venerdì 31 luglio 2009

apologia dell'attacco personale

Trovo l'argomento ad hominem largamente sottovalutato. È vero che la verità di un'affermazione è logicamente indipendente dalla persona che afferma (tranne ovviamente che in casi speciali, ad esempio quando l'affermazione riguarda proprio colui che parla, come in "io sono bello"). Ma è anche vero che esiste un legame causale e statistico evidente fra l'intelligenza di una persona e la validità dei suoi argomenti.

Le persone stupide tendono a fare discorsi stupidi, perché sono stupide. Quindi un modo molto semplice per liquidare ad esempio certe teorie del complotto è far notare come solitamente chi le propone è un perfetto idiota, e non perderci troppo tempo.

A meno che non si creda davvero che sia solo un caso fortuito, se fra i principali sostenitori delle teorie del complotto vi siano fisici convinti che Gesù Cristo ha visitato l'America, scrittori che sostengono che la regina d'Inghilterra è un rettile alieno travestito da simpatica vecchietta, teorici della Terra cava, negazionisti anti-semiti, inventori della macchina del moto perpetuo, coltivatori di orgoni, quelli che si curano il cancro col bicarbonato, e chi più ne ha più ne metta.

Ma c'è di più. L'argomento ad hominem, tranne in casi estremi, è quasi sempre una mossa retorica perfettamente valida nell'ambito di una discussione, in quanto le discussioni raramente servono a stabilire una verità eterna e definitiva, ma servono più facilmente a raggiungere conclusioni provvisorie relative al contesto e agli interlocutori.

In origine, per "argomento ad hominem" non si intendeva, in effetti, un attacco personale o ingiurioso rivolto al proprio avversario e del tutto slegato dal soggetto del discorso (es. "secondo me 2+2 fa 4", "no, perché tu puzzi"), ma semplicemente un argomento che utilizza come premesse proprio le concessioni fatte dall'avversario, in modo da forzarlo a rivedere le premesse già concesse o ad acconsentire alle conclusioni, senza con ciò avere pretese di verità assoluta (cfr. John Locke, Essay on Human Understanding, IV.XVII.21, "[…] to press a man with consequences drawn from his own principles or concessions. This is already known under the name of argumentum ad hominem").

Ad esempio, nel caso in cui si volesse argomentare contro la pratica dell'aborto, si potrebbe chiedere all'interlocutore se è d'accordo nel sottoscrivere l'affermazione "l'omicidio è sempre immorale", per poi sostenere che essendo l'aborto una forma di omicidio anche esso è immorale. In tal modo l'avversario dovrà o dimostrare che l'aborto non è un caso di omicidio, o rivedere la premessa che l'omicidio è sbagliato, o arrendersi. Anche in questo caso però non si sarebbe dimostrata, in assoluto, l'immoralità dell'aborto, perché non è detto che tutti gli interlocutori sottoscrivano le stesse premesse.

In un'altra discussione, con un'altra persona, l'antiabortista forse non potrebbe ricorrere allo stesso argomento ("ad hominem") in difesa del proprio punto di vista, ma dovrebbe adattare la propria strategia all'interlocutore che si trova di fronte, e agli argomenti di costui. Quindi, a meno che uno non disponga davvero della verità assoluta a portata di mano e possa tirarla fuori dal cilindro ponendo fine alla diatriba, tutte le discussioni normali sono fatte di argomenti ad hominem, in questo senso specifico (originario).

Si noti che anche la famosa dialettica socratica, il modello della discussione razionale per eccellenza, non consiste di altro che del tentativo di portare allo scoperto le incongruenze nella posizione dell'avversario: se io sostengo A, e mi fanno notare che A implica B, che io ritengo falsa, allora posso essere costretto ad abbandonare A. Ma A nonostante tutto potrebbe essere vera (insieme a B). Il fatto è che siccome nessuno dispone di un accesso privilegiato alla Verità, tutto quel che si può fare è almeno cercare di essere coerenti.

