nel fare uso della logica al di là di referenti concreti e specifici e nell'intrattenersi, anche per puro divertimento, in ragionamenti estremamente ipotetici, ma non possiamo aspettarci davvero che un contadino dell'inizio del secolo scorso, per quanto sveglio, messo di fronte alla sequenza di immagini in apertura del post, sia in grado di, o anche semplicemente interessato a, indovinare quale figura sia "logicamente" la successiva (ah, io non l'ho saputo risolvere).

Lo psicologo sovietico Lurija negli anni '70 raccolse alcune interviste a contadini abitanti in remote zone della Russia, che ci fanno forse capire quanto certe abitudini mentali non siano da dare troppo per scontate (citate e tradotte dal libro di James Flynn, What is Intelligence?):


D. Dove c'è la neve tutti gli orsi sono bianchi; a Novaya Zemlya c'è sempre la neve; di che colore sono gli orsi lì?
R: Io ho visto solo orsi neri, e non parlo di cose che non ho visto.
D: Ma cosa implicano le mie parole?
R: Se una persona non è stata lì non può dire niente sulla base delle parole.

D: In Germania non ci sono cammelli; la città B è in Germania; ci sono cammelli nella città B?
R: Non lo so, non ho mai visto un villaggio tedesco. Se B è una grande città, dovrebbero esserci cammelli.
D: Ma se non ce ne fosse nessuno in tutta la Germania?
R: Se B è un villaggio, probabilmente non c'è posto per i cammelli.


Non è che i contadini intervistati da Lurija non riconoscano le implicazioni e non sappiano fare un sillogismo, è solo che il loro atteggiamento pragmatico gli impedisce di prendere in considerazione situazioni meramente ipotetiche e di raggiungere conclusioni sulla base di premesse inconsistenti. Un atteggiamento anche sensato, che però non aiuta ad ottenere buoni punteggi nei test d'intelligenza, e sicuramente non aiuterebbe neanche a superare brillantemente un colloquio di lavoro alla Microsoft (famosa per i suoi quiz assurdi ed estremamente impegnativi durante i colloqui, del tipo: "quanto tempo ci vorrebbe a portare via tutta la terra del monte Fuji, al ritmo di un camion al minuto?").

Ciò che ha liberato le nostre menti dalla schiavitù del concreto e dell'immediato presente, oltre alla educazione di massa, sono stati i nuovi media, i giornali, la radio, la televisione, e oggi i computer, la Rete, e i videogames. E poi la rivoluzione culturale che tutto ciò ha comportato. La maggior parte dei nostri coetanei ha almeno un'infarinatura di conoscenza scientifica, e ha imparato a guardare il mondo attraverso le lenti della mentalità razionale e scientifica. Non è solo il fatto che tutti sappiano leggere e scrivere e compiere operazioni aritmetiche elementari (che già non è poco) ad averci emancipato, ma il fatto che ognuno di noi può avere un'opinione, non importa se giusta o sbagliata, su cose come la politica economica del nostro governo, sulla riforma sanitaria di Obama, sulla politica estera di Israele, e che per formarsi tali opinioni sia costretto a ragionare su quel che dicono giornali e tv, e quindi vedere qualcosa al di à della punta del proprio naso.

E il fatto, anche, che ognuno di noi sia costretto a usare strumenti che hanno un certo grado di complessità cognitiva, e che in molti casi tali strumenti ci accompagnano per tutta la vita, al contrario dell'educazione scolastica che spesso viene dimenticata. Chi impara a usare un computer anche solo per navigare o usare la posta, o per giocare a Tetris, acquisterà delle abilità o delle abitudini mentali che difficilmente perderà, e che sono quelle che possono aiutarlo ad avere un buon QI, e a trovare un lavoro. Se poi l'ambiente di lavoro, a sua volta, è cognitivamente stimolante, il vantaggio acquisito sarà conservato per tutta la vita.

La domanda che ci si deve porre è se si tratti di vera gloria. Acquisito il fatto empirico, pare ormai accertato al di là di qualsiasi dubbio, che ci sono stati questi progressi nel QI (e anche se dobbiamo aspettarci di essere ormai prossimi a un arresto o un'inversione di tendenza, perché non è ragionevole che tali progressi durino per sempre), possiamo davvero parlare di un aumento dell'intelligenza, in un senso non banale (evitando cioè la tautologia per cui l'intelligenza è quel che viene misurato da un test)?

Ne dubito. Non perché non sia contento del fatto che alcuni strumenti cognitivi siano oggi più diffusi e più alla portata di moltissime persone che una volta ne erano escluse, ma semplicemente per il fatto che si tratta pur sempre di mera strumentazione, che può essere usata bene o male. In un certo senso, gli stessi fattori che portano molte persone ad apprezzare, che so io, la bellezza del sistema solare e delle leggi fisiche che ne rendono possibile l'esistenza, portano altre persone a formulare le teorie del complotto delle scie chimiche, o quelle secondo cui il Pentagono non è mai stato colpito da un aereo. Oppure produce gli spettatori di Quark, ma anche quelli di Voyager. Produce i lettori di Gödel, ma anche quelli di Derrida.

