sabato 12 giugno 2010

le ragioni dell'ateismo militante, e quelle del mistico


Vorrei rispondere a un post, di qualche settimana fa, dell'amico Leibniz Reloaded a proposito dell'ateismo militante.

In realtà non sono proprio la persona più giusta per farlo, perché, sebbene piuttosto anticlericale, non mi considero affatto un ateo militante. Non sono iscritto all'UAAR né mi interessa iscrivermi, né sono di quelli che ci tengono a "sbattezzarsi" (cosa inutile dal punto di vista cattolico, in quanto il battesimo non va via comunque, e quindi ancora più inutile per un ateo). Cerco di rispettare la fede degli altri in quanto faccenda privata, e di non turbarli con bestemmie o profanità varie (anche se quando sono da solo o con amici spesso mi lascio andare), e via dicendo. Fra l'altro ci sono sicuramente dei credenti fra i lettori di questo blog, e davvero non vedo il motivo di allontanarli per puro spirito di contraddizione.

Tuttavia, credo di comprendere di più, rispetto a Leibniz, le ragioni degli atei militanti, che se nel nostro paese vestono i panni un po' troppo gigioneschi di Odifreddi, sono più degnamente rappresentati nei paesi anglosassoni da persone come Richard Dawkins, Daniel Dennett, o Sam Harris.

Una prima obiezione che mi sento di muovere a Leibniz, è che l'ateismo per me "non è affatto una scelta fideistica, tanto quanto il suo simmetrico". Questo infatti presupporrebbe che non vi siano gradi di plausibilità, o di maggiore probabilità, nell'accettazione di un'ipotesi, ma che sia solo un "prendere o lasciare". Nessuno può essere assolutamente certo che Dio non esista, visto che in fondo sembra essere almeno una possibilità logica, ma si può ritenere, senza contraddire un atteggiamento razionale e scientifico, che la non esistenza sia un'ipotesi molto, ma molto più probabile dell'esistenza. Il vecchio argomento della teiera di Russell è valido, in questo caso.

Si chiede inoltre Leibniz: "certe posizioni non sono profondamente individuali e naturaliter incompatibili con codesto spirito partitico di aggregazionismo?". Può darsi che vi sia un nesso fra ateismo e individualismo, anche se non lo vedo così ovvio, ma niente in ogni caso proibisce a degli individualisti di unirsi per perseguire degli scopi pubblici comuni. Io non credo, infatti, che lo scopo di tali associazioni sia quello di riunirsi per cercare conforto reciproco nel "dogma della assenza di fede", o di svolgere rituali complementari a quelli dei fedeli.

Lo scopo è prettamente pubblico perché anche la religione tende a non essere un affare del tutto privato, ed è quello di neutralizzare quelli che gli atei ritengono essere dei danni oggettivi prodotti dalle credenze religiose nella sfera pubblica. Il paragone più immediato è quello con le associazioni di scettici e debunkers che cercano di sfatare credenze pseudoscientifiche, leggende urbane, e ciarlatanerie varie. Si potrebbe egualmente sostenere che chi lotta contro le scemenze degli sciachimisti perde tempo in maniera simile agli sciachimisti stessi (e un po' è anche vero), ma è pure evidente che gli sciachimisti, e in genere chi diffonde false e allarmistiche credenze, qualche danno lo fanno, e che quindi può essere considerata meritoria l'azione di chi li contrasta.

Paragonare i credenti (la totalità dei credenti) agli sciachimisti può essere percepito come molto offensivo e oltraggioso, per cui mi affretto subito a chiarire che io non li metto affatto sullo stesso piano, e credo che nessuno lo faccia. Se però l'essenza della fede è quella di ritenere vere determinate asserzioni senza nessun motivo razionale o supporto empirico, posso anche comprendere che questo sia ritenuto di principio eticamente sbagliato, e forse anche dannoso, da chi ha fatto invece della ragione scientifica la sua ragione di vita.