Una variante dell'argomento ad hominem più vicino alla sua accezione odierna, dispregiativa, è l'argomento "tu quoque", nel quale si fa notare che il pulpito dal quale proviene la predica non è esattamente immacolato. Ma anche in questo caso la mossa potrebbe essere perfettamente legittima e razionale. Se qualcuno protesta contro l'abitudine di indossare pellicce, non è sbagliato fargli notare che anche lui mangia carne animale. A meno che l'interlocutore non sia vegetariano (e in questo caso l'affondo va a vuoto), ciò lo costringe a interrogarsi o a specificare cosa c'è che non va nell'uso delle pellicce, che lo differenzia in senso morale dall'uso di mangiare carne. Ancora una volta, con ciò non si dimostra che le pellicce vanno bene, ma solo che, forse, chi si oppone ad esse lo fa per motivi nei quali non crede in fondo nemmeno lui (altrimenti non mangerebbe carne), e si sposta sull'avversario l'onere della prova.

Analizzando a fondo la questione non sembra esservi una vera soluzione di continuità fra i due modi di argomentare, del tutto legittimi, che abbiamo visto, e l'argomentum ad hominem quale lo si intende oggi normalmente, indicandolo come una pessima abitudine retorica. Non sempre, ad esempio, è inappropriato mettere in questione la caratura morale di chi fa un certo discorso: nessuno prenderebbe sul serio le vibranti proteste contro l'eccessivo libertinaggio e la decadenza dei costumi della società odierna che provenissero da un assassino seriale. La strategia è affine al tu quoque, ma non identica, in quanto non si intende accusare l'assassino seriale dello stesso peccato che egli denuncia, e ancora una volta con questo non si dimostra certo che le sue idee siano sbagliate in sé, ma solo che egli non è la persona più adatta per difenderle. Stavolta l'osservazione non può neanche essere presa come un argomento a favore di un punto di vista qualsiasi, visto che l'attacco può provenire persino da una persona che condanna, egualmente, il libertinaggio e la dissolutezza dei costumi.

Simile a questo, e ancora più vicino all'argomento ad hominem inteso come attacco personale, vi è l'accusa di difendere un certo punto di vista non in quanto giudici imparziali, ma in quanto parti in causa, o aventi un certo interesse nel propagandare proprio quel punto di vista. È la strategia ad esempio di chi accusa gli scienziati scettici sul riscaldamento globale di essere al soldo delle multinazionali. Si tratta di un artificio retorico di cui in effetti spesso si abusa (il fatto che una ricerca venga finanziata da una compagnia petrolifera non ne inficia, di per sé, le conclusioni), eppure non si può dire che sia un argomento del tutto indegno di interesse. Richiamando l'attenzione sul coinvolgimento personale di chi difende un certo punto di vista, si potrebbe semplicemente voler invitare gli altri a valutare e controllare con maggiore scrupolo determinate affermazioni, in quanto non è affatto improbabile che esse siano viziate (anche presupponendo la buona fede) da scarsa oggettività.

All'estremo inferiore nella scala delle argomentazioni legittime troviamo infine l'insulto vero e proprio: "hai torto perché sei un cretino", "sei uno sporco debunker amico degli americani", "sei un ebreo comunista e mangi i bambini". In realtà, come fa notare David Hitchcock (in un saggio pubblicato in rete dal quale ho largamente attinto per queste mie riflessioni), la liceità morale di una simile strategia è certamente discutibile, ma è difficile considerarla una vera e propria fallacia, o un errore logico nel modo di argomentare, per il semplice fatto che non vuole affatto essere un argomento. Potremmo al più considerarlo un diversivo, un modo di evitare il confronto, o di infangare la reputazione dell'avversario a prescindere da quel che sostiene, ma certamente non un sofisma, un ragionamento sbagliato.