Chi formula o chi crede in certe teorie di complotto è stupido, senza possibilità di appello, ma non è detto che risulti tale in un test d'intelligenza. Il vantaggio dei contadini ignoranti e pragmatici di una volta è che non avevano tanto tempo da perdere in queste stronzate, beati loro. Ne consegue che, anche al di là di certi moralismi, non basta fornire certi strumenti in campo educativo, ma è anche il caso di preoccuparsi di come possono essere usati. Non basta insegnare biologia, ma occorre forse trovare il modo per impedire a uno studente di essere sedotto dalle teorie creazioniste, oppure dall'omeopatia. Non basta insegnare economia, ma occorre trovare un modo per cui dalle nostre scuole non escano fuori signoraggisti. Altrimenti dovremmo rimpiangere la stupidità dei nostri antenati.

35 commenti:

  1. Beh, forse l'atteggiamento dei contadini russi era più sano di quanto sembri. :)
    Comunque, il diritto ad avere opinioni stupide e sbagliate anche contro ogni prova del contrario è necessario allo sviluppo della società (più o meno la tesi di Feyerabend, almeno ad una lettura superficiale).

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  2. Un altro ottimo lavoro, Thomas.

    Naturalmente è superfluo ricordare che esistono numerose questioni sulle quali è lecito avere opinioni, mentre altre semplicemente non sono opinabili (esempio banale: le leggi fisiche di Newton e soci nel mondo macroscopico).

    Ora, questo è probabilmente già da solo il più potente test d'intelligenza sintetico di cui disponiamo: se uno non capisce questo concetto, e inizia invece a straparlare di fascismo intellettuale invocando l'indeterminatezza universale e il relativismo, siamo scientificamente certi di avere a che fare con un perfetto idiota.

    PS: L'incapacità di astrarre in generale, e in particolare di trarre conclusioni formalmente corrette da un banale condizionale controfattuale, comunque, è a mio avviso patologica. La grande macchina mentale della logica (Leibniz santo subito) funziona con argomenti che siano semplicemente validi, non necessariamente corretti: e guai se così non fosse!

    Lo stesso vale per la matematica, ovviamente. Nessuno chiede di fornire connotati di "concreto realismo" ad una generica varietà, o di immaginare geometricamente uno spazio di Hilbert, e peggio mi sento per tutte le altre branche della matematica "senza numeri": l'importante invece è saperci lavorare, in astratto e simbolicamente.

    Forse anche per questo tali materie vengono percepite come "troppo difficili": di certo richiedono una predisposizione notevole, e qui si potrebbe discutere a lungo sulle tesi di Heysenck e degli innatisti in generale (io le sottoscrivo a occhi chiusi).

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  3. Il diritto ad avere le opinioni anche più aberranti non si discute, quel che penso è che la diffusione di certe credenze possa rappresentare comunque un fallimento del nostro sistema educativo.

    Quanto all'incapacità di astrarre, sono d'accordo che non è certo un segno di intelligenza, ma io credo che bisogna prendere in considerazione anche la volontà e l'interesse: a me sembra che i contadini russi proprio non abbiano voglia di perdere tempo parlando di orsi bianchi, ma che non avrebbero difficoltà a trarre conclusioni nel caso in cui servisse a qualcosa.

    E comunque grazie, sempre buoni :)

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  4. "la diffusione di certe credenze possa rappresentare comunque un fallimento del nostro sistema educativo."

    Ma su questo siamo d'accordo.
    Non penso però (e secondo me non lo pensi neanche tu)che il "ritorno alla zappa" sebbene senz'altro consigliabile per taluni soggetti, possa rappresentare una soluzione generale.

    Leibniz: è lecito avere avere opinioni se sono le mie :)

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  5. @falecius: le opinioni possono ricadere, in modo mutuamente esclusivo, in una sola di due categorie kantiane. Le mie, e quelle sbagliate. :-)

    Chi mi conosce sa che sostengo da tempi non sospetti la necessarietà di inoculare con TSO prolungato e reiterato un robustissimo sistema di anticorpi prima di lasciare le menti infantili (d'ogni età anagrafica) libere di scorrazzare per il vasto e periglioso mare magnum dell'informazione.

    Gettare frammenti d'informazione così a casaccio - chi ha detto "perle ai porci" lassù in piccionaia? - ottiene risultati di ignoranza globale (e, peggio, falsa erudizione, idiots savants, donferrantismo et cetera fauna minuta) perfino peggiori di quando saper leggere e possedere libri e icunaboli era un lusso per pochissimi.

    Prima di pensare a piantare distributori di carburante ovunque, occorre sforzarsi di far uscire dalle fabbriche ottimi motori. Se il binomio scuola-famiglia non fa più il suo dovere, tutto il resto è davvero noia (Califano meritava appieno la laurea honoris causa: sicuramente molto più di tanti quaquaraquà postmodern apocalittici, organici e integrati ma mai cassintegrati).

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  6. Secondo me la risposta è D.
    Secondo me, credere che "il Pentagono non è mai stato colpito da un aereo" è qualitativamente equivalente a credere il contrario, in entrambi i casi è una questione di fede.

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  7. Il diritto ad avere le opinioni anche più aberranti non si discute...