Credere nei miracoli, nel potere salvifico della preghiera, o nell'intercessione dei santi, ad esempio, può essere considerato come uno spreco di risorse che potrebbe essere più facilmente impiegato alla ricerca di mezzi più efficaci per ottenere i propri scopi (taccio per amor di quiete i pericoli del fondamentalismo religioso). In fondo, perché dovrei criticare chi si rivolge all'omeopata per guarire da una malattia, e non chi si rivolge a padre Pio? Oppure, perché nessuno ritiene offensivi quei libri che si dedicano a screditare le false credenze sull'astrologia, o sugli Ufo, o le strategie per vincere al lotto basate su ipotesi matematico-probabilistiche fantasiose, ma non appena ci si rivolge a cose come il parto virginale della Madonna ci si sente dare, con una certa stizza, del "positivista ottocentesco"?. Quali sono le false credenze che è giusto screditare e quelle che invece devono essere lasciate stare perché riguardano "la fede religiosa", e quindi al di fuori del campo della scienza? Perché dev'essere considerato politicamente scorretto mettere pubblicamente alla berlina le credenze religiose?

Nonostante tutto, sono però abbastanza d'accordo con l'ultima parte del post di Leibniz Reloaded, quando sostiene che la matematica (e secondo me anche la scienza, nonostante Dawkins abbia dimostrato che fra gli scienziati la percentuale di atei è molto più alta della media), ai suoi massimi livelli, avvicina a Dio, invece di allontanare. In un certo senso.

Onestamente, faccio fatica comprendere quella religiosità che si traduce in asserzioni meramente fattuali che hanno un chiaro, anche se magari ignoto, valore di verità (come "Cristo è risorto dopo tre giorni", ma anche "un Essere onnisciente e onnipotente ha creato il mondo e ci legge nel pensiero"). Ma effettivamente non credo che la religiosità si riduca a questo. "La religione – diceva William James – è la reazione totale di un uomo alla vita", e in questo senso essa può essere allargata ad aspetti che non sembrano avere molto a che fare con le religioni organizzate e le loro raccolte di dogmi.

La si può trovare, ad esempio, proprio nella devozione di uno scienziato alla ricerca disinteressata e fine a se stessa della verità. O più in generale nell'atteggiamento di sacro stupore di fronte al mistero dell'esistenza, o di fronte alla vastità e bellezza del cosmo. "L'ineffabile esiste – diceva Wittgenstein – esso è il mistico". Per Wittgenstein, però, il mistico consisteva proprio in tutto ciò che "non può essere detto", e in questo senso misticismo e scientismo coincidono: allargando i confini della conoscenza definiamo, per esclusione, anche tutto quel che ne resta fuori (lo scopo del Tractatus, cioè, è quello di circoscrivere quel che può essere detto proprio per far meglio risaltare il mistico, di cui si deve tacere). Un altro interessante, e più recente, tentativo di delineare un "misticismo razionale", lo si trova invece nel libro di John Horgan, Rational Mysticism, che però si rivolge più all'Oriente, alle esperienze di illuminazione, e allo sciamanesimo.

Il problema è che questo "atteggiamento mistico", se può conciliarsi con la ricerca spirituale di moltissime persone, non troppo attaccate ai dogmi ricevuti nel corso dell'infanzia, è del tutto incompatibile con la maggior parte delle religioni organizzate, la cui missione consiste non nel fare domande o nel mantenere un atteggiamento di apertura nei confronti del senso del mondo, ma proprio nel dare risposte (sbagliate) in feroce competizione sia con le altre religioni che con la scienza, e impedendo così una vera ricerca del "senso ultimo". Non a caso, alcuni scienziati che hanno studiato l'attività del cervello nel corso di quelle che i soggetti descrivevano come "esperienze mistiche", hanno anche notato che simili esperienze sono meno frequenti proprio nelle persone ufficialmente "religiose", come i preti. Non c'è da stupirsene, loro hanno tutte le risposte scritte in un libro.

