giovedì 8 gennaio 2009

l'intelligenza del consumatore - 2

Gli esempi del post precedente sono tratti dalle ricerche fatte negli ultimi decenni da svariati studiosi, sia in campo economico che psicologico, i quali hanno provato a verificare se nella pratica le persone rispettano quelli che in quasi tutti i modelli sono considerati requisiti irrinunciabili della razionalità (quali la transitività delle preferenze). Il più famoso di questi, Daniel Kahneman, ha vinto un Nobel per l'economia grazie a queste ricerche (l'avrebbe certamente condiviso con Amos Tversky, se non fosse morto).

Si dà il caso che un lettore, in un altro blog, abbia espresso una certa preoccupazione per i risultati di tali esperimenti perché potrebbero costituire una giustificazione per politiche paternaliste e anti-liberali tese a limitare la libertà di scelta del consumatore (che ad una lettura frettolosa dovrebbe essere considerato evidentemente incapace di badare a se stesso).

Non è che avessi in mente questo, ma devo ammettere che tali preoccupazioni non sono del tutto infondate:

Paternalismo liberale

Thaler e Sunstein introducono la nozione di ‘paternalismo liberale’ che ritengono non essere un ossimoro perché il fervore anti-paternalista dei liberali classici si basa su un assunto falso e su alcune malintesi. L’assunto é che la gente faccia sempre scelte nel loro migliore interesse. Secondo Sunstein e Thaler questo assunto é verificabile ma si è rivelato essere falso da una vasta letteratura sperimentale.

Il paternalismo liberale non limita, in realtà, le scelte del consumatore, ma in qualche modo le manovra, proprio come i ristoranti riescono a manovrare i clienti con la sapiente compilazione della carta dei vini. Un esempio classico di applicazione sta nella norma del "silenzio assenso": lo Stato giudica un bene per tutti se più persone dessero il consenso all'espianto degli organi, ma sa che se dovesse attendere da tutti il consenso esplicito le adesioni sarebbero minime. Fà in modo perciò che la scelta di default sia proprio il consenso, e che uno debba dire esplicitamente solo se non è d'accordo a donare i propri organi.

In questo modo le adesioni aumentano, ma non si è fatta violenza a nessuno, perché la maggior parte dei cittadini è effettivamente disposta a donare gli organi, solo che non ha nessuna voglia di attivarsi in tal senso, e forse non ha nemmeno voglia di decidere, preferendo proprio che a decidere per lei siano altri.

In realtà non trovo nulla di male neanche in considerazioni del genere: l'unica cosa che mi preoccupa è l'eventuale deriva in senso "troppo" paternalista che potrebbe sorgere da un'applicazione non meditata e superficiale della teoria; certe cose dovrebbero costituire delle limitate eccezioni alla regola, e non la regola.

Infatti, sarebbe giusto considerare, per principio, le persone come un irrazionale branco di pecore da manovrare? Come burattini incapaci di badare ai propri interessi? Kant direbbe che non è mai giusto trattare gli altri come mezzi invece che come fini: il problema è che se la gente è davvero così irrazionale come certe ricerche sembrano suggerire, allora diventa anche impossibile considerarla come "persona", ovvero come un fine nel senso di Kant.

In effetti quei risultati sono in un certo senso paradossali, perché in ogni caso noi non possiamo assolutamente fare a meno, nel trattare con i nostri simili, di considerarli come agenti razionali, pena la perdita del loro status di "persona". Un "consumatore irrazionale" è quasi una contraddizione in termini: nel momento in cui stabiliamo che qualcuno ha una volontà, ed effettua delle scelte sulla base delle proprie credenze e preferenze, siamo costretti ad assegnare a quelle credenze e preferenze una certa coerenza, o non potremmo neanche determinarne il contenuto.

Ma allora siamo razionali o irrazionali? L'irrazionalità esiste? Ovviamente esiste, altrimenti non esisterebbero neanche, poniamo, gli sciachimisti. E in effetti a volte si fa fatica a considerarli come persone. Tuttavia, sono convinto che persino Vibravito è perfettamente in grado di curare i propri interessi nella maggior parte delle incombenze quotidiane, e di pensare cose non in contraddizione fra loro (sia pure pensieri elementari del tipo "oggi piove, quindi non c'è il sole, quindi prendo l'ombrello, altrimenti mi bagno, ma solo se esco di casa").