    Peccato.

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  8. Atlantropa: hai tautologicamente ragione.

    Se ci spostiamo dal piano delle credenze a quello dei canterani, no: scusate, a quello dei fatti, le due posizioni non sono equivalenti.

    Una e' vera e dimostrabile, l'altra e' dimostrabilmente falsa; in questo la fede e le opinioni non c'entrano. Vedi il post di Leibniz, su cui avrei solo un piccolo dubbio (forse di lana caprina).

    Leibniz: tu parli di perfetto idiota. Al di la' della scontata domanda se l'idiozia possa essere perfetta o non sia invece imperfetta per definizione (e questa e' la battuta), mi chiedevo: se uno non capisce il concetto che esprimi e' idiota o incompetente?

    Mi spiego: incompetente e' chi non ha le abilita' e le conoscenze per assolvere un certo compito o per occupare una data posizione. Il termine "idiota" mi sembra abbia una connotazione patologica o medica (quanto meno, in origine l'aveva).
    Non nego che vi siano persone idiote che, a causa della loro condizione, siano impossibilitate ad acquisire competenze in alcuni (o molti) campi.
    Mi chiedo se effettivamente siano poi cosi' tante quanto il detto sulla mamma degli idioti vorrebbe: se cosi' fosse, il tuo auspicio sul TSO risulterebbe futile.

    Thomas: il livello qualitativo dei tuoi post e' sempre molto alto, ma questo e' tra quelli che mi e' piaciuto di piu' (per quel che puo' valere l'apprezzamento di un troll).

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  9. Terenzio, fortunatamente o sfortunatamente le uniche cose dimostrabili sono i teoremi della matematica.

    Per contro se crediamo che qualcosa esiste/è esistito/è avvenuto è perchè ci scommettiamo, perchè lo decidiamo, perchè vogliamo sia così, o una roba del genere.

    Ognuno ha una soglia diversa per attivare la propria ""fede""; ovvero: il prezzo del biglietto d'ingresso nel ""mondo reale secondo X"" varia al variare di X.

    Per rimanere all'esempio del Pentagono: molti hanno creduto sulla scorta di telegiornali e/o dichiarazioni rilasciate dalle autorità americane; qualcuno - spero pochi, per il bene del genere umano - sulla base dei due ""filmati"" rilasciati qualche tempo dopo; altri ancora sulla base dei quattro rottami e/o delle ""analisi"" degli ""esperti""; etc.

    Suppongo che molti crederebbero se vedessero un vero filmato in cui si veda un aereo di linea con una data livrea schiantarsi su un palazzo in qualche modo identificabile come il Pentagono; per costoro non c'è (o magari non c'è ancora) un motivo sufficiente per credere, pertanto non credono - che è cosa ben diversa dal credere che non (bomba, drone, caccia, missile...).

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  10. Atlantropa, sulla dimostrabilita' hai torto.

    Prima di questo, pero', vorrei sottoporti due articoli del padrone di casa, di cui condivido la posizione, relativamente alle tue affermazioni sul Pentagono e sulla realta'. Gli articoli sono (sempre che tu non li conosca gia'): "critica della ragione cospirazionista" e "la favola di Napoleone". Thomas si e' espresso incommensurabilmente meglio di quanto potrei mai fare io su questi argomenti.

    Sulla dimostrabilita' hai torto perche' e' possibile fare delle affermazioni relative al mondo fisico e dimostrare empiricamente che siano false. E' quanto ci ricordava Leibniz nel suo primo intervento: una ipotesi di legge di gravitazione basata sul cubo del raggio, per esempio, NON e' un teorema matematico (non discende da principi matematici generali, o assiomi) ed e' falsificabile in qualsiasi momento con un piano inclinato, una palla ed un cronometro.

    Questo vale anche per le scienze storiche: biologia o storia, per esempio. Posso ipotizzare che gli antichi Egizi abbiano avuto scambi commerciali e culturali intensi e prolungati con le societa' precolombiane, ed abbiano insegnato loro a costruire le piramidi.
    Posso falsificare questa affermazione verificando che la prevalenza nei nativi americani di proteine plasmatiche tipiche delle popolazioni nordafricane e' esattamente 0.

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  11. Chiedo perdono: ho scritto di getto ed ho scritto uno strafalcione.
    Sostituite "legge di gravitazione" con "legge del moto dei gravi".

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  12. Terenzio, leggerò senz'altro i pezzi che mi hai consigliato, non foss'altro perchè trovo queste pagine insolitamente interessanti.

    Ciò detto, non sono d'accordo: tu puoi dimostrarmi (e con delle riserve connesse col significato che ciascuno attribuisce alle teorie fisiche) che gli spazi percorsi vanno con il quadrato dei tempi e non con il cubo solo se condividiamo a monte uno stesso mainframe, fatto di ma=F, rotolamenti senza strisciamenti, trigonometria, rudimenti di teoria della misura in fisica e quant'altro. Altrimenti è esattamente come per i contadini russi di cui sopra: due lingue diverse, nessun dialogo.