Ma per quanto antipatico sia talvolta questo modo di discutere, perché dovremmo considerarlo sempre illecito? Se ad esempio il mio interlocutore è davvero un cretino senza speranza, perché dovrei perdere tempo a ragionare con lui? Al di là della misera soddisfazione insita nell'insultare il prossimo, inoltre, facendo notare che si tratta di un cretino posso svolgere un servizio utile ad altre persone che potrebbero trovarsi coinvolte nella disputa, e che potrebbero essersi non ancora accorte di quanto il loro avversario sia cretino.

Mettersi a discutere con una persona stupida, o anche moralmente indegna e in evidente malafede, non è mai un modo molto proficuo di passare il tempo. Quindi l'argomento ad hominem può servire non tanto a ottenere ragione in una disputa, ma solo ad evitare di perdere il proprio tempo o farlo perdere al prossimo. Si tratta della semplice consapevolezza che niente di buono può venire da certe fonti di informazione e da certe persone, al di là delle verità occasionali che non si può comunque escludere che tali persone siano in grado di affermare (in fondo sono persone).

Riprendendo la distinzione iniziale, fra il legame puramente logico esistente fra certe affermazioni, e il legame statistico-causale fra la stupidità di una persona e la stupidità delle sue affermazioni, mi sembra che chi denuncia il ricorso all'argomento ad hominem come una fallacia nel modo di ragionare, non ha ben presente appunto tale differenza. Se una calcolatrice è difettosa in partenza, non può essere usata per controllare la validità di un calcolo aritmetico, anche se non sappiamo se quel calcolo è stato effettivamente eseguito in maniera scorretta. Liquidando il risultato, quindi, non stiamo commettendo l'errore logico di valutare un calcolo aritmetico in base a fattori che con l'aritmetica non hanno nulla a che fare. Semplicemente, non stiamo parlando di aritmetica, ma delle prestazioni della calcolatrice, e di quanto ci si possa fidare.

E comunque, penso sia persino dimostrabile, un sano pregiudizio ha salvato molte più vite di quante ne abbia fatte perdere.


* Per coerenza con quanto sopra esposto, tolgo la moderazione ai commenti. Ognuno si senta libero di insultarmi quanto gli pare. Solo, siete pregati di non insistere qualora vi cancellassi qualcosa. Altrimenti oltre che cretini siete pure dei gran rompiscatole.

25 commenti:

  1. "Mettersi a discutere con una persona stupida, o anche moralmente indegna e in evidente malafede, non è mai un modo molto proficuo di passare il tempo"

    sembra la descrizione perfetta di raf! con un tale schifoso verme è inutile parlare..
    ma forse questo non è l'esempio giusto: proprio in base alle sue "argomentazioni" io inferisco che è un "verme schifoso", non viceversa!

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  2. Raf? Quello che scriveva i commenti al post su Lagostena Bassi? Ma no, poveretto!

    È vero che ha scritto delle cose orribili, ma evitiamo certi epiteti per favore (sennò poi mi tocca cancellare tutto).

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  3. Ed anche la masturbazioncina mentale del 31/7 è stata assolta. Lo stile ed i contenuti(?) risultano appassionanti e geniali come di consueto. Si può partire per le vacanze tranquilli.

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  4. Buone vacanze, Ano.

    Portati dietro un buon libro e rilassati. Spero che tu parta per una località priva di Internet Point ad ogni angolo, così potrai evitare di controllare la pagina dei commenti ogni cinque minuti.

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  5. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  6. Mettersi a discutere con una persona stupida, o anche moralmente indegna e in evidente malafede, non è mai un modo molto proficuo di passare il tempo. Quindi l'argomento ad hominem può servire non tanto a ottenere ragione in una disputa, ma solo ad evitare di perdere il proprio tempo o farlo perdere al prossimo. Si tratta della semplice consapevolezza che niente di buono può venire da certe fonti di informazione e da certe persone, al di là delle verità occasionali che non si può comunque escludere che tali persone siano in grado di affermare (in fondo sono persone).