In un certo senso Vibravito è razionale anche nel suo complottismo: crede cose assurde ma persino lui si sente obbligato in qualche modo a cercare di dargli coerenza. Quindi, se vede delle foto con scie di condensa anteriori al 1990, afferma che si tratta di contraffazioni, perché sa che l'esistenza di quelle foto è incompatibile con le sue convinzioni di tipo complottista.

Ovvero l'irrazionalità esiste ma non occorre dargli troppa importanza. Le evidenze sperimentali di cui parlavo all'inizio non vanno sottovalutate, in quanto possono avere effetti anche a livello macroscopico, ad esempio nel campo dell'alta finanza. Ma non bisogna neanche sopravvalutarle, perché ad esempio non è detto che nella vita reale ci comportiamo come ci comportiamo in un laboratorio, in un ambiente artificiale, davanti a uno psicologo con i suoi questionari. E anche perché, pur se facciamo errori, possiamo imparare dall'esperienza ad essere consumatori più accorti. Oppure perché possiamo essere consapevoli dei nostri limiti, e razionalmente decidere di porre un freno ai nostri impulsi irrazionali (un po' come chi mette avanti la lancetta dell'orologio per cercare di contrastare la sua tendenza ad arrivare in ritardo, o chi nasconde il pacchetto di sigarette in un luogo impervio e difficile da raggiungere).

Ma soprattutto ancora più rilevante è il successo dell'approccio che può essere visto come opposto a questo, ovvero il cercare la razionalità dove apparentemente non c'è. Certi studiosi di economia infatti si sono accorti che fredde considerazioni di natura razionale, reazioni a costi ed incentivi, agiscono inconsciamente anche dove meno ce lo aspettiamo, ad esempio nel campo degli orientamenti sessuali. Per una rassegna abbastanza divertente, vedi The Economy of Sex Desire, dal Nyt.

Ovvero, il considerare gli altri come razionali, oltre che caritatevole, è spesso anche utile, perché ci fa scoprire cose nuove.

4 commenti:

  1. Silenzio assenso? Peccato che in Italia sia stato usato per rubare gli accantonamenti del TFR e costringere i lavoratori a fidarsi delle banche, un paio di mesi prima del crunch economico...

    Scusa, sì al liberalismo paternalista, ma a patto di conoscere il padre :-)

    Non sarebbe più semplice educare? Spiegare più cose ai consumatori che ai pubblicitari?

    Poi, se uno ha ancora voglia di fare acquisti irrazionali, li faccia, ma che la scelta dell'irrazionalità sia una scelta... razionale!

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  2. Infatti, il rischio è quello. E dove possibile è meglio educare.

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  3. Accidenti, Thomas!
    Non è che posso scrivere un "considerazioni su..." per ogni tuo post: non me ne manca il desiderio, ma il tempo sì!

    Devi cominciare a scrivere di banalità e ovvietà più facilmente archiviabili in un cassettino della mente: che so, il Grande Fratello (nel senso dello scempio televisivo della mente umana).

    E' pure vero che qui affronti anche il grande Vibra...

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  4. "In un certo senso Vibravito è razionale anche nel suo complottismo: crede cose assurde ma persino lui si sente obbligato in qualche modo a cercare di dargli coerenza. Quindi, se vede delle foto con scie di condensa anteriori al 1990, afferma che si tratta di contraffazioni, perché sa che l'esistenza di quelle foto è incompatibile con le sue convinzioni di tipo complottista.""
    Ecco. Hai decodificato un atteggiamento importante di Vibravito e di altri complottisti ai quali non si può non riconoscere una certa capacità razionale ed analitica. Rev Stone è un altro caso. Ma questa riconoscibile capacità fa a cazzotti con l'approccio totalmente fideistico ed acritico ai dogmi della Sacra Setta.

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