    Credo che non esistano dimostrazioni urbi et orbi, esisteranno probabilmente solo dimostrazioni per un dato pubblico, ossia che possono essere condivise intersoggettivamente a condizione che.

    Una digressione sulla falsificabilità: è roba vecchia, il suo l'ha fatto - levare l'attributo di scientificità alla psicanalisi ed al marxismo - ma è ora di rimettetela in soffitta.

    So che il buon Popper ha detto che la mente non è tabula rasa, e condivido che la grandezza nell'uomo e l'aspettarsi il gradino in più o in meno mentre si scende una rampa di scale sono facce della stessa medaglia.

    Ma esattamente come una parete di un ufficio pubblico nasce nuda, senza crocifissi, così ab origine le nostre menti sono tali da non contenere alcuna precognizione su cosa è accaduto il giorno tal de tali; per cui se penso che un aereo si è schiantato sul Pentagono, o anche che i Patriots intercettavano oltre il 90% degli Scud che Saddam lanciava su Israele, è solo perchè ho ottenuto ed elaborato determinate informazioni.

    PS: Al momento, personalmente non ho motivi sufficienti per credere che un aereo si sia schiantato sul Pentagono; ciò non vuol dire che creda ad una qualche ""teoria alternativa"".
    ""Credo"", invece, alla legge di caduta libera ed a quella di gravitazione universale - almeno ufficialmente, altrimenti quelli per cui ""lavoro"" mi ""licenzierebbero"" in tronco.

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  13. Perdono, padrone di casa, ho combinato un casino! Blogger mi diceva - o almeno così ho creduto - che il mio intervento non veniva stato postato perchè troppo lungo, quindi ne ho postate 5 versioni decrescenti per lunghezza...

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  14. Blogger ha problemi con i post (non sarebbe la prima volta), od il browser di Atlantropa non legge gli stati di ritorno.

    Atlantropa: un System 36 puo' andare bene come mainframe da condividere?

    "Altrimenti è esattamente come per i contadini russi di cui sopra: due lingue diverse, nessun dialogo.".

    Non proprio.
    Che uno dei due non sia in grado di capire il linguaggio dell'altro non ha influenza sul valore di verita' di un fatto.
    Posso essere un pastore mediorientale del 6000 a.C. e non capire un'acca di meccanica elementare, ma se scaglio una freccia a quel bastardo del contadino che mi ha scacciato le pecore, lo accoppo ugualmente (concordemente a quanto previsto dalle leggi del moto).

    "Una digressione sulla falsificabilità: è roba vecchia, il suo l'ha fatto - levare l'attributo di scientificità alla psicanalisi ed al marxismo - ma è ora di rimettetela in soffitta."

    Anche la ruota e' roba vecchia, ma funziona. Con cosa proporresti di sostituirla?

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  15. Thomas, grazie per la pazienza - non è neppure la prima volta...

    Terenzio, quel che intendevo dire è che possiamo ricorrere al leibnitziano calculemus!, e quindi vedere chi ha ragione, solo se facciamo i conti con gli stessi attrezzi, se giochiamo con le stesse regole - chissà perchè m'è venuto in mente il mainframe; certamente potevo usare una metafora migliore, se è questo che volevi rimporverarmi.

    Ciò detto, il punto è proprio quello: la meccanica è, in ultima analisi, una fede, non una Verità Ulteriore o Migliore; ha dalla sua una enorme intersoggettività - chi lo nega? - ma la cosa finisce qui.

    Quanto alla falsificabilità, non c'è da sostituirla con nulla; della ruota facciamo continuamente uso, per contro non so di alcuno scienziato che, prima di pubblicare, si sia interrogato sulla falsificabilità della sua teoria.
    Quel criterio di demarcazione, oltre ad essere la pretesa bella e buona di impossessarsi di una parola, presenta una caterva di problemi sul piano logico e su quello storico.
    Infine, ci saranno più riferimenti alla falsificabilità in wikipedia o nel blog di Paolo Attivissimo che in tutto PRL.

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  16. la falsificabilità popperiana effettivamente è semplice buon senso, che non credo possa fungere, in modo immediato, da criterio di demarcazione o supremo principio epistemologico. è sempre valido però per smascherare chi non ne tiene minimamente conto, per questo forse viene citato così spesso in certi ambiti di discorso, ovvero quando si parla di complottisti.

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  17. La falsificabilità di una teoria all'atto pratico è la congiuntura che si verifica quando una persona (di solito particolarmente intelligente) che ha capito adeguatamente quella teoria (di solito scritta da qualcun altro) riesce ad ideare (ed a raccattare i soldi per condurre) un esperimento di misura che utilizza quella teoria.

    Praticamente è quello che dovrebbe aver fatto Eddington con la teoria della gravitazione di Einstein.
    Ma, ed a maggior ragione visto che si invoca il buon senso, quale ""persona di buon senso"" riterrebbe mai che la teoria di Einstein abbia bruscamente acquisito lo "status" di scientificità solo nell'istante in cui Eddington ha proposto il suo esperimento?