    Dal manuale del perfetto Disinformatore
    NWO 1995-2009

    Argomento ad hominem, Insulto:

    Essenziale quando la perfetta rispondenza dell'epiteto con il soggetto "ricercatore" è resa evidente da:

    * calcolo errato di tangenti
    * uso improprio di strumenti di misurazione (es. barometri)
    * falsificazione documenti di Enti Istituzionali
    * misurazione spannometrica di quote aeree
    * Photoshoppatura compulsiva
    * traduzioni tendenziose

    :-))))))))))))))))))

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  7. Complimenti: argomento decisamente interessante, e soprattutto molto vasto per il suo portato. E' chiaro infatti che se da un lato lo status epistemologico delle fallacie è tutt'altro che definitivamente chiarito - è ancora disponibile sul web, ad esempio, il bell'articolo di Margherita Benzi in proposito -, dall'altro la percezione generale nei confronti della retorica e della nouvelle rhétorique (specialmente nel filone di Toulmin) è tutt'altro che positiva, come sottolinea invariabilmente nei suoi numerosi e fortunati lavori anche Adelino Cattani, uno dei nostri massimi cultori della teoria argomentativa.

    A proposito di quest'ultima considerazione, aggiungo solo che molta responsabilità di questa errata percezione pubblica è da aggiungersi alla già tristemente lunga lista dei guasti del relativismo, in particolare quello coltivato strumentalmente da generazioni di "intellettuali organici" resi fin dal biberon biologicamente dipendenti da dosi letali di autoreferenziale ed estenuante dialettica marxista di stampo hegeliano.

    Tutto ciò che citi nel post ha validità generale, ma trovo che si adatti forse un po' meglio a situazioni che richiamano il dibattito, dove vi sono (almeno) due interlocutori ed un pubblico che in realtà è il destinatario finale di ogni argomentazione. Le considerazioni fatte si riconducono comunque tutte al rapporto tra gli oratori e la comunità: in particolare, sono in questione ciò che in teoria argomentativa va sotto il nome di "credenziali" di uno di essi, e credo che questo punto sia meritevole di qualche chiarimento.

    Di norma, come fa il nostro già citato comune amico Harry G. Frankfurt, si tende ad escludere la dimensione etica dal novero delle credenziali, argomentando che una bullshit (e l'idea è che la classe delle stronzate coincida ampissimamente con quella delle fallacie) prodotta ad arte da un politico disonesto rimane pur sempre bullshit quando riportata con la massima convinzione e buona fede da un suo sostenitore, che l'ha sentita in qualche comizio: ma nei due casi la posizione morale dei parlanti è, in sostanza, speculare.

    Tra le credenziali non rientrano, con ogni evidenza, neppure titoli specifici, tranne in casi veramente peculiari. Mi piace citare qui due personaggi dei quali, per motivi diversi, non ho troppa stima, ma che rispetto profondamente: Benedetto Croce, quando gli chiedevano per quale motivo non si fosse mai laureato, rispondeva che era stato troppo occupato a studiare. E Noam Chomsky, che si esprimeva ad un dipresso così: "Nessuno è venuto a chiedermi, dopo la conferenza, se avessi una laurea in matematica o se avessi seguito dei corsi di antropologia. Non veniva loro neanche in mente. Volevano sapere se avevo ragione o torto, se l'argomento era o no interessante, se c'era modo di migliorare quello che io proponevo." (la citazione, qui necessariamente incompleta, è tratta dalla pagina 25 di "Imposture intellettuali" di Sokal e Bricmont, Garzanti, prima ed. 1999).