E sia anche chiaro, in definitiva, che per quanto rispetto o ammirazione si possa avere per l'atteggiamento religioso e mistico, così definito, a niente che non abbia un vero e proprio contenuto cognitivo, proposizionale, avente un valore di verità ed esprimibile nel linguaggio, possiamo dare l'appellativo di "credenza". Le credenze religiose, in quanto tali, sono sbagliate, tutte. Gli atteggiamenti forse no

12 commenti:

  1. Tu affermi che nessuno paragona un religioso ad uno sciachimista. Bhe, non esserne così sicuro. Spesso gli stessi religiosi (anche se mai "ufficialmente") considerano i credenti di altre religioni alla stregua di sciachimisti.
    Detto questo parafrasando Fermi: se Dio esiste dov'è ? La verita è che morire fa paura.

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  2. doveroso segnalare, in attesa di un suo eventuale intervento, la replica di Leibniz Reloaded, della quale credo di condividere tutto (anche la parte sull'agnosticismo, da me forse troppo frettolosamente liquidata)

    http://soulsacrifice.blogspot.com/2010/06/le-ragioni-dellateismo-militante-e.html

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  3. Dice Leibniz:
    Qui (sul tema della laicità dello Stato) entra in campo una visione laica della società civile che appartiene a tutti i cittadini dotati di coscienza civica e certo non è patrimonio esclusivo delle associazioni ateiste o dei simpatici "sbattezzatori"

    Ok, non è "patrimonio esclusivo". Ma mi sapete per caso elencare altre associazioni, partiti, gruppi che portino avanti il tema della laicità dello Stato? Io non ne trovo. Certo, ci sono i radicali. 3%. E poi? Io mi sono iscritto all'UAAR per far vedere che possiedo una "visione laica della società civile". Perché a vedere i telegiornali e ad ascoltare i politici, sembra che la "coscienza civica" possa tranquillamente fare a meno della suddetta "visione laica". Ora mi si dice che sbaglio. Vorrei capire cosa avrei dovuto fare. Tenermi la mia "visione laica" e stare zitto?

    Sbattezzo. Mi risulta che abbandonare una religione sia un diritto implicito nel concetto di libertà di culto. In Italia ha questo orrendo nome, che fa da contraltare all'altrettanto orrendo nome di "pedobattesimo". Ok. E allora? Se non credo alla transustanziazione, alla verginità della Madonna e menate varie, se sono stato iscritto a questa religione per conformismo genitoriale e contro la mia volontà, è più giusto che me ne stia zitto o che comunichi il mio pensiero alla Chiesa, in piena trasparenza e correttezza?

    Quanto alla presunta sovrapposizione fra organizzazioni atee e marxisti, mi dispiace, ma qui evidentemente non si sa di cosa si parla. L'unica cosa che posso consigliare è un incontro con il circolo locale dell'UAAR. I quattro gatti di quello di Trieste spaziano in tutto lo spettro politico, dall'estrema sinistra all'estrema destra, passando per posizioni iperliberaliste, e immagino che lo stesso avvenga negli altri circoli.

    Francamente, questo "fuoco amico" sull'UAAR mi lascia molto perplesso. Capirei se fossimo in qualche Paese nordico dove Stato e Chiesa sono chiaramente separati, ma siamo nel cortile del Vaticano. Sono solo io a sentire il papa in ogni telegiornale del giorno? Sono solo io ad essere letteralmente terrorizzato dalla legge sul testamento biologico come si va configurando? Vogliamo far presente agli altri nostri concittadini che esiste un'altra via? Se sì, non si può prescindere da una qualche forma di associazione. Se non vi va bene l'UAAR, proponetemi qualcosa d'altro. Ma non proponetemi di limitarmi a fare i ca**i miei perché "conta solo l'individuo".