    Se in ambito scientifico quel criterio avesse davvero un qualche peso, al giorno d'oggi metà dei fisici sarebbe in mezzo ad una strada. Ma la ""realtà"" è ben diversa: gli scienziati sono uomini, trovano significativo che due strade diverse portino allo stesso risultato, vanno in estasi se c'è accordo fino alla settima cifra decimale, hanno loro criteri estetici e di eleganza, e la tendenza ad obbedire al capobranco, possono essere mossi muovendo denaro; mentre i filosofi della scienza sono innanzitutto degli storiografi della scienza, e, quel che più conta, l'impatto sulla scienza di ciò che essi dicono a proposito della scienza è trascurabile (parole - in verità non troppo testuali - del "falsificazionista adulto" Imre Lakatos).
    Per come la vedo io, il fatto che esso sia così gettonato in determinati ambiti di discussione è conseguenza spesso della tendenza a ripetere ciò che si è imparato in passato (Bacone direbbe idola qualcosa: è roba che ho imparato in passato strapassatissimo...), specie se poi così fan tutti, talora del tentativo di procacciarsi autorevolezza a basso costo, e quasi sempre del fatto che in generale una lettura intorno a Popper è comunque - ma solo da un punto di vista ""computazionale"" - più semplice e rilassante di una intorno ad una teoria a cui le ""teorie"" di Popper dovrebbero applicarsi.

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  18. Qual è la soluzione del test riportato in figura? E perché?

    Continuo a credere che nessuno sappia cosa significhi intelligenza...

    Grazie.

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  19. @Michele. A dire il vero non mi ci sono applicato molto, però mi dicono che sia la D, perché le figure in basso sono il risultato della sovrapposizione di quelle in alto, cancellando però le linee coincidenti (vale anche i orizzontale).

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  20. @Terenzio: fa piacere rileggere i vecchi amici, di quando in quando.
    Non ho sottomano un Castiglioni Mariotti né lo storico calepino famigliare, ma confido nelle mie remotissime reminiscenze liceali: già in latino idiota significava (anche) "incompetente".
    Resta il fatto che non solo l'ambiguità è ineliminabile dal linguaggio naturale, vieppiù in questi spazi ristretti, ma per giunta sembra che noialtri logici non sappiamo resistere alla tentazione di giocarci.

    Per il resto, temo di aver perso il filo della discussione sul povero Popper e dintorni. Inoltre sono davvero l'ultimo che potrebbe spendere giudizi ultimativi sulla questione: come epistemologo valgo nulla. Anche guardandolo molto dall'alto ed a maglie larghissime, il mio interesse è strettamente limitato alla filosofia delle scienze formali e dei fondamenti della matematica.

    Comunque oggi l'idea mainstream tra gli addetti ai lavori (practitioners ed epistemologi) è la confermabilità alla Carnap: la falsificabilità è ormai un attrezzo comune, non più specialistico.

    Riguardo alla relatività generale, e più in generale al fatto che gli scienziati sperimentali non seguano il paradigma (?), forse bisogna dimenticare le smargiassate einsteiniane postume del tipo "mi dispiace per il buon Dio".
    Ben prima dai successi degli inglesi, dal fitto carteggio con quel povero sfigato di Freundlich e da tutta la faccenda della fallita spedizione in Crimea emerge senz'ombra di dubbio che il primo ad avere un bel fuoco acceso sotto le chiappe per ottenere quanto prima una conferma sperimentale (non vogliamo chiamarla "falsificazione"?) era proprio lo spettinato di Ulm... superfluo specificare che poi, per conto mio, l'intera faccenda ha assunto reali connotati di scientificità unicamente quando Fridman e Gamow hanno proposto le loro soluzioni, ma si sa che quelli della mia parrocchia (un paio a caso: Chaitin e Wolfram) vedono le cose in modo piuttosto peculiare.


    PS: Imre Lakatos è veramente da prendere con le molle. Molto più di Feyerabend, e appena meno di quel matto scatenato di Reuben Hersch.

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  21. Scusami Leibniz,
    per capirci quando dici l'intera faccenda ha assunto reali connotati di scientificità unicamente quando Fridman e Gamow hanno proposto le loro soluzioni stai per caso sostenendo che prima del lavoro di Friedmann la teoria di Einstein non fosse ancora "scientifica"" e che lo sarebbe eventualmente diventata solo successivamente? e se sì, in base a quale ""criterio di demarcazione""?

    Inoltre, quando dici oggi l'idea mainstream tra gli addetti ai lavori (practitioners ed epistemologi) è la confermabilità alla Carnap: la falsificabilità è ormai un attrezzo comune, non più specialistico, "mainstream" e "comune" vanno intesi in ambito scientifico o della speculazione attorno alla scienza?

    Comunque concordo, stiamo deragliando pesantemente fuori tema; eppure l'OP così come moltri spunti successivi sono interessanti.

    Per esempio, prendendo le mosse dall'intervento dio Michele, dal punto di vista del significato la parola "intelligenza" è più simile alle parole "sedia", "corpo elettorale", "esercito" o alle parole "dio", "immaginazione", "volontà popolare"?
    Oppure, al netto della ""preterizione"", dire qualcosa tipo "amo così tanto la libertà di pensiero che permetto persino a quelli che pensano male di pensare male" è davvero così diverso dal dire (spero solo provocatoriamente) "lavaggio del cervello obbligatorio per rimuovere la possibilità di pensar male"?, non ci sarebbe forse da approfondire preventivamente meglio il concetto di "pensare male", "dire cose stupide" o "essere idioti"?