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  8. Mi prendo arbitrariamente un altro po' di spazio per concludere. :)

    Il messaggio principale del saggio citato appare essere questo: quando ci si trova a fronteggiare un cretino (le definizioni abbondano, com'è lecito attendersi, dai classici Carlo M. Cipolla o Pino Aprile ad Achille Campanile, passando per le citazioni filmiche alla Francis Veber), è del tutto lecito - per non dire necessario - evitare di perdere tempo in articolate critiche (mirate alle premesse, ai presupposti, alla weltanschauung) o confutazioni nel merito (volte a dimostrare l'incoerenza, contraddittorietà o incompletezza del discorso). Si può, si deve limitarsi a refutare quello che in questo caso non è che un vaniloquio: è questa la forma più estrema di critica, perché non (sufficientemente) argomentata e pertanto spesso considerata illecita, ma in questo caso ampissimamente motivata dalla manifesta incapacità dell'interlocutore.

    Si tratta, in sostanza, dell'ennesima riconferma che i (meta)presupposti di una situazione dialogica sono pressoché impossibili da esplicitare esaustivamente come premesse, e spesso sono addirittura inconsapevoli: tra i (meta)presupposti l'autore mette in evidenza, in questo caso, che è opportuno discutere tra individui che almeno raggiungano un minimo standard oggettivo di consapevolezza e capacità cognitive. Sembra lapalissiano, ma non lo è affatto - specialmente per il cretino di turno, che di norma si ritiene un genio e non esita a paragonarsi a Fermi, Einstein, Kant ed altri ad libitum e se interrogato a proposito delle proprie capacità di decifrare quel caotico intreccio che siamo soliti denominare "realtà", risponde come la dantesca cortigiana Taide "anzi, maravigliose !".

    Il che sistema, in buona parte delle situazioni comuni, la cosiddetta fallacia ad hominem e quella, simmetrica, ad verecundiam basata sulla schiacciante preponderanza delle credenziali (anche basilari, ossia la normodotazione cognitiva) di una singola parte.

    Mi fermerei qui, per il momento.

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  9. Per la miseria Leibniz Reloaded, che che profondità di pensiero! altro che o'professore

    ;-)

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  10. Tsè, o' professore gli fa una pippa a Leibniz.

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  11. Dato che siamo in tema di cretini:

    Prima Legge di Hammond: Mai discutere con un idiota: ti trascina al suo livello e poi ti batte con l'esperienza

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  12. In mezzo alle vostre interessanti e approfondite disquisizioni butto i miei two cents di pochezza umanistica (ringrazio di come state semplificando i concetti anche per chi, come me, non ha dimestichezza con le analisi che proponete)

    L'uso dell'argomento ad hominem da entrambe le parti del dialogo, provoca inevitabilmente la messa in secondo piano dell'oggetto su cui si discute, così mi pare di vedere un po' in tutti i terreni di scontro in cui mi sono imbattuto su internet.

    Se l'oggetto della discussione viene rappresentato da entrambi i soggetti dialoganti a favore di un "terzo" pubblico (come sottolinea Libenitz e con cui concordo) il minimo accenno all'uso di questa mossa retorica produce una escalation che si risolve in un sostanziale pareggio di argomentazioni, vere o presunte tali.

    Non sarà più importante se 2+2=4 oppure 3, ed il "terzo", precedentemente convinto di uno dei due risultati non avrà, alla fine della lettura della disputa, maggiori informazioni specifiche per decidere quale dei due dialoganti ha ragione.

    La pratica dell'attacco personale rischia così di diventare controproducente quando la si adotta con personaggi che introducono argomenti ai quali non sono interessati, preferendo, anzi auspicando, che la polemica degeneri in quanto il loro fine è di tutt'altra natura.

    Purtroppo la maggioranza delle discussioni iniziano e finiscono in questa maniera, non per colpa della argomentazioni che le accendono, che, più o meno fantasiose, hanno un qualsiasi motivo per essere dibattute, ma per le diverse motivazioni che spingono ciascuno di noi alla discussione.

    Mi chiedo a questo punto quanto possa essere efficace introdurre questa pratica nel contesto retorico.