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  4. Io avevo scritto il post proprio per difendere le ragioni di associazioni come l'UAAR, poi non è detto che ci sia riuscito, non facendone appunto parte. Condivido anche il tuo punto di vista, Markogts, che giustamente sottolinea la particolarità politica dell'Italia rispetto ad altri paesi (ma non è che negli USA siano messi poi molto meglio). Sullo sbattezzo continuo però a pensare che, dopo una dichiarazione di ateismo o agnosticismo (o anche di adesione ad altra fede), costituisca un rituale del tutto pleonastico.

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  5. Io non riesco ad appassionarmi alle diatribe tra credenti e non. Ho sempre visto il credere e il non credere come aspetti molto personali, mentre per quanto riguarda il crocifisso, io, più che alla fede, lo associo all'idea di Occidente (tipo battaglia di Lepanto e battaglia di Vienna), ma anche queste sono idee personali.

    La mia fede cattolica (piuttosto eretica, ma è una storia lunga) è soprattutto un imperativo morale; sono convinto che se non fossi credente, visto il mio personale "finalismo", sarei finito per diventare un killer o uno spacciatore/corriere.

    Cordialità

    Attila

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  6. Sullo sbattezzo continuo però a pensare che, dopo una dichiarazione di ateismo o agnosticismo (o anche di adesione ad altra fede), costituisca un rituale del tutto pleonastico.

    Ma lo sbattezzo È proprio una dichiarazione di quanto dici. Non la invio certo al mio meccanico, ma alla Chiesa che sto abbandonando. Mi sembra abbastanza logico. Non la invio allo Stato, in quanto ad esso non deve comunque interessare il mio orientamento religioso, se non a fini statistici. E infatti lo sbattezzo serve anche per questo: dimostrare che non tutti sono cattolici in Italia. Se le leggi vengono rispettate, gli sbattezzati non possono più venir conteggiati tra i cattolici.

    Comunque non nego che lo sbattezzo abbia anche un significato dimostrativo, una protesta pacifica, come quella di chi brucia le schede elettorali o le tessere di partito e dunque possa essere visto come atto politico prima che come atto, diciamo, di coerenza.

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  7. Marco, il punto e' che la Chiesa del tuo sbattezzo se ne infischia.
    Il battesimo dal punto di vista cattolico e' un sacramento e NON si puo' annullare, tranne forse per alcuni condizioni specialissime di natura altrettanto sacramentale (per esempio un battesimo impartito da un prete la cui ordinazione non sia valida non dovrebbe essere valido, in linea di principio, cose cosi').
    Non credo che possano rimuoverti dal registro parrocchiale dei battezzati, per il semplice motivo che in effetti tu SEI STATO battezzato.
    Lo scopo della campagna, se ho capito bene, e' quello di non essere contati come cattolici, sebbene si sia stati battezzati.
    Questa richiesta e' legittima: personalmente la trovo piuttosto condivisibile nei fini, ma mi paiono inadeguati i mezzi. Non sono sicuro di capire che ragioni avrebbe la Chiesa per soddisfarla.

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  8. la Chiesa del tuo sbattezzo se ne infischia.
    Non proprio, resta pur sempre un atto di apostasia con scomunica latae sententiae.

    Lo sbattezzo prevede un'annotazione sul registro parrocchiale.

    Non sono sicuro di capire che ragioni avrebbe la Chiesa per soddisfarla.

    Rispetto della legge sulla privacy. Non molto, in effetti.

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  9. Ringrazio innanzi tutto per l'attenzione concessa ad un mio intervento, tutto sommato stiracchiato e poco significativo (sintomo assai evidente della mia scarsa passione per l'argomento ed il suo portato).

    Ho già cercato con un secondo post di chiarire alcune ambiguità che il buon Thomas aveva in parte evidenziato e che rischiavano solo di confondere le acque.

    Purtroppo il rischio sempre sotteso a queste discussioni è un inopinato mescolamento dei piani del ragionamento: filosofico, sociologico, etico e assiologico, politico.