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  22. Personalmente non vedo una linea di demarcazione troppo netta tra chi pratica la scienza e chi vi riflette. In primo luogo, tutti i più significativi epistemologi che conosco sono anche o innanzitutto logici e/o matematici, e questa già da sola sarebbe argomentazione conclusiva, se non si volesse obiettare che frequento quasi solo filosofi della matematica e dintorni (ma Carnap e Quine hanno fatto ben oltre, tanto per citarne solo un paio).

    Secondariamente, è più comodo raggruppare le eccezioni: da un lato i filosofastri quaquaraquà che non sanno risolvere un'equazione differenziale ma straparlano di scienze come costruzioni sociali, dall'altro i burocratucci della scienza che si limitano a galleggiare tra il publish e il perish. Presenti esclusi, al solito: absit injuria verbis.
    Sono sovente solo costoro ad alimentare fortissimamente una discrasia fattuale tra l'epistemologo e lo scienziato quadratici medi, ma in astratto, e nei casi più belli, il primo deve sapere di scienza tanto quanto il secondo deve avere strumenti filosofici per riflettere su cosa diavolo stia facendo, in prospettiva.

    Quanto alla relatività generale, tutto il discorso ruota attorno alla sua correttezza rispetto al quadro osservativo-sperimentale e in particolare al ruolo della costante cosmologica nei lavori di Einstein e di Aleksandr Fridman, prima e dopo le osservazioni di Hubble (l'umano, non il telescopio omonimo).
    E' comunque, in questo caso, una questione di merito scientifico: non una demarcazione epistemologica più o meno di comodo.

    Col che intendo rimarcare un'idea epistemologica piuttosto elementare e perfino pre-popperiana: se un teorema è tale unicamente in presenza di una corretta dimostrazione, per blanda ma significativa analogia una teoria scientifica dovrebbe avere diritto a tale etichetta unicamente quando esistono importanti conferme alla sua correttezza, quando spiega quasi tutti i fatti cui si riferisce. Il che pare escludere dalla definizione - ad esempio - le superstringhe o i multiversi, almeno dal mio punto di vista.

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  23. Scusa LR, ma non sono riuscito a cogliere alcuna risposta diretta alle mie domande. In ogni caso posso provare a desumere ciò che pensi dalle cose che hai detto - magari dimmi se c'ho preso o meno...

    Dici che le stringhe non sarebbero roba scientifica, perchè non hanno ancora predetto nulla di nuovo o esclusivo; ma lo stesso avrebbe potuto dirsi, e per svariati anni, della la teoria della gravità di Einstein.

    Dici anche che la distinzione tra filosofo della scienza e scienziato sarebbe in qualche modo speciosa; a me non pare affatto: lavoro in un dipartimento dove ""si fa scienza"" e l'interesse verso i problemi epistemologici è largamente meno diffuso di quello per gli schacchi (anzi: localmente ai teorici interessa maggiormente persino Dvorak); forse non pareva nemmeno al Lakatos della celebre (celebre?) metafora dei pesci che nuotano benissimo senza conoscere l'idrodinamica.
    Perchè in effetti a me pare che, se magari è vero che il filosofo della scienza può trarre giovamento dall'avere una idea più precisa di quello di cui si occupano le discipline su cui egli vuol riflettere, non è affatto vero che uno scienziato diventa ""più bravo"" studiando filosofia della scienza.

    Non solo: se, come sembri dire ad un certo punto, gli scienziati si ponessero davvero problemi etici o filosofici, forse non si farebbero dettare l'agenda dai militari o delle multinazionali...

    In ogni caso, di questa roba possiamo anche parlarne altrove e/o in un altro momento; mi piacerebbe, invece, rispostare il dibattito sulle conclusioni:

    Non basta insegnare biologia, ma occorre forse trovare il modo per impedire a uno studente di essere sedotto dalle teorie creazioniste, oppure dall'omeopatia. Non basta insegnare economia, ma occorre trovare un modo per cui dalle nostre scuole non escano fuori signoraggisti. Altrimenti dovremmo rimpiangere la stupidità dei nostri antenati.

    Ecco, una delle cose che vorrei capire da voi è per esempio: qual è il criterio di demarcazione (sic!) tra l'insegnabile ed il non insegnabile? ovvero: chi fa l'arbitro?

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  24. Per le solite seccanti limitazioni di tempo e di spazio mi vedo costretto a lasciar cadere la discussione sugli aspetti epistemologici, rimandandola sine die (interessante, ma occorrerebbe esplicitare decisamente molti presupposti per creare una base d'intesa e un linguaggio comune, altrimenti perdiamo davvero tempo).

    Riguardo all'ultimo paragrafo riportato, il vero problema è a monte e a lato dell'insegnamento tematico o delle singole teorie. Si deve cioè insegnare ai giovani, in concreto, con luoghi di pensiero forti e capacità classificatoria veramente rigorosa, a riconoscere al volo una stronzata (ad esempio, le scie comiche o le panzane pseudoecologiste newage o il cospirazionismo giudo-pluto-demo eccetera) da una cosa seria.