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  13. Non c'è dubbio che vedere ad esempio un dibattito politico in tv, dove gli avversari non fanno che scambiarsi accuse personali e recriminazioni pur di non affrontare l'argomento di cui dovrebbero parlare, è cosa molto triste. Tuttavia proprio il fatto che tale pratica sia universale e praticamente inevitabile, dovrebbe farci dubitare che essa sia sempre e comunque irrilevante.

    Il fatto è che secondo me non ci sono criteri formali per distinguere un'argomentazione valida da una scorrettezza (non solo logica, ma in questo caso soprattutto di tipo "etico"). Dipende da caso a caso.

    Per fare esempi concreti, Gasparri è una persona che non sembra proprio in grado di fare un ragionamento senza incorrere in sgradevoli attacchi personali e gratuiti. Eppure, e proprio per questo, non vedrei male un bel "vaffa" rivolto al suo indirizzo in certe circostanze.

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  14. Criteri formali per distinguere validità o scorrettezza in ogni argomentazione ad hominem prodotta non ce ne sono, almeno nell'immediatezza del dialogo.

    Il protrarsi in via indefinita degli attacchi personali, a discapito dell'oggetto discusso o dei fatti proposti in discussione, è per me comunque sufficente per bollare un interlocutore come "incompetente", e unico metro per distinguere la validità e l'opportunità di un dialogo.

    Infine ritengo che con più l'oggetto di discussione sia definito, riservando pochi spiragli controdeduttivi, maggiore sarà la tendenza ad usare l'attacco personale.

    Oh zeus, propongo una teoria (e qui risorge il mio animo scettico)

    Il numero degli argomenti "ad hominem" usato da una parte in dialogo è direttamente proporzionale al numero degli argomenti "pro veritas" della controparte.

    Ci stà? :-))

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  15. Plausibile. Però è anche possibile che l'attacco personale parta, invece, proprio perché l'incompetenza dell'avversario ti fa cadere le braccia.

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  16. Credo di aver capito chi sia in questo contesto il personaggio al quale ci si riferisce come "o'professore" (pensate che a me il nomignolo fa venire in mente solo Alain Prost, e in seconda istanza qualche politicante della prima Repubblica): uno scialchimista molto attivo nel suo settore.
    Se è così, trovo il paragone decisamente lusinghiero e me ne sento onorato... :D

    Però non sono a mio agio con la profondità: di solito vado a nuotare solo dove "si tocca", in piscina. ;)

    Venendo al de quo, c'è l'aspetto normativo da tenere in considerazione. L'argomento ad hominem non è incarnazione del Male, ma viene comunque bandito perché nella pratica (splendido l'esempio negativo dei politicanti al talk show !) interlocutori scorretti ne abusano a piene mani, annacquandone così la pregnanza nei (pochi ?) casi nei quali il suo utilizzo è non solo lecito, ma pressoché inevitabile.

    L'idea dietro la normatività del senso comune è, purtroppo per noi veri liberali, la più restrittiva: ciò che risulta eccessivamente difficile o controverso da manipolare finisce per essere semplicemente vietato a tutti.

    Con questo principio, ad esempio, sulle strade vige un limite di velocità unico per chiunque: vecchiette e istruttori CSAI, catorci e fuoriserie, sbarbatelli e vecchi volponi del volante. Il che è piuttosto demenziale, se ci si pensa appena un attimo, ma le alternative sono pressoché impraticabili senza uso di tecnologie invasive, rilievi psicotecnici di massa, infrastrutture faraoniche e imposizioni di scarsissimo gradimento per i costruttori di automobili (in primis, per i costi).

    Naturalmente non esistono (ancora) metodi formali in grado di convalidare ogni singola argomentazione, anche se molti sono i tentativi di conferire stringente normatività alla cosiddetta informal logic che sta alla base della moderna teoria argomentativa.
    In linea di principio, tuttavia, a causa della componente "psicologica" la formalizzazione non si prospetta un compito facile, almeno allo stato dell'arte. E sappiamo tutti benissimo cosa farcene delle previsioni in campi come questo.