    Francamente però devo ribadire che la politica mi annoia mortalmente. Ripeto che non solo io credo fermamente nelle specializzazioni in ambito filosofico (il "filosofo tuttologo" alla Kant è ormai roba da libri di storia), ma che sono anche fiero di dichiararmi un "filosofo dilettante" esentato eo ipso dall'obbligo di avere idee filosofiche chiare, distinte e forti su una quantità enorme di questioni "importanti" ed eterogenee, di molte delle quali effettivamente non me ne potrebbe fregar di meno.

    Forse a causa del mio distacco filosofico, o forse perché non guardo i telegiornali, di fatto non colgo una vera urgenza delle tematiche sollevate dal nostro buon Marco, tale da dover costituire addirittura associazioni parallele ed indipendenti dai partiti, almeno nelle intenzioni.

    Molto di quanto segnalato è infatti un problema squisitamente politico, una sensazione derivante dal malaugurato accidente che l'Italia è e rimane un paese ad ampissima maggioranza cattolica (sia pure con tutti i distinguo del caso): stanti i meccanismi della democrazia, chi la pensa come il sottoscritto o come il padrone di casa Thomas o come lo stesso Marco è destinato a far parte di una minoranza, per giunta non rappresentata... ne deriva un complesso di accerchiamento, certamente fonte di disagio, sulle cui modalità di superamento pratico però le idee divergono fortemente: anche tra "compagni di merende" atei e agnostici, a quanto pare.

    Il che, in ultima analisi, non perplime e non stupisce, trattandosi come evidenziato di un problema innanzi tutto politico, e solo in subordine religioso.

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  10. Phil o Fil (come volete)22 giugno 2010 alle ore 11:33

    @ Attila:
    "La mia fede cattolica (piuttosto eretica, ma è una storia lunga) è soprattutto un imperativo morale; sono convinto che se non fossi credente, visto il mio personale "finalismo", sarei finito per diventare un killer o uno spacciatore/corriere."

    La fede non dovrebbe essere un imperativo morale, ma dovrebbe essere uno di quei "finis in consequentiam" di cui parla Kant nella "Religione entro i limiti della semplice ragione". La morale risiede nel concetto di uomo, e da lì deriva la religione, non il contrario. Per quanto riguarda le tue convinzioni, al massimo puoi trarle dalla tua ragione ma penso che l'esperienza smentisce abbondantemente.
    (sono pronto per l'esame di Filosofia Morale di giovedì p.v. :P)

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  11. Non la invio allo Stato, in quanto ad esso non deve comunque interessare il mio orientamento religioso, se non a fini statistici.

    Nel mio caso, l'ho dovuto dire solo allo Stato (germanico), in modo che non mi togliesse la corrispondente quota di tasse (qui l'8 per mille è in realtà l'8 per cento, ma è facoltativo: chi è cattolico o evangelico deve esserlo anche materialmente, chi non lo è non è obbligato a dare soldi in più allo Stato).
    Poi lo Stato l'avrà detto alla Chiesa quando la Chiesa si è presentata a battere cassa.

    @falecius:
    Marco, il punto e' che la Chiesa del tuo sbattezzo se ne infischia.

    Per essere precisi, se ne sbatte.

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  12. Se però l'essenza della fede è quella di ritenere vere determinate asserzioni senza nessun motivo razionale o supporto empirico, posso anche comprendere che questo sia ritenuto di principio eticamente sbagliato, e forse anche dannoso, da chi ha fatto invece della ragione scientifica la sua ragione di vita

    Vorrei solo appuntare che la religione (parlo in generale e non mi riferisco a discorsi e dichiarazioni particolari) si occupa di anima, spiritualità e questioni che non possono essere provate (la transustanziazione ne è un esempio). Da credente condanno anche io quando qualche credente fa affermazioni irrazionali senza supporto empirico su fatti reali o naturali. In un discorso tra atei e religiosi questo dovrebbe essere sempre esplicitato: la religione non può dire "il sole gira attorno alla terra perchè lo dice la scrittura", ma che l´anima sopravvive alla morte del corpo si.

    P.s. sono solo esempi e spero di essermi fatto capire.

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