    Non esiste una ricetta, o una linea di demarcazione facile facile: ma quando si è sviluppata una sensibilità in tale senso, si dovrà essere in grado di dire, come quel tale giudice americano: "Non sono affatto in grado di fornire una definizione esatta di pornografia o di nudo artistico, ma potete scommettere le scarpe che riconosco a prima vista e senza errori l'una o l'altra appena ne vedo un esempio".

    Quanto a "chi decide" la questione sembra più politica che filosofica. I comitati di saggi non funzionano, e lo si sapeva già ai tempi della Repubblica di Platone...

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  25. Premesso che quando vogliate parlare di Popper, epistemologia, e altre amenità, siete i benvenuti qui (quel post prese spunto in maniera similare da un'evocazione della falsificabilità avvenuta nei commenti ad un post di Malvino sull'ultimo libro di Hawking), resto al "potete scommetterci le scarpe": ecco, io le mie non ce le scommetto affatto.

    Per esempio, qualche tempo fa era di moda l'idea che dei malvagi tendenzialmente barbuti avessero segretamente scavato delle fortezze ipertecnologiche ed ipercorazzate nel cuore dell'Himalaya da cui poter complottare in tutta tranquillità contro il mondo libero (in quanto al riparo dalla thermal detection!!!). Ricordo chiaramente il viceimperatore dei liberi scorazzare liberamente per le tv sceriffe ad illustrarcene piantine e spaccati dettagliati, con tanto di freccette e didascalie.

    Ora, chiaramente potrei sbagliarmi, ma nonostante la visibilità che quell'idea ha avuto illo tempore, non mi pare che vi siano state molte ""analsi approfondite"" che l'abbiano debunkata; non so di alcun coraggioso ""cacciatore di bufale"" al servizio della ""verità"" che abbia sollevato un dubbio sulla realizzabilità di una simile opera ingegneristica; non mi pare che alcun ""blog tecnico"" abbia stimato il quantitativo di cemento armato, o le dimensioni delle trivelle, o l'energia necessaria per alimentarle; nessun osservatore ""rigoroso"" ed """imparziale""" di mia conoscenza si è interrogato sulla difficoltà di mantenere segreto un megaprogetto del genere.

    Delle due l'una: o quella non era una stronzata colossale: ed a quel punto ci si deve assumere la responsabilità di ritenerla una non-stronzata; oppure lo era: ma allora si ammetta di non essere così bravi nel ""riconoscere al volo"" ogni stronzata colossale.

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  26. Temo di non capire l'esempio, forse a causa della mia scarsa dimestichezza con la televisione. Ma capisco ancor meno il ragionamento sotteso: che relazione sussisterebbe tra la capacità di un generico individuo X (poniamo il sottoscritto, per fissare le idee) che nell'ordine sente una stronzata - la riconosce come tale - la butta nel dimenticatoio, e l'obbligo morale a denunciare pubblicamente bufale e stronzate che investe solo quel pugno di volontari autoproclamatisi debunker?

    La fallacia è decisamente patente. La (eventuale) mancanza di articoli e blog entries di debunker su questo o quell'argomento certo non implica che - attenzione alle negazioni dei quantificatori! - nessuno abbia bollato la questione come "stronzata al cubo".

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  27. Nemmeno io conosco la teoria di complotto cui si riferisce Atlantropa, temo.

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  28. Lì mi riferisco ad una delle tante ""teorie del complotto"" ""ufficiali"", in particolare a questa qui.

    Non mi fido della supposta capacità di chicchessia di filtrare stronzate: ognuno filtrerà solo le stronzate che gli sono scomode/antipatiche/fastidiose, mentre, per l'appunto, permetterà - in maniera più o meno consapevole - ad altre di aggirarsi indisturbate e di far danni. Ciò sempre ammesso che la stessa parola stronzata non sia il solito pasticcio linguistico, e/o la pretesa di oggettivare qualcosa di soggettivo.
    Per cui, a prescindere dalla pericolosità sociale insita nel bandire un pensiero, una teoria o un modo d'esprimersi (divieti e censure hanno la tendenza a moltiplicarsi a valanga, eg it.wiki) e parlando, dunque, solo da un punto di vista operativo, preferisco di gran lunga che ognuno possa dire quello che vuole, che non ci sia alcun filtro o rifugio o corpo speciale antistronzata calato dall'alto, che ognuno debba mantenersi continuamente in allarme e combattere personalmente contro le stronzate che gli sian gravi.

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  29. @atlantropa:
    Se ho capito cosa intendi dire con qui il buon vecchio Popper interviene a gamba tesa oppure fortunatamente o sfortunatamente le uniche cose dimostrabili sono i teoremi della matematica, hai torto in pratica ma perfettamente ragione in teoria.

    Esempio estremo: le nostre osservazioni sono compatibili con la gravitazione che va col raggio al cubo, purtroppo però sono affette da rumore, che per un caso sfigatissimo le fa assomigliare tremendamente a una forza che va col raggio al quadrato.