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  17. Sullo stesso argomento,qualcuno può trovare interessante leggere il mini-saggio "How to disagree" di Paul Graham (www.paulgraham.com").
    L'autore è personaggio decisamente di spicco nel mondo dell'informatica (è il principale "evangelist" odierno sul LISP, richiamandosi al rigore del lambda calcolo che lo sottende) e la bontà delle sue opinioni è confermata dal fatto che la loro applicazione l'ha reso milionario.

    Il buffo, è che "How to disagree" è stato scritto proprio in risposta a una polemica con un altro blogger (Jeff Atwood, www.codinghorror.com) ed è una refutazione dell'attacco ad hominem.

    G.M.


    p.s.: Thomas: se hai voglia, di Paul Graham leggi anche "How to do philosophy" (lo odierai quanto l'ho odiato io, ma ne parlerai!) e "Why nerds are unpopular" (non credo di essere l'unico che ci si è riconosciuto perfettamente).

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  18. "How to do philosophy": in effetti è un bel capolavoro d'ignoranza, ma no, non riesce a irritarmi troppo.

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  19. C'è solo una cosa che mi sfugge: se io non seguo le argomentazioni di una persona stupida (principio di per sé sensato), devo prima determinare se quella persona sia stupida. E come lo faccio?

    Valutando le sue argomentazioni, mi pare altrettanto sensato.

    Quindi le argomentazioni di una persona sono stupide, perché un persona è stupida, in quanto propone delle argomentazioni stupide.

    Mi pare allora di poter dire che l'argomento contro la persona in effetti abbia poco valore nel valutare la sostanza di un ragionamento singolo, se non nessuno.

    C'è da dire però che noi di solito quando discutiamo o leggiamo, non abbiamo una serie di singoli teoremi da valutare more geometrico. La questione diventa molto più complessa, perché si incrociano piani differenti che a volte si intralciano tra di loro.

    Per esempio: io una volta ho sentito un giovane di estrema destra accusare la Lega di razzismo, perché la Lega a parole vuole mandare via i clandestini, in pratica però non fa niente per mandarli via per fanno comodo agli imprenditori perché lavorano in nero e senza diritti.

    Il discorso starebbe anche in piedi, però io so (per esperienza) che per quella persona lo scopo del ragionamento è "mandiamone via quanti più possibile, anche tutti".

    Di conseguenza io, controbattendo "sì, avrai anche ragione, ma tu sei un po' fascista e il tuo discorso è funzionale ad un altro scopo e quindi non ti do ragione", ricorro ad un argomento ad hominem. Oppure no?

    Se una persona a caso mi viene a dire che il sistema bancario andrebbe cambiato, ma io so che vuole andare a parare sul signoraggio, la fermo subito cercando di far morire la conversazione.

    In entrambi i casi ricorro ad un argomento contro la persona, ma non considero stupido l'interlocutore, né mi interessa smontare l'argomentazione, che può rimanere validissima, se presa da sola.

    Insomma, l'AdH è inutile per valutare e un singolo ragionamento e chi lo formula, ma ha un semplice valore d'uso per poter inquadrare il ragionamento singolo in un contesto più ampio.

    IMHO

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  20. Mi sembra giusto. Ricorrere all'attacco personale nel corso di un singolo scambio sarebbe scorretto, ma può diventare legittimo quando abbiamo già altre informazioni, indipendenti dalla corrente conversazione, su quella persona.

    E sono d'accordo sul fatto che uno dei suoi usi dotati di una certa utilità sta nell'inquadrare il ragionamento nel suo più ampio contesto.

    Per esempio, credo che siamo tutti d'accordo che se i forum e i blog fossero abitati solo da scriventi rigorosamente anonimi, le conversazioni sarebbero molto più difficili. Aiuta sapere chi è che sta dicendo una determinata cosa (eventualmente anche dietro nick), e cos'altro ha detto in passato.