    Tornando alla geometria: sul Pentagono ci si è schiantato un Boeing 757. Non ne siamo certi al 100%, perché non è un teorema matematico. Però ne siamo certi al 99% abbondante (su undicisettembre.blogspot.com c'è scritto perché), mentre tutte le altre teorie finora tirate fuori sono enormemente meno probabili ed enormemente più contraddittorie. Oppure non sono falsificabili.

    Così come la terra tonda vs. piatta vs. cava.

    Conclusione: se una teoria è molto probabilmente vera e non ci sono alternative competitive, la possiamo considerare ragionevolmente vera (fino ad autorevole prova contraria).

    Se vuoi, ognuno ha una soglia diversa per attivare la propria "fede". "Fede" intesa come "questa teoria ha una così alta probabilità di essere vera che, per continuare a vivere e usare corpo e cervello per cose più utili che farmi seghe mentali, la considero vera fino a prova contraria".

    P.S.: La maggior parte delle affermazioni del marxismo sono falsificabili.

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  30. @Turz
    Mi sembra che parli di probabilità in un contesto in cui al più si potrebbe parlare di plausibilità soggettiva, che dica utilità o seghe mentali come se ti stessi riferendo a roba scolpita nella pietra; intravedo in questo una sorta di hoc signo vinces di sfondo, che temo sottragga molto spazio al dialogo.
    In ogni caso provo a risponderti.

    Le nostre osservazioni sono compatibili con la gravitazione che va col raggio al cubo, purtroppo però sono affette da rumore, che per un caso sfigatissimo le fa assomigliare tremendamente a una forza che va col raggio al quadrato.

    Qui non capisco.
    Gli unici potenziali centrali che danno orbite chiuse sono il quadrato e l'inverso del raggio; se poi si vuole che "valgano" le leggi di Keplero, allora la scelta è obbligata (chiaramente cosa questo poi abbia a che fare col moto ""reale"" di un ""vero pianeta"" in presenza del """resto dell'universo"" è interamente nell'occhio di chi guarda).

    sul Pentagono ci si è schiantato un Boeing 757. Non ne siamo certi al 100%, perché non è un teorema matematico. Però ne siamo certi al 99% abbondante (su undicisettembre.blogspot.com c'è scritto perché), mentre tutte le altre teorie finora tirate fuori sono enormemente meno probabili ed enormemente più contraddittorie. Oppure non sono falsificabili.

    Ecco, qui penso che tu stia deragliando; ed in più d'un senso.
    Per prima cosa esordisci con una prima persona plurale: che vuol dire? stai forse parlando a nome di coloro che la pensano correttamente?
    Nella locuzione certezza al tot% imho stai usando i numeri in maniera puramente suggestiva, non derivandoli da alcun tipo di calcolo; questo è decisamente pseudoscientifico.
    Che ""tutte (?) le altre teorie"" siano false ovviamente non implica in alcun modo che la teoria rimanente sia vera - salvo disporre di una sorta di "n+1-simo escluso".
    Lascio volutamente cadere il discorso sulla falsificabilità: evidentemente questa è assurta a paradigma del dicibile, qualunque cosa dicessi non sortirebbe effetto.

    Così come la terra tonda vs. piatta vs. cava.

    Non sono così sicuro che - magari ecludendo i ""bordi"" - le due varietà non siano ""equivalenti"". Certo, in una terra cava la luce non viaggerà più in linea retta; ma per qualcuno il gioco potrebbe valere la candela.

    La maggior parte delle affermazioni del marxismo sono falsificabili.

    Che io sappia Popper era urtato delle numerose verifiche ex-post della correttezza delle ""previsioni"" ""di Marx""; uno degli scopi dichiarati del criterio di demarcazione da lui proposto, "porgere il collo alla mannaia", era proprio quello di eliminare lo storicismo dal novero delle ""cose serie"" in quanto non predittivo.

    Tornando a quella che per me è la cosa più importante, qui si è detto - a conclusione di un ragionamento sull'intelligenza e sui test per la misura del QI - che talune idee sarebbero autoevidentemente stupide, e che contro di esse occorrerebbe in qualche modo mobilitarsi.
    Ho provato a contestare questa impostazione.
    Prima ho chiesto di spiegarmi il significato di quella supposta autoevidenza, ottenendo in risposta soltanto parafrasi della formulazione iniziale.
    Poi ho cercato di mostrare come di solito anche a coloro che si propongano come (o spaccino per) setacci per l'individuazione delle affermazioni inappropriate intorno ad un certo argomento, finisca poi per sfuggire tanta, troppa roba - concludendo che forse a quel punto sarebbe meglio ammettere tutto.
    Ecco: è su questo - non sulla fisica, non sull'epistemologia, non sull'11 settembre; che beninteso è tutta roba interessante, ma di cui si potrebbe parlare anche in altra sede - che mi piacerebbe avere un confronto con voi.

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  31. Boh, fino ad un secondo fa credevo di aver postato una risposta

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  32. Era finita nello spam, non ho idea del perché. Grazie per la segnalazione

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  33. Beh, non è detto che Blogger avesse torto...

    E poi, chiosando: cos'è lo spam se non ciò che finisce nella cartella dello spam?

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