    Come nota polemica finale, vorrei aggiungere che in genere è proprio chi insiste sulla scorrettezza degli attacchi personali e pubblica magari elenchi di fallacie da evitare, che poi si comporta con la massima ambiguità e ipocrisia nei loro confronti (della serie "non si attaccano le persone, tranne quando lo faccio io").

    E se non mi sbaglio sulla tua identità, tu dovresti saperne qualcosa, Paracelso.

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  21. Come nota polemica finale, vorrei aggiungere che in genere è proprio chi insiste sulla scorrettezza degli attacchi personali e pubblica magari elenchi di fallacie da evitare, che poi si comporta con la massima ambiguità e ipocrisia nei loro confronti (della serie "non si attaccano le persone, tranne quando lo faccio io").

    Non mi piace molto l'argomento in absentia hominis, comunque - se mi permetti, senza polemica - dai l'idea di parlare di certe cose con argomenti di seconda mano, nel senso che non credo tu abbia partecipato alla vita di certi siti particolari.

    Comprendo la verve polemica, ma in questo caso mi pare fuori luogo.

    Credo che tu non seguissi "i complottisti" una volta e non conosci certe cose. La lista di fallacie aveva un senso, perché "secoli fa" era impossibile parlare con certa gente senza che arrivassero i soliti intelligentoni a dirti che eri un fascista, un comunista o un qualunquista. Era francamente fastidioso e ammazzava la conversazione. Per questo si diceva "state attenti, non cadete nel trucco: il fatto di dirvi che siete fa-com-qualunquisti è solo un falso argomento di chi non ha argomenti. Non cadeteci e non fatevi trascinare nella rissa."

    Col tempo il problema si è risolto, perché la gente che aveva voglia di discutere se ne è andata o è stata cacciata e sono rimasti solo i tifosi da stadio, divisi in "complottisti" e "debunker". Comprendo che oggi non abbia molto senso una lista di fallacie, visto che nemmeno si argomenta più, ma è un residuo di archeologia forumiana :-)

    Poi, tu confondi i piani: "discutere delle idee e non delle persone" non era nella lista delle fallacie logiche o retoriche. Era un principio adottato per moderare il forum, con lo scopo di evitare risse, flame war, trollaggi eccetera.

    Essendo una norma morale, come spesso accade chi la crea poi non riesce a seguirla, solo che si nota molto di più.

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  22. Per l'appunto è strano che sia stata fatta piazza pulita di tutti quelli che avevano voglia di discutere, e siano rimasti gli altri. Comunque la chiudo qui perché hai ragione, non è questo il luogo (era solo una parentesi).

    ciao

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  23. Per l'appunto è strano che sia stata fatta piazza pulita di tutti quelli che avevano voglia di discutere, e siano rimasti gli altri.

    Mah, credo sia una di quelle costanti delle relazioni umane: pochi, ragionevoli interessati curiosi (anche su posizioni diverse) vengono estromessi da molti, vocianti, irrazionali fanatici.

    Succede ovunque, è successo anche lì.

    Però in effetti (torniamo in argomento), è interessante notare come un principio giusto (non utilizzare l'argomento ad hominem) possa venire utilizzato come un randello da menare alla cieca contro chi non la pensa come te... oppure come uno strumento retorico decisamente "potente" ma da maneggiare con cura, diventi poi una fallacia usata per sgambettare l'avversario anziché affrontarlo.

    C'est la vie

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  24. E' tornato il censuratore folle: è caduto nel trappolone. Spargete il verbo ovunque.
    http://tinyurl.com/nzhyzw

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  25. Interessantissimo post e interessantissimo il dibattito al seguito.

    Già che ci siamo butto lì un sassolino per vedere cosa ne viene fuori fra conigli sapienti e filosofi ricaricati...: reductio ad Hitlerum